lunedì 26 marzo 2012

Magnifica presenza di Ferzan Ozpetek: banalità, luoghi comuni e inconsistenza narrativa. Un film inutile.




Ferzan Ozpetek non mi ha mai convinto col suo cinema. L’apoteosi dei luoghi comuni: sull’omosessualità maschile, spesso ( sempre ) melensa e sdolcinata o melodrammatica, sull’idea di famiglia allargata, sull’amicizia che accomunerebbe tutti in un grande abbraccio di amore universale. Da “Le fate ignoranti” a La finestra di fronte” a “Mine vaganti” al bruttissimo “Cuore sacro” al presuntuosissimo ed inconsistente “ Saturno contro”. Ozpetek, che una mia cara amica in maniera indovinatissima chiama “zpetek”, come a dire,  inzipito, sciapo, senza sale, continua il suo viaggio nella banalità e soprattutto nella inconsistenza della materia narrativa. Così consegna alle sale il suo ultimo “capolavoro”: “ Magnifica presenza”. Nelle intenzioni il film poteva essere un capolavoro di cinema fantastico, onirico, favolistico, un ghost movie anche se sopra le righe... un mix, veniva detto, di thriller, commedia e dramma. E’ anche un film dove Ozpetek, crede di rifare Almodovar  solo perché inserisce personaggi femminili vestiti vistosamente e musiche molto latine come la splendida Perfidia cantata da Nat King Cole, ma tradisce il risultato, perché la trame narrative di Almodovar sono complesse e ben strutturate.  La trama: un giovane aspirante attore catanese arriva a Roma in cerca di amore ed affermazione e trova una grandissima casa a prezzo d'occasione... non sa che però in questa casa non sarà solo, ma in compagnia di una serie di fantasmi, una compagnia teatrale. La storia si va popolando di figure particolari, di travestiti, medium, attrici al tramonto, medici un po' grossolani. ma tutti questi personaggi passano senza lasciare la benché minima traccia. Ingenuità, riempimenti inutili nel racconto: mi sono chiesto che senso avevano le due bariste, almodovariane o il trans che appare nell’ autobus più volte, per poi riapparire nella scena dei travestiti, e la stessa figura di Platinette? E la sfuriata – inutile ed eccessiva- dell’altro gay per lo stalking fattogli dal protagonista? E il vicino Paolo del quale uno si immagina una possibile storia d’amore, che fine fa? La cosa che dispiace davvero di questo film è la sensazione di completa sciattezza della trama, che il regista non sia stato minimamente capace di dare corpo narrativo a questi personaggi, del dramma del loro passato, della loro morte, della stessa vita del protagonista.
Tutto il film è poi recitato con un linguaggio formale scadente da fiction televisiva, raccontato dozzinalmente, superficialmente, distaccatamente, con una recitazione sempre troppo enfatica e sopra le righe. Dei fantasmi non si sa quasi niente fino alla fine del film, ma questo non aumenta il pathos, visto che durante il film non c'è niente che ti porti a familiarizzare con loro e finisce che quando scopri il loro dramma, ne rimani spaventosamente indifferente. Non c'è affezione, non c'è partecipazione, niente di niente e manca anche quel voler osare dal punto di vista visivo, onirico si ferma prima di poter arrivare all'emozione. Anche la fotografia è sciatta e poco attenta, descrivendo una Roma anonima. In definitiva, un film che mette in evidenza i limiti narrativi di una sceneggiatura firmata insieme a Federica Pontremoli (Habemus papam) . Gli attori da bocciare quasi tutti, siamo a prove attoriali deludenti, inconsistenti: da una rigida Buy, ad una troppo televisiva Vittoria Puccini, ad uno stucchevole Beppe Fiorello. Unica eccezione: il cameo di Gianluca Gori nel suo riuscitissimo personaggio di Drusilla Foer e Anna Proclemer. Cose dire ancora? Caro Ferzan: riposati, leggi molto e guarda soprattutto molto, liberati  dai luoghi comuni e soprattutto scrivi trame narrative degne di questo nome.

Franco Cuomo

2 commenti:

  1. bella recensione, un po' troppo distruttiva però. Gli altri film di ozpetek nemmeno a me sono piaciuti tanto, specialmente cuore sacro che ho trovato un vero mattone senza senso. Questo invece mi è sembrato bello, forse proprio perchè finalmente ozpetek la smette di fare l'intellettuale e ci presenta il mondo gay un po' per quello che è, precario sentimentalmente, delicato dal punto di vista psicologico, ramingo sessualmente, pieno di fantasmi e solitudine. Un mondo uguale a tutti gli atri mondi, nei quali c'è precariato, aspirazioni deluse e abbagli amorosi...
    la ricerca di Almodovar mi è sembrata ironica, voluta tanto per mettere in rilievo tutta l'antipatia per le donne... non a caso la vera crudeltà è rappresentata da una figura femminile, traditrice e bugiarda... così come la cugina che, incinta non si sa di chi, inganna il povero medico al quale farà credere che il figlio è suo...
    Alcune cose sono rimaste sospese, è vero, però mi è sembrato che il tutto fosse voluto, giusto per sottolineare che in fondo la gran parte delle situazioni ce si presentano restano incompiute, sono come dei flash, come occasioni perse o lasciate perdere forse per l'incapacità di tutti noi di scegliere defintivamente una strada.
    ciao franco, è sempre un piacere
    :)

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  2. Sono d'accordo, tutti guardano Ozpetek come un bravissimo regista, secondo me è che è l'unico regista italiano ad affrontare certe tematiche, e quindi per certi versi innovativo, ma sicuramente non brillante.

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