domenica 5 febbraio 2012

Esiste ancora un'idea di sinistra?




"Esiste ancora un’idea di sinistra??   “il Mondo sarà certamente non poco stupito quando avrà appreso che la nuova era nella storia sta per essere inaugurata nientemeno che da logori e decrepiti ottuagenari, burocrati cha hanno partecipato a quasi ogni governo dalla fine del secolo scorso, membri del gabinetto, doppiamente per età e per usura, e richiamarti in vita solo artificialmente” “ Ci viene promessa la scomparsa totale delle lotte tra i partiti, anzi la scomparsa dei partiti stessi. Forse la cosa migliore che si può del governo di coalizione (tecnico) è che esso rappresenta l’impotenza del potere (politico) in un momento di transizione.”                                                                                                                                                

Carlo Marx  Inghilterra 1852  



 Questa  lucida ed attuale analisi di Marx su un governo tecnico come quello del G. Hamilton Gordon conte Aberdeen del 1852, mi invita ad una riflessione più attenta sull’attuale situazione governativa  italiana. Si legge   sempre più frequentemente interventi  di intellettuali dichiarati di sinistra , leggasi  prof. Marco Revelli sul Manifesto, che  considerando la caduta del governo Berlusconi senza dubbio un bene per il Paese, e le sue dimissioni  festeggiate giustamente come una Liberazione,   sostengono in conclusione che nel contesto attuale forse nessuna altra soluzione era possibile all’iniziativa promossa dal Presidente Napolitano con l’approdo a palazzo Chigi del prof.  Mario Monti escludendo a priori le libere elezioni , come una soluzione insostenibile  ed improponibile per gli effetti di un  vuoto politico con conseguenze gravissime sull’attuale situazione economica del paese. Una tesi con  pochi distingui, molto sostenuta negli ambienti  del centro-sinistra , a difesa della scelta a  sostegno del governo Monti, che ,a loro dire, rappresenta una discontinuità etica ed estetica rispetto al precedente governo Berlusconi, e che ha il merito di aver recuperato una dignità ed un’immagine su scala internazionale. Che tra Monti e Berlusconi ci siano differenze di stili di comportamento , di modelli di “modus vivendi”, non ci piove, ma affermare  elementi di discontinuità politica o addirittura di  scelte di “decontaminazione “  per un recupero di “decoro delle istituzioni “ è difficile da difendere. La nomina di alcuni sottosegretari  ai limiti della sopportabilità ne è la prova. Penso alla presenza di Filippo Milone alla Difesa condannato ai tempi di Tangentopoli  e coinvolto recentemente nelle vicende di Finmeccanica, oppure al viceministro al Lavoro Michele Martone, un giuslavorista  sul fronte del diritto  al licenziamento da parte delle imprese, al sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti Mario Ciaccia un uomo di banca, con tutti gli enormi interessi  che le banche stesse hanno sui grandi lavori ad esempio la TAV  della Val di Susa , opera inutile e dannosa, e in fine, non ultimo il sottosegretario all’economia  il prof. Gianfranco Polillo, già consigliere economico di Fabrizio Cicchitto, in questi giorni molto impegnato nei talk show televisivi  a difendere  Berlusconi  considerato  un “perseguitato dalla magistratura” , l’uomo della provvidenza che “ha salvato la democrazia “ e  che “senza di lui saremo ancora sotto la dittatura del soviet di Achille Occhetto”. Non c’è che dire un triste  quadro del “governo dei tecnici”. In un contesto generale nel quale  le politiche economiche degli Stati sovrani sono sempre più marginali ed ininfluenti, e la loro autonomia esautorata  del tutto per l’imporsi irresistibile del capitale finanziario (cosa è il “debito sovrano”  se non  l’impotenza  e non il potere di “ciò che non è più nella mani di un dato paese perché letteralmente appartiene ad altri”), non può certo sfuggire  ad un  attento osservatore la  natura non tecnica ma politica del governo Monti e la “continuità liberista” di questo governo . Non è un governo dell’emergenza , esso ha  un programma ben chiaro e di lungo respiro , un  progetto politico,  scritto da altri attori , da attuare: creare un fronte neoliberista europeo capace, in assenza di un pensiero alternativo di una sinistra europea oramai afona,  di imporre modelli di sviluppo, condizioni di stile di vita, di relazione,  attuare   scelte  liberistiche economiche e politiche con riflessi sociali  sul destino delle nostre comunità per molti anni da venire. Una portentosa rivoluzione conservatrice ,costruire un partito conservatore europeo forte capace di imporsi in un futuro non tanto lontano come forza egemone di governo in un’Europa politicamente unita, capace di conferire forza coattiva alle decisioni prese tra gli Stati dell’eurozona, una scelta oggi più che mai obbligata per l’Europa se vuole contendere il ruolo di  leadership tra le potenze economiche. Fantapolitica? Visioni  di un nostalgico sessantottino complottista ? Come leggere la notizia di una scesa in campo della Merkel a sostegno della candidatura di Sarkozy alle prossime elezioni presidenziali in Francia? Un processo avviato dai precedenti  governi  Berlusconi , 17 anni di una destra populista,(sebbene 9  sono stati di centro-sinistra ma ininfluente nel preservare il paese dalla devastazione del berlusconismo) hanno determinato una profonda  metamorfosi antropologica del tessuto sociale del paese, con l’esaltazione del fai-da-te, dell’arrangiarsi un po’ cialtronesco, delle deregulation  dell’economia e della finanza come via per un facile arricchimento, con lo sdoganamento dei partiti xenofobi e fascisti,con  la criminalizzazione delle idee dei valori e delle passioni di vita  dei movimenti del ’68, il tutto avvolto nella ridondante propaganda ideologica dell’ ”alta marea che tira tutte le barche” ovvero uno sviluppo economico e finanziario senza regole proficuo di  benessere generale, l’idea  di un  capitalismo ecumenico .  Un tema caro anche al sobrio Monti, che con il suo governo del rigore, richiama il Paese al senso di responsabilità, poiché “stiamo tutti nella stessa barca”, sostenendo che  in questo  momento di  crisi  i sacrifici vanno distribuiti tra tutte le classi sociali, così come nei periodi di crescita di benessere i benefici sono stati equamente distribuiti , omettendo che nel periodo 1976- 2006 mentre i profitti delle aziende e le rendite crescevano ,si assisteva contemporaneamente ad una massiccia riduzione  della quota dei salari nella composizione del PIL .  In Italia 15 punti di PIL sono stati trasferiti dai salari ai profitti, con una media dei paesi OCSE comunque altissima intorno ai 10 punti. Penso che è l’ora di  tornare a distinguere “tra una barca e l’altra”, non solo ma anche chi e che cosa caricare a bordo .   

                                                                               Silvio Tommolillo

e  Franco Cuomo che condivide ogni virgola di questa lucida ed impietosa analisi.

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