mercoledì 2 gennaio 2013

Il doppio sogno




Lo spazio intorno a me si dilatava lentamente. Mamma seduta sul mio lettino con occhi chiusi portava il tempo dondolando leggermente il capo e tamburellando con i suoi bastoni, le altre due gambe di sostegno, che, siccome era seduta, batteva a tempo di valzer sulla musica di Straus. Sembrava una bambina felice nei suoi quasi ottantotto anni . Nella stanza filtrava un luminoso sole di giovane gennaio. La guardavo mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime. Osservavo quella serena allegria interiore di una donna che, nonostante la semi immobilità, godeva della musica a modo suo. Strauss le è sempre piaciuto la riportava al suo matrimonio, al ballo che papà le aveva proposto davanti a tutti, nel cortile antico della sua casa a Calvizzano, mentre tutti la guardavano e lei impacciata che seguiva le movenze sicure di lui. La guardavo, era assorta e felice, mentre spariva dalla stanza e sulle note del Bel Danubbio blu, se ne andava, dimentica di me e di tutto, in quel cortile antico. Ho cominciato a piangere e più piangevo e più avevo come la sensazione di diluirmi nelle cose che a loro volta si diluivano in una nebbia opalescente nella quale si perdevano i contorni del tutto. Io e lei ad ascoltare il concerto di capodanno, io e lei che avevamo la stessa visione trasportati nello stesso sogno. Dove ci trovavamo? Improvvisamente la stanza non esisteva più o se c’era o se noi eravamo ancora lì, non era più possibile dirlo: di certo ora vedevo un cortile con gente semplice e una felicità immensa. Una giovane donna in abito bianco e un giovane uomo in abito scuro. Un gruppo di invitati – dei vecchi, delle  giovani  e tanti bambini- il radio grammofono di zio Francesco che faceva andare la musica. Andavano le sue gambe eccome se andavano. I lembi del vestito ruotavano strusciando sul terriccio e Maria volteggiava felice sulle note di quel valzer, leggera e trasognata. Ero insieme a lei ero anche lei.Ero nel sogno di mia madre in un tempo in cui io non ero ancora. Quando ho riaperto gli occhi, per un istante ho visto mamma in piedi che accennava a danzare, lei si è girata ed ha sorriso dicendomi:” hai visto quanta gente?” . Lei non si è accorta delle mie lacrime, come ormai sempre più spesso accade, ma mi è rimasto il dubbio che la domanda non fosse riferita alle immagini che passavano in televisione, ma agli invitati presenti in quel cortile antico di sessantuno anni prima, poi dondolandosi un poco ha detto : “ mangiamoci due struffoli e facimmoce ‘o cafè”, col suo sorrisino ironico e un po' beffardo.
franco cuomo

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