giovedì 18 giugno 2020

" Professò t stai allargan tropp assai"






Le anime belle si sono rizelate offese, i miei modi, un po’ bruschi, rudi, un po’senza educazione, come se li avessi chiamati imbecilli e non l’ho mai fatto, dico solo che forse non sanno come si fa veramente politica alla opposizione e non. I miei modi sarebbero    un po’ estremi per Pino Porta, perché sono intellettuale, e si sa gli intellettuali sono il male di questo paese. Più coglioni si è, e  meglio si è. E  cosi l’anima bella che fa politica come se facesse un minuetto,  mi rinfaccia la mia cultura, come se io stessi lì a sciorinare  citazioni a ogni piè sospinto, mentre  queste battaglie per la legalità e il mare per  tutti, o per la tutela del paesaggio e del territorio della mia terra, quel poco di cultura che avevo me la stanno  facendo pure dimenticare perché a mala a pena riesco a leggere un libro. Loro  invece sono propositivi – è il nuovo outfit del momento, un po’ Ennio Doris, un po’ Silvio Berlusconi;  fanno progettini, propostine, videoconferenzine e intanto gli squali , quelli marpioni, grossolani, quelli  rozzi, quelli che hanno gli agganci giusti e fanno circolare soldi , si stanno mangiando il paese intero, la collina tutta,   dove imperversa un abusivismo sfrontato , coperto e autorizzato dai tecnici comunali, sempre in  deroga al PUT, e coperto da altri enti preposti al controllo. E si sono mangiati  le nostre coste, date in gestione a persone che se ne sono appropriate come se queste fossero di loro proprietà, che le anno cementificate e chiuse con cancelli, che dicono di morir di fame e di essere poveracci, però poi spendono migliaia di euro per baracche e ristoranti improvvisati che somministrano alimenti senza controlli,  su  quelle stesse coste che una volta erano di tutti e che ora non lo sono più. Individui ricattabili dagli squali grossi, ai quali devono prebende e voti, individui senza dignità, portatori di voti,  e siccome scrivo tutto questo, coperto da una sigla gloriosa che è quella dei VAS,  le anime belle dicono che sono maleducato, estremo, intellettuale, loro che giustamente sono damerini  matricolati,con giacchina e cravattina, che avranno fatto si e no qualche corso da qualche parte, e credono di sapere l’ABC della politica o di come si fa politica.   loro rimango li a giocare a fare i propositivi, fanno i grandi, i responsabili ma in fine dei conti non danno fastidio a nessuno. A questi signori e a quelli che mi leggono, dico che oggi pomeriggio, sotto il tergicristallo della mia macchina ho trovato un “ammonimento”, un…diciamo, “ avvertimento”, evidentemente  anche qualcun altro non gradisce i miei modi sbrigativi. Io credevo fosse una contravvenzione, e mi sono detto: “ ma no, la park card è pagata”. Non era una contravvenzione era quello che potete leggere che dovrebbe far capire a tutti che cosa c’è ormai a Vico Equense, grazie a chi ci sta amministrando e cosa è veramente diventato questo posto. Qualcuno dirà : “è già successo a Tizio e a Caio”, e minimizzerà io rispondo :” ora sta succedendo a me” e non mi piace.


lunedì 8 giugno 2020

La scrittura è pulita, parlare è sporco. Sporco perché parlare è sedurre.

Gilles DELEUZE filosofo




“ […] Non mi sento affatto un intellettuale, un uomo istruito, per una ragione molto semplice: quando vedo qualcuno che è colto mi spavento. Posso provare ammirazione per certi aspetti, per altri assolutamente no. Si distingue bene una persona colta: ha un sapere spaventoso su tutto. Se ne vedono molte di persone così fra gli intellettuali: sanno tutto e sono al corrente di tutto. Sanno la storia italiana del Rinascimento, conoscono la geografia del Polo Nord, insomma si può fare un lungo elenco: sanno tutto, possono parlare di tutto, è terribile. Quando dico che non sono istruito né sono un intellettuale intendo una cosa molto semplice, e cioè che non ho nessun sapere “di riserva”. Almeno così non avranno problemi, alla mia morte, perché non ci sarà da cercare nessun inedito, niente. Questo perché non ho nessuna riserva, nessun sapere di scorta. E tutto quello che imparo, lo imparo per uno scopo. E quando lo scopo è raggiunto, lo dimentico, in modo da essere costretto a ricominciare da capo se, ad esempio dopo dieci anni, devo tornare sullo stesso argomento. Ricominciare da capo mi dà molta gioia. Salvo qualche caso molto raro, come ad esempio Spinoza che è nel mio cuore, dimentico tutto. Però in questo caso parliamo del mio cuore non della mia testa. Non ammiro coloro che hanno una cultura spaventosa perché sono persone che parlano. Sanno parlare e hanno viaggiato, innanzitutto: viaggiano nella storia, nella geografia, ovunque. A volte li vedo alla televisione, sono stupefacenti. Poiché sono pieno di ammirazione posso anche fare i nomi: ad esempio Umberto Eco. È prodigioso, qualsiasi cosa gli si dica è come se si spingesse un bottone e via, lui comincia a parlare. Non posso dire di invidiarlo, sono stupefatto, ma non lo invidio per niente. Da questo punto di vista cos’è la cultura? La cultura consiste molto nel chiacchierare. Soprattutto ora che non insegno più, da quando sono in pensione, mi sembra sempre di più che parlare sia un po’ “sporco”. La scrittura è pulita, parlare è sporco. Sporco perché parlare è sedurre. Non ho mai sopportato i convegni. Fin da quando ero giovane, non li ho mai sopportati. Non viaggio, potrei viaggiare anche se la mia salute me lo impedisce, ma non lo faccio perché i viaggi degli intellettuali sono una buffonata. Non viaggiano, semplicemente si spostano per parlare. Partono da un posto dove parlano, per andare in un altro posto dove devono parlare. E poi parlano anche a pranzo, con gli intellettuali del posto. Non smettono mai di parlare, non lo sopporto. Parlare, parlare, parlare è insopportabile. Dunque, siccome penso che la cultura sia molto legata alla parola, in questo senso allora odio la cultura. Penso invece alla questione di “stare in agguato”. Non credo alla cultura. Da un certo punto di vista credo agli incontri. E gli incontri non si fanno con le persone. Si pensa sempre che gli incontri si facciano con le persone. Ma è terribile vedere gli intellettuali che si incontrano tra loro, la schifezza dei convegni, un’infamia. Ma non si fanno incontri con le persone, si fanno incontri con le cose. Incontro un quadro, incontro un’aria musicale, una musica, ecco cosa sono gli incontri. Ma quando le persone vogliono anche incontrarsi tra di loro, incontrare altra gente: questo non è un incontro. Sono deludenti, sono catastrofici gli incontri con le persone. Quando vado al cinema non sono sicuro di fare un incontro. Parto, sto in agguato, ci sarà forse qualcosa da incontrare? Un quadro, un film, questo è formidabile.

Gilles Deleuze, un breve passaggio tratto dal brano “C comme culture”, in L’Abécédaire de Gilles Deleuze, a cura di Claire Parnet con la regia di Pierre-André Boutang.