sabato 31 marzo 2012

Intervista a Stella Savino, cineasta e documentarista. Il suo ultimo lavoro:“ADHD Rush Hour” :


Stella Savino






Una cineasta indipendente, con scelte tematiche impegnative ci consegna un cinema documentaristico su territori scivolosi, impervi, spesso considerati non raccontabili, non rappresentabili. Stella Savino sta andando con il suo lavoro e la sua ricerca in questa direzione. Nata a Napoli nel 1970, si laurea in Letteratura Francese presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli con una tesi in Letteratura Francese su L.F.Cèline.
Inizia la sua esperienza professionale nel mondo del documentario prima come assistente alla regia e assistente di produzione, poi come montatrice. Dopo aver firmato il montaggio di diversi documentari per Rai3 e RaiSatArte dal 2003 lavora come autore e regista e collabora con diverse Società di Produzione.
Amelia Rosselli… e l’assillo è rima è distribuito nel volume La furia dei venti contrari, edito dalla casa editrice fiorentina Le Lettere.
Il caso Rosselli, un delitto di regime, patrocinato dalla Presidenza della Repubblica, e prodotto da DocLab e Fox - History Channel, in collaborazione con Rai3, è distribuito dall’Istituto Luce.
L’ultimo suo lavoro che qui si presenta attraverso questa intervista è ADHD Rush Hour il suo primo lungometraggio, sceneggiatura Finalista al Premio Solinas. Conosco Stella Savino fin da quando era bambina, mi lega a lei l’affetto di averla vista crescere e la condivisione di un impegno culturale e civile insieme a valori che stanno sparendo da questo paese. Questa intervista vuole in qualche modo, attraverso questo blog, contribuire a farne conoscere ed apprezzarne il lavoro e lo stile.



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(f.c.) Devo dire che prima di leggere gli articoli relativi al tuo film ignoravo che esistesse una sindrome che si chiamasse Adhd (Attention Deficit Hyperactivity Disorder), un disturbo che afferirebbe i bambini e si manifesterebbe in un ipercinetismo che ne comprometterebbe le capacità di attenzione. Intanto, perché la scelta di questo argomento?

(s.s.) Era il 2008 quando in Campania, in seguito ad un’inchiesta del Corriere del Mezzogiorno, scoppiò una protesta contro le Linee Guida del Ministero della Salute che intendevano reintegrare il Ritalin bandito qualche anno prima.
Si trattava di una questione molto delicata che riguardava essenzialmente la possibilità di somministrazione di Psicofarmaci su bambini definiti iperattivi.
Con una levata di scudi, alcune Istituzioni tra cui il Dipartimento di Salute Mentale della ASL Napoli 1 e il decano della Psichiatria napoletana Sergio Piro (oggi purtroppo scomparso) presero posizione criticando nettamente i nuovi Protocolli del Ministero.
Tutto questo si espresse concretamente in una serie di incontri sul Tema, organizzati dal Centro Shen di Napoli, un punto di riferimento in città per il Diritto alla Salute e alla Libertà di Cura.
Incuriosita da questi incontri e dalla loro intensità feci una rapida ricerca in Internet semplicemente digitando l’acronimo ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Desorder) e ciò che subito mi sconvolse furono quei dati allarmanti e quelle migliaia di storie che galleggiavano nel web su di un Tema così delicato e di cui io non avevo mai sentito parlare. Questa fu, da subito, spinta sufficientemente stimolante per decidere di approfondire e immaginare di farne un film documentario.

(f.c.) Personalmente sono sempre un poco perplesso circa l’incasellare in tipologie psicopatologiche i comportamenti umani, senza per questo voler negare l’evidenza di un disturbo o disagio caratteriale, se poi questo disturbo colpisce un bambino, la cosa per me diventa ancora meno comprensibile. I bambini per loro natura sono vivaci ed iperattivi, come si distingue una personalità “nella norma “ di un bambino e quella affetta da Adhd?

(s.s.È proprio questa la domanda che percorre e attraversa il mio racconto. La maggior parte dei bambini è iperattivo per natura eppure è perfettamente normale. Così come molti bambini sono disattenti eppure questo non significa che siano malati. E allora dov’è che tracciamo la linea di demarcazione tra ciò che è normale e ciò che non lo è? E soprattutto con quali criteri diagnostici lo facciamo? E chi sono le persone chiamate ad assolvere a questo difficilissimo compito? Sono libere o sono legate agli interessi economici delle case farmaceutiche? Queste sono solo alcune delle domande che mi sono posta nel corso di questo lavoro, lungo e difficilissimo.
ADHD sta per Attention Deficit Hiperactivity Disorder, ed è considerato da molti una anormalità neuro-chimica geneticamente determinata.
Nel mondo ci sono circa 11 milioni di bambini che sono stati diagnosticati ADHD e poi sottoposti a cura farmacologica. La maggior parte di questi si trova negli Stati Uniti, dove la percentuale arriva e, in alcuni Stati, addirittura supera il 10%.
Negli Stati Uniti, dove viene consumato circa l’80% della produzione mondiale di psicofarmaci, l’ADHD è stato diagnosticato anche nei bambini di un anno e per questo l’ONU ha invitato le Nazioni a valutarne la possibile sovrastima e a frenare l’uso eccessivo del Metilfenidato (Ritalin).
In altri Paesi, come ad esempio l’Italia, la soglia scende incredibilmente sotto l’1%. Come questo sia possibile è la prima Grande Questione. E la risposta può a mio parere essere una sola: la rilevazione e la percezione stessa di questa sindrome è assolutamente assoggettata al sistema culturale e all’organizzazione sociale in cui viviamo.
Aumenta in maniera esponenziale nei Paesi più sviluppati e in particolare in quelli Anglosassoni che hanno per esempio un sistema scolastico che si basa moltissimo sulla competizione e sulla velocità di risposta agli stimoli, mentre decresce sensibilmente in quei Paesi che hanno ancora una forte struttura familiare e una maggiore separazione tra il mondo degli adulti e quello dell’infanzia.
Detto ciò è chiaro che questo dato di tendenza generale non deve in alcun modo farci illudere di essere al riparo dal problema. Molti sono, infatti, gli elementi che fanno pensare che presto o tardi raggiungeremo anche noi quella soglia orribile ma con un ritardo di circa dieci anni.
La seconda Grande Questione riguarda la Diagnosi. Tutto è regolato dal DSM che è la bibbia della Psichiatria Americana, e non solo. Qui trovano posto migliaia di malattie e vengono definiti i criteri diagnostici e le terapie (farmacologiche e non) da seguire.
Nei volumi del DSM trovava posto anche l’omosessualità, che era catalogata appunto come malattia mentale. Questo dato, che oggi risulta ai nostri occhi assolutamente scandaloso, per decenni aveva aiutato la discriminazione e avallato l’idea che l’omosessualità fosse qualcosa che andava curata anche con l’elettroshock. Poi, in seguito ai movimenti di liberazione e alle pressioni delle lobby, nel 1974 improvvisamente e per alzata di mano l’omosessualità come malattia mentale scomparve dal DSM.
Questo parallelo che io riporto nel mio documentario e che alcuni hanno trovato eccessivo è invece estremamente illuminante riguardo la definizione dei criteri del DSM che ancora oggi regola gli standards diagnostici di tutte le malattie mentali, tra cui ovviamente anche l’ADHD.
Questo film vuole essere una riflessione critica più che una denuncia che urli i fatturati delle Multinazionali del Farmaco o gli scandali continui dell’AIFA.
Io tendo per indole a non giudicare le scelte delle persone, tanto più di quelle che ho incontrato e che, con grandissima umanità e generosità, mi hanno aperto la porta di casa, come le madri dei miei protagonisti, appunto, che partivano tutte da una sofferenza reale, specifica e comune, provocata soprattutto dalla solitudine in cui vivevano il problema. Le persone sono lasciate a se stesse, questo mi interessa molto, abbandonate dalle Istituzioni che dovrebbero sostenerle e che invece, purtroppo, quasi mai brillano per trasparenza o intelligenza.
Dunque non ci sono colpevoli? Sarei una pazza a sostenere una tesi del genere.
Le multinazionali farmaceutiche speculano sulle nostre debolezze e sulla nostra ignoranza! Dunque si potrebbe dire che le multinazionali del farmaco non sono i soli colpevoli in questa tristissima storia che racconta dell’infanzia abusata.

(f.c.) Credo che comunque bisogna muoversi con estrema cautela, quando si toccano queste problematiche. Mi vengono in mente gli studi sulla nascita della clinica di Michel Foucault e sull'ospedalizzazione e medicalizzazione del disagio mentale. Nonostante i trent'anni passati, sono ancora un punto di riferimento insostituibile per comprendere le procedure di controllo operate dai sistemi e dagli apparati amministrativi, che, insieme alle società farmaceutiche, soprattutto nei paesi anglosassoni, sono molto attive nel creare nuove patologie e soprattutto "nuovi disagiati". 
Ho visto un tuo bellissimo documentario – posso chiamarlo così? – sulla poetessa Amelia Rosselli. Anche in questo caso si trattava di una personalità disturbata o comunque che manifestava disagi esistenziali, perché la tua scelta ricade ancora sui disturbi di manifestazione di personalità?

(s.s.Non ci avevo mai pensato in questi termini, se fosse così riuscirei finalmente a tracciare una linea di continuità nel mio percorso. Amelia Rosselli è a mio parere una delle voci più potenti della Poesia Europea del ‘900. È molto difficile, direi quasi impossibile, separare la sua produzione letteraria dai disturbi di cui soffriva e che alla fine la portarono al suicidio (l’11 febbraio del ‘96, lo stesso giorno in cui si era suicidata Sylvia Plath 33 anni prima). Spesso le grandi personalità dell’arte sono afflitte da sofferenze esistenziali, da ossessioni, da quelle che io amo definire i mali dell’anima, la più grande forma di disagio che io riesca ad immaginare.
Il tema del Disagio è sicuramente per me il Grande Tema, ma ciò che più mi interessa non è tanto il disagio in sé quanto piuttosto l’assoluta inadeguatezza dell’individuo e della Società, in particolare di quella Civile (scuola e famiglia) a trattare e a relazionarsi con il disagio, di qualunque forma esso sia.
Tutte le volte che ci troviamo di fronte a qualcosa che non comprendiamo immediatamente o che abbiamo difficoltà a gestire, qualcosa che ci sta scomodo, che non ci piace, che richiede un surplus di cure e attenzione da parte nostra, noi tendiamo come spinti da un brutale istinto di sopravvivenza ad allontanarlo da noi.
Ha poca importanza che si tratti dell’ADHD, del problema dell’emigrazione, dell’omosessualità o anche molto più semplicemente della vecchiaia, perché il problema è sempre lo stesso: si tratta sempre di qualcosa che in quanto scomodo ci crea disagio e per questo lo bolliamo come “diverso” o come “malato”, quindi come qualcosa che va “eliminato” o “curato”.
Credo però che quando tutto questo tocca i bambini e lede i diritti dell’infanzia la nostra inadeguatezza diventi assolutamente intollerabile, insopportabile e inaccettabile, ed è essenzialmente per questo motivo che ho sentito il desiderio di fare questo film.
Rush Hour in inglese significa Ora di Punta, è il momento in cui tutti gli impiegati corrono via dagli uffici come pazzi. Era un’immagine che mi ossessionava e allora ho capito che il problema era il tempo, il tempo che va sempre più gestito e ottimizzato e che ha oramai irrimediabilmente sconvolto tutti i nostri vecchi ritmi di vita.
Forse restavano solo i bambini a resistere in questa folle corsa e ora nemmeno più loro.
E allora l’ADHD esiste oppure no? Io dico più semplicemente: se esiste il disagio allora la sofferenza è reale e dunque esiste anche il problema. Ma poi vado avanti e mi chiedo: sono i bambini ad essere malati o è la nostra società ad avere un Deficit d’Attenzione nei loro confronti?

(f.c.) Ottima domanda, che condivido pienamente. Ritieni che ci possa esser una causa tra Adhd e la crisi dei ruoli istituzionali all’interno della famiglia? Ovvero il venire meno di caratterizzazioni simboliche ben definite come la figura paterna (ormai svilita al ruolo di amicone infantile quanto il figlio) e della madre (eterna ragazzina)?

(s.s.Un neuro-psichiatra americano che intervisto nel film, William Pelham, ad un certo punto dice: nello Stato della Florida per andare a pesca devi avere una licenza, una sorta di patentino, mentre invece non hai bisogno di alcuna licenza per diventare genitore. Ora vi chiedo cosa sia più difficile, pescare o crescere un bambino?
Che i Ruoli all’interno dell’istituzione Famiglia siano in crisi è assolutamente una certezza, se poi da questo dipenda un incremento nelle problematiche e nei disagi dell’infanzia non lo so. Ciò che credo, è che il venir meno di regole certe e della capacità dei genitori di decidere o di saper dire dei No, di cui poi i bambini sono affamatissimi, di certo non aiuta la situazione ma non credo che questo c’entri più di tanto con l’ADHD. Il problema della disciplina è sicuramente importante così come avere dei modelli di riferimento piuttosto rigidi. Quello che osservo intorno a me ogni giorno mi suggerisce però che il vero problema è l’iperstimolazione dei bambini e questa comincia fin dalla gravidanza.
Sono anni che faccio caso al fatto che per esempio le donne incinta non si coprono più come una volta. Quel grembo gravido che un tempo andava protetto oggi viene esibito, esposto a tutto e soprattutto ai raggi solari. E così capita che sempre più bambini vengano alla luce con gli occhi già aperti mentre un tempo nascevano con gli occhi chiusi e impiegavano anche più di un giorno ad aprirli. Sono piccoli segnali di qualcosa che va cambiando. È chiaro che una mamma è libera di prendere il sole in bikini anche al 5° mese di gravidanza basta che poi nessuno dia del malato al bambino se viene al mondo con gli occhi aperti e l’espressione vivace che avrebbe avuto forse dopo un paio di mesi!

(f.c.) Non è forse vero che tutti noi ci avviamo verso un destino di iperattivismo con conseguente incapacità di attenzione?

(s.s.Assolutamente si. Credo che faccia parte della nostra evoluzione e che sia fondamentalmente una via obbligata, ma credo anche che i bambini vadano tutelati molto più di quanto non si faccia ora.
Il punto è che stiamo parlando di bambini che non possono scegliere ma che subiscono le conseguenze delle nostre scelte.
Vale la pena forse di ricordare che gli effetti collaterali di alcuni dei farmaci usati nella cura dell’ADHD sono devastanti e, quelli si, senza ritorno.
Infarto, alopecia, danni epatici, problemi cardiovascolari, difetti di crescita e di sviluppo sessuale, tendenza al suicidio in bambini sotto i dieci anni che non dovrebbero nemmeno sapere che significato ha la parola suicidio!



giovedì 29 marzo 2012

Circumvesuviana: perché non interviene nessuno?



Circum allo stremo e piena di debiti, la Regione chiede «tregua» alle banche

L’altro giorno, in stazione Circumvesuviana a Vico Equense, ai varchi, su richiesta di favorire l’abbonamento, non ho dato alcun cenno e sono passato. Alla richiesta ho opposto un silenzio/rifiuto e sono andato avanti. Sono stato raggiunto, strattonato, preso per un braccio e spinto contro il muro da due figuri senza alcuna divisa e senza tesserini di riconoscimento, come fossi stato un ladro o un delinquente e non un uomo di 61 anni che tornava da una giornata di lavoro dopo un viaggio terrificante. Ero salito a Napoli, dopo la soppressione di un treno e l’attesa di quasi un’ora di un altro che era talmente sovraffollato che per un momento ho pensato che saremmo morti asfissiati tutti quanti. Il viaggio – se così si può chiamare- è durato 40 minuti più del previsto: in pratica, la tratta di un’ora è stata fatta in un’ora e quaranta, in condizioni inumane. A Vico poi l’epilogo. Ad uno dei due ho detto che per conto mio potevamo stare lì tutta la sera, ma l’abbonamento non glielo avrei mostrato, l’altro continuava a spingermi contro il muro: gli ho urlato in faccia le condizioni in cui si è svolto il viaggio,  che ormai sono diventate una realtà quotidiana. Di tutta risposta, sempre spingendomi contro il muro, il tizio in maniera brusca e sprezzante, mi ha detto di presentare un esposto all’azienda, che era la sua azienda, quella per la quale lui mi stava schiacciando contro il muro. Solo allora, ho reagito e gli ho urlato in faccia che l’esposto l’avrebbe dovuto fare lui alla sua azienda, descrivendo le reazioni a cui è portata l’utenza per le condizioni in cui la si fa viaggiare e che il mio rifiuto era l’unica reazione civile che un utente poteva opporre a quello stato di cose e che per conto mio avremmo potuto chiamare anche i carabinieri ma io l’abbonamento non lo avrei mostrato. Solo allora uno dei due ha detto all’altro di lasciarmi andare. Questo mese non rinnoverò l’abbonamento perché ho deciso di abbandonare la Circumvesuviana. L’episodio che ho descritto è stato l’ultimo di una serie di disagi e vessazioni che stanno durando da troppo tempo, logorando la mia salute. Ho optato  per un trasporto privato, organizzato già da altri cittadini in risposta all’indifferenza di chi ha gettato i trasporti nel caos: direzioni amministrative in primis e politici regionali preposti ai trasporti. Nella vicenda Circumvesuviana/Eav ci sono troppi lati oscuri, uno tra tanti: i soldi dati dalla Regione all’Eav (37 milioni di euro per evitarne il fallimento). Si continua cioè a versare cifre rilevanti ad una società ( nata come carrozzone politico) indebitata fino al collo e a fare ingrassare le banche creditrici con interessi milionari, mentre un territorio con mezzo milione di persone, la metà dei quali probabilmente sono pendolari, è mandato allo sbando. Forse qualcuno dovrebbe intervenire: il Prefetto o la Procura della Repubblica per esempio. Fino ad un anno fa i treni c’erano, improvvisamente ci si ritrova – come è successo- in un giorno con soli sei treni, con riduzioni del 40% delle corse, con treni che si fermano inspiegabilmente in qualche stazione per motivi tecnici, per poi ripartire dopo tre quarti d’ora, dopo che un personale irresponsabile ha fatto uscire tutti dal treno per dirottarli su un'altra piattaforma sulla quale arriva un altro treno già stracolmo di passeggeri. Non voglio pensare ad una strategia del sabotaggio, ma sono convinto che forse sarebbe il caso che qualcuno facesse chiarezza su una vicenda tutt’altro che limpida. Il servizio è collassato ormai, pochissimi treni in giro, pendolari stremati e incavolati, Corse soppresse a ripetizione, e spesso senza annunci agli utenti. ritardi di 30, 40 minuti, un'ora. Centinaia di passeggeri in attesa nelle stazioni terminali di Porta Nolana e Piazza Garibaldi a Napoli, bisognerebbe organizzare una protesta, fare una class action, rifiutarsi di pagare gli abbonamenti per un periodo? Io ho scelto: un trasporto alternativo su gomma organizzato da altri utenti che esasperati hanno abbandonato la Circumvesuviana prima di me.

Franco Cuomo – VAS- Vico Equense 

martedì 27 marzo 2012

PD e turismo: Convegno all’Hotel Aequa il 26 marzo 2012




Sentire parlare ieri sera, presso l’Hotel Aequa, il dottor Armando CIRILLO, Responsabile Nazionale Turismo del Partito Democratico, mi ha sconfortato non poco. Non che riponessi chissà quali aspettative, ma sentirgli dire che le politiche del turismo sono un affare che si deve fare solo lasciando grande libertà all’iniziativa privata,  e poi portare come esempio Rimini, per la costiera Sorrentina, mi ha fatto ben comprendere la grande conoscenza di turismo del responsabile nazionale. Forse lui non sapeva che i viaggiatori del Gran Tour non sono mai passati per Rimini, ma avevano come meta il paese dove fioriscono i limoni: “ Kennst du das Land, wo die Zitronen blühn?” e poi la poesia continuava : “Nel verde fogliame splendono arance d'oro/Un vento lieve spira dal cielo azzurro/Tranquillo è il mirto, sereno l'alloro/Lo conosci tu bene?Laggiù, laggiù/Vorrei con te, o mio amato, andare!”. Goethe non avrebbe scritto queste cose per Rimini e oggi faticherebbe molto a riconoscere la Costiera Sorrentina ! Pensare che gli operatori turistici della Costiera Sorrentina dovrebbero utilizzare gli stessi standard promozionali dagli operatori di Rimini e della Costiera Romagnola, significherebbe, dal mio punto di vista, distruggere definitivamente la peculiarità dell' offerta turistica della penisola sorrentino/amalfitana . Come pure, mi è sembrato riduttivo focalizzare l’attenzione sulla ristorazione di qualità, che è si un fattore importante e trainante, ma non certo l’unico.
 La mia delusione è stata che potevano prendere la parola solo gli operatori del turismo e dunque non ho preso la parola, quello che però ho sentito dai quei pochi intervenuti mi è bastato ed avanzato. Se il turismo sulla nostra zona dovesse crescere o svilupparsi grazie alle loro iniziative, saremmo messi ancora peggio di quando già non siamo. Comunque l’incontro organizzato è stato deludente: grosse perplessità, se non contrarietà assolute sulla pioggia di euro prevista dai tanti PIT e POR, annunciati dal dr. Savarese, funzionario regionale. Bene sarebbe stato intanto spiegare cosa si cela dietro gli acronimi: i Piani Integrati per il Turismo e i Piani Organizzativi Regionali, ovvero lo sperpero di denaro europeo, cioè pubblico, dato a pioggia per iniziative, quasi sempre private, per devastare ancora di più un territorio già seriamente compromesso dall’iniziativa già molto disinvolta di molti operatori turistici e albergatori. L’Unione Europea dovrebbe smetterla di dare soldi alla regione Campania o dovrebbe darli solo se questa presentasse seri progetti di tutela e recupero delle aree verdi e di bonifica delle acque del golfo e delle aree costiere, se non altro, in memoria della terra descritta da Goethe.   Avrei voluto sentire parlare di tutela dei luoghi per esempio o di progetti per il risanamento delle nostre coste, per la ripiantumazione di aree devastate dagli sbancamenti per la costruzione di box interrati, di politiche serie per i beni culturali. Invece sempre dei soliti flussi di presenze in calo e piagnistei  degli albergatori o della solita eno gastronomia. Vorrei ricordare che albergatori e altri operatori turistici non sono gli unici depositari della programmazione turistica, ma solo quelli che dovrebbero offrire strutture e servizi efficienti, per questo sono in totale disaccordo con il responsabile del PD. Avrei voluto chiedergli: ma quand’è che il pubblico ha funzionato da solo in Campania? Il pubblico o le politiche del territorio, non sono mai esistite in campania, ma sempre e solo la discutibile iniziativa dei privati! Ma quando si smetterà con questa idiozia dei privati che investono soldi?!? Piuttosto ci saremmo dovuto chiedere e chiederci tutt’ora: ma perché dei turisti dovrebbero venire a Vico Equense o a Sorrento, dove esistono ormai livelli macroscopici di inquinamento acustico, di inquinamento di monossido di carbonio, di inquinamento del mare, il tutto con costi di soggiorno proibitivi . Argomenti che non sono stati nemmeno sfiorati . L’unico che ha provato a delineare scenari relativi al turismo un poco più alternativi rispetto alla solita tiritera della crescita economica è stato il prof. Minguzzi, ma poi si è perso anche lui per strada. Il consigliere Maresca, dell’opposizione ha parlato di difesa del paesaggio, avrei voluto chiedergli cosa intende per paesaggio, credo che pensasse a quello codificato dell’olografia cartolinistica, un po’ come tutti d’altra parte, ma forse è stato meglio se non l’ho chiesto. La  Armato – avendola già conosciuta come assessore regionale – non l’ho voluta sentire. Insomma! Se fossi intervenuto avrei detto queste cose e come si può capire da ciò che ho scritto, questo incontro sul turismo organizzato dal PD è stata come al solito la recita stereotipata del politichese più plateale.
 Franco Cuomo –VAS – Vico Equense 

lunedì 26 marzo 2012

Alberature a rischio sul Monte Faito: preoccupazioni dei V.A.S.


Il faggio secolare (foto G. Cesarano).


Un documento pubblicato sull’Albo Pretorio on line del nostro Comune ha destato gravi preoccupazioni tra gli amici del Circolo V.A.S. di Vico Equense e noi crediamo dovrebbe destarle tra tutti quelli che credono ancora nell’importanza di tutelare l’ambiente!
I fatti sono questi: è stata indetta una “ Conferenza di servizi” dal Responsabile del settore Territorio, l’ingegnere Paolo Guadagno, per il giorno 10 aprile p.v. (martedì dopo Pasqua), allo scopo di definire “l’iter procedimentale da seguire per tutti i procedimenti autorizzativi relativi all’abbattimento delle alberature ricadenti all’interno del territorio dell’Ente Parco ( già giacenti o a presentarsi”. Nella lettera di convocazione si legge che agli “ atti di questo ufficio sono pervenute diverse richieste di autorizzazioni all’abbattimento di alberature all’interno di fondi privati, per motivi legati alla pubblica e privata incolumità” . poiché la nostra Amministrazione non ha potuto seguire la solita strada di procedere immediatamente e direttamente ad abbattere alberature senza chiedere autorizzazioni, in quanto impedita dal contenuto di una lettera del 4 gennaio u.s., a firma  del Presidente dell’Ente Parco Regionale dei Monti Lattari (riteniamo del Presidente MAROTTA,oggi non più in carica, perché sostituito dal sig. Giuseppe GUIDA, ex consigliere comunale di maggioranza nella precedente Amministrazione CINQUE). Abbiamo pensato, che, improvvisamente, nelle fervide menti di chi ci amministra, si è accesa una lampadina! Hanno pensato: indiciamo subito una conferenza di servizi, tanto è una prassi valida per tutte le stagioni!. Per chiarezza informativa di chi legge spieghiamo che: la Conferenza di Servizi è un istituto della legislazione italiana di semplificazione amministrativa dell'attività della pubblica amministrazione, volta ad acquisire autorizzazioni, atti, licenze, permessi e nulla-osta comunque denominati mediante convocazione di apposite riunioni collegiali, i cui termini sono espressamente disposti dalla normativa vigente (Legge 241/90|Legge 241/90 e s.m.i.). Le decisioni prese in Conferenza di Servizi si sostituiscono alle autorizzazioni finali ed hanno lo scopo di velocizzare la conclusione di un procedimento amministrativo. Così, sempre con la lampadina accesa sulla testa, i nostri amministratori l’hanno indetta repentinamente e nell’indirla hanno pensato pure: chi invitiamo? Risposta  immediata: invitiamo l’Ente Parco – presieduto, come già detto, dall’ex –consigliere di maggioranza GUIDA -, poi la Comunità Montana. Ci siamo subito posti qualche domanda: in quali occasioni questo Ente si è preoccupato degli alberi del Faito? E poi, udite udite: la Protezione Civile ed i Vigili Urbani! Certamente, in questo ambiente “familiare” hanno pensato che potranno varare sicuramente le giuste norme per abbattere gli alberi del Faito. A questa brillante idea però i V.A.S. vogliono in un certo modo togliere un poco della sua lucentezza e si chiedono:  e la Soprintendenza ai beni Ambientali e Paesaggistici? E l’Autorità di bacino? E il Corpo Forestale dello Stato? I V.A.S. ritengono, anzi ne sono sicuri, che l’assenza di questi importanti Enti dall’elenco dei convocati sia dovuta certamente ad un mero errore di inconsapevole omissione! Ma la verità, al di fuori di ogni amara ironia è che i V.A.S.  sono seriamente preoccupati per il destino degli alberi del Faito e per i possibili sviluppi di deliranti progetti di “sviluppo turistico” di cui si sente vociferare in giro. Per questo motivo, chiediamo un sollecito ed ampio intervento delle altre Associazioni Ambientaliste (WWF, Italia Nostra, Lega Ambiente ) e di tutti i cittadini  che hanno a cuore l’habitat naturale del Faito e tutte le sue specie arboree, al fine di evitare una vera e propria “mattanza” dei  secolari alberi del Monte Faito! Ci sarà un intervento anche dei Consiglieri Comunali? Forse, anche se siamo certi che saranno sicuramente impegnati in tante altre situazioni.

Franco Cuomo – V.A.S.  Vico Equense   

Magnifica presenza di Ferzan Ozpetek: banalità, luoghi comuni e inconsistenza narrativa. Un film inutile.




Ferzan Ozpetek non mi ha mai convinto col suo cinema. L’apoteosi dei luoghi comuni: sull’omosessualità maschile, spesso ( sempre ) melensa e sdolcinata o melodrammatica, sull’idea di famiglia allargata, sull’amicizia che accomunerebbe tutti in un grande abbraccio di amore universale. Da “Le fate ignoranti” a La finestra di fronte” a “Mine vaganti” al bruttissimo “Cuore sacro” al presuntuosissimo ed inconsistente “ Saturno contro”. Ozpetek, che una mia cara amica in maniera indovinatissima chiama “zpetek”, come a dire,  inzipito, sciapo, senza sale, continua il suo viaggio nella banalità e soprattutto nella inconsistenza della materia narrativa. Così consegna alle sale il suo ultimo “capolavoro”: “ Magnifica presenza”. Nelle intenzioni il film poteva essere un capolavoro di cinema fantastico, onirico, favolistico, un ghost movie anche se sopra le righe... un mix, veniva detto, di thriller, commedia e dramma. E’ anche un film dove Ozpetek, crede di rifare Almodovar  solo perché inserisce personaggi femminili vestiti vistosamente e musiche molto latine come la splendida Perfidia cantata da Nat King Cole, ma tradisce il risultato, perché la trame narrative di Almodovar sono complesse e ben strutturate.  La trama: un giovane aspirante attore catanese arriva a Roma in cerca di amore ed affermazione e trova una grandissima casa a prezzo d'occasione... non sa che però in questa casa non sarà solo, ma in compagnia di una serie di fantasmi, una compagnia teatrale. La storia si va popolando di figure particolari, di travestiti, medium, attrici al tramonto, medici un po' grossolani. ma tutti questi personaggi passano senza lasciare la benché minima traccia. Ingenuità, riempimenti inutili nel racconto: mi sono chiesto che senso avevano le due bariste, almodovariane o il trans che appare nell’ autobus più volte, per poi riapparire nella scena dei travestiti, e la stessa figura di Platinette? E la sfuriata – inutile ed eccessiva- dell’altro gay per lo stalking fattogli dal protagonista? E il vicino Paolo del quale uno si immagina una possibile storia d’amore, che fine fa? La cosa che dispiace davvero di questo film è la sensazione di completa sciattezza della trama, che il regista non sia stato minimamente capace di dare corpo narrativo a questi personaggi, del dramma del loro passato, della loro morte, della stessa vita del protagonista.
Tutto il film è poi recitato con un linguaggio formale scadente da fiction televisiva, raccontato dozzinalmente, superficialmente, distaccatamente, con una recitazione sempre troppo enfatica e sopra le righe. Dei fantasmi non si sa quasi niente fino alla fine del film, ma questo non aumenta il pathos, visto che durante il film non c'è niente che ti porti a familiarizzare con loro e finisce che quando scopri il loro dramma, ne rimani spaventosamente indifferente. Non c'è affezione, non c'è partecipazione, niente di niente e manca anche quel voler osare dal punto di vista visivo, onirico si ferma prima di poter arrivare all'emozione. Anche la fotografia è sciatta e poco attenta, descrivendo una Roma anonima. In definitiva, un film che mette in evidenza i limiti narrativi di una sceneggiatura firmata insieme a Federica Pontremoli (Habemus papam) . Gli attori da bocciare quasi tutti, siamo a prove attoriali deludenti, inconsistenti: da una rigida Buy, ad una troppo televisiva Vittoria Puccini, ad uno stucchevole Beppe Fiorello. Unica eccezione: il cameo di Gianluca Gori nel suo riuscitissimo personaggio di Drusilla Foer e Anna Proclemer. Cose dire ancora? Caro Ferzan: riposati, leggi molto e guarda soprattutto molto, liberati  dai luoghi comuni e soprattutto scrivi trame narrative degne di questo nome.

Franco Cuomo

sabato 24 marzo 2012

Un paese dove solo chi ha un’attività commerciale ha diritti e privilegi.




Vico Equense, ovvero un paese in cui se non hai un’attività commerciale o imprenditoriale, non hai diritto a poter godere del territorio. Succede che a chi gestisce un’attività commerciale è consentito praticamente di tutto, senza controlli o limiti: impadronirsi dei marciapiedi pubblici, occupare spazi adibiti al parcheggio auto per carico e scarico merci, riempire ampi slarghi per tavoli e tavolini, recintare tratti di arenili per impadronirsi di spiaggia o tratti di costa per proprie attività. Tutto questo avviene nella più totale assenza di controlli da parte dell’amministrazione. Pare che questa sia la filosofia dominante del Sindaco e degli assessori. A tal proposito pubblico una lettera che una cittadina di Vico ha inviato al primo cittadino, ai suoi assessori e a tutti i consiglieri comunali


  


Al Signor Sindaco del Comune di Vico Equense
Ai Signori Assessori        "               "       "
Ai Signori Consiglieri Comunali      "       "


Lunedì pomeriggio in compagnia della mia nipotina, alle 14,30 circa, mi sono recata alla spiaggia di marina d'Equa, con la speranza di poter passeggiare un po’. L'assurda e inimmaginabile situazione di confusione che ho trovato (macchine sopra i marciapiedi e in doppia fila, la piazzetta assolutamente impraticabile per la sosta selvaggia e la presenza di tavolini con relativi consumatori) non mi ha permesso neanche di sostare tanto da dover tornare indietro. Comprendo bene che la festività di S. Giuseppe, combinata con una temperatura primaverile, ha favorito l'uscita da casa delle famiglie ed ha consentito alle attività di bar e ristoranti di poter lavorare, però penso, tutto questo non può  e né deve creare caos, disordine e soprattutto penalizzare chi vuole solo fare una passeggiata. Ormai, gli operatori che a vario titolo operano in queste aree si comportano come padroni assoluti e grazie a discutibili concessioni e nessun controllo da parte delle autorità preposte, spesso violano le regole mentre le poche aree pubbliche e gli arenili vengono considerati come di loro proprietà. Allora ecco che i marciapiedi davanti ai ristoranti diventano parcheggi, la piazza diventa ristorante e la gente non può più neanche solamente passeggiare. L'attuale momento di crisi investe un numero sempre maggiore di famiglie che sanno bene di non poter andare a ristorante perchè  sono più povere o che non possono organizzare vacanze perché non hanno i soldi, ma tutti però hanno il diritto di fare un bagno su una spiaggia libera o passeggiare tranquillamente in riva al mare (penso che su questo siamo d'accordo). La Pubblica Amministrazione  e le istituzioni preposte hanno, a mio modesto parere, il dovere di attivare da subito tutte le procedure a garanzia per proteggere gli interessi delle fasce più deboli e di chi non è un commerciante, affinché fare il bagno su una spiaggia libera o passeggiare sul litorale non diventa un privilegio per i pochi dal portafoglio pieno. In attesa di un fattivo riscontro ringrazio anticipatamente quanti si faranno portatori di questa istanza.


     VICO EQUENSE 23 marzo 2012 

                                  
                                                                                                              Distinti saluti
                                                                                                                                 
                                                                                                        Elisabetta Di Martino

DELIBERAZIONI E DICHIARAZIONI DEGNE DI NOTA RILASCIATE NELLA SEDUTA DELL’ULTIMO CONSIGLIO COMUNALE DEL 16 MARZO SCORSO.



Vico Equense, 23 marzo 2012

Oggi (ieri per chi legge) sono state pubblicate all’Albo Pretorio on line le delibere della seduta del Consiglio Comunale del 16 marzo . i V.A.S. intendono evidenziare alcuni passaggi e dichiarazioni che riteniamo rimarchevoli e degni di attenzione, alla luce di quanto accaduto nei giorni scorsi, precisando che i testi stralciati, vengono riportati integralmente e senza alcun commento.
·         Delibera n.2 avente ad oggetto comunicazioni del Presidente del Consiglio ed in particolare la seconda comunicazione, relativa  al piano per le antenne e che si riporta qui di seguito: “La seconda comunicazione è relativa al verbale della commissione dei capigruppo che si è tenuta il 09 marzo 2012 dove la commissione, in relazione alla delibera comunale del 15 dicembre 2011 di sospensione della procedura di installazione delle antenne di telefonia mobile al centro per 4 mesi, tenuto conto che a tutt’oggi non sono stati individuati i tecnici, propone al Consiglio di prendere atto che detti termini restano sospesi fino all’espletamento del piano”.
Nell’ambito di questa Delibera si riporta la dichiarazione del Consigliere dr. Natale Maresca integralmente: “ Chiedo la parola per un problema procedurale. Io devo rilevare che alle ore 10,05 minuti e chiedo che venga messo a verbale quest’aula era deserta. Quindi questa seduta di consiglio comunale, a norma di regolamento, non è valida e non ha nessun potere decisionale”.
·         Delibera n.3 ad oggetto l’atto di indirizzo delle procedure urbanistiche in materia di repressione degli abusi edilizi. Si riporta integralmente il testo della dichiarazione di voto del Consigliere dr. Natale Maresca : “ voglio essere rapidissimo, infatti alcune delle cose che volevamo dire, le diamo agli atti come documento di accompagnamento a questa dichiarazione di voto . Voglio dire una cosa semplice: noi non siamo contro chi ha fatto un abuso di necessità , sappiamo, ci rendiamo conto delle difficoltà che ci sono, di quanti sono stati costretti a farsi la casa, la casetta per i figli. Noi non siamo contro quelle persone ovviamente, siamo per il paesaggio e per la difesa del paesaggio, perché è per noi un bene prezioso, la base dell’economia della nostra realtà, per oggi,per il passato e per il futuro, e il paesaggio è un patrimonio di tutti noi e tutti noi lo dobbiamo difendere. Chi ha fatto la casa abusiva, perché aveva un abuso di necessità, ha fatto malissimo, ma la colpa non è stata sua. La colpa è stata delle classi dirigenti, che hanno amministrato la Penisola Sorrentina negli ultimi 50 anni, e che hanno fatto credere che tutto fosse possibile, che li hanno illusi. Con questo documento noi proseguiamo questa politica di illusione, li illudiamo che possono continuare a farlo. Li illudiamo che quello che hanno fatto, possa non avere conseguenza, e ciò non sarà vero,. Io non so come voterà l’avvocato Starace, l’avvocato Dilengite non c’è, l’avvocato Migliaccio non vota. Fossi un avvocato, voterei a favore. Questo documento porterà pane negli studi di avvocati, perché si apriranno una serie di vertenze inenarrabili, avranno da lavorare per tantissimo tempo. Quindi per tutti questi motivi, io voterò contro perché non sono un avvocato…”

Franco Cuomo V.A.S. Vico Equense   

mercoledì 21 marzo 2012

Venerdì 30 marzo il “Sì 18-Day”


L’articolo 18 non si tocca, venerdì 30 marzo il “Sì 18-Day” – Importante, diffondere

21 mar
 
 
 
 
 
 
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La prossima settimana, il governo porterà in Parlamento le modifiche che daranno il colpo di grazia ai diritti dei lavoratori a partire dalla demolizione dell’articolo 18. Noi crediamo che i diritti di chi lavora siano sacri e che questa crisi si debba affrontare eliminando la precarietà, mettendo fine alle finte partite iva e ai finti contratti autonomi, incentivando gli investimenti e la ricerca, combattendo l’enorme evasione fiscale e la corruzione che sta piegando il Paese. L’abolizione dell’articolo 18 invece è solo un regalo alla Bce e all’Europa della finanza e delle lobby.
Per questo abbiamo deciso di supportare tutte le iniziative di contrasto a questa scelta irresponsabile del governo. Lo faremo nelle piazze reali ma anche nel web. Per questo lanciamo per venerdì 30 marzo un blogging day che abbiamo chiamato Sì18Day. Durante il Sì18Day ogni blogger posterà il banner dell’iniziativa sul proprio blog e manderà la notizia a 5 nuovi blog, ogni account twitter dovrà scriverà un pensiero con l’hashtag #si18day, ogni utente Facebook dovrà postare un pensiero con il link alla pagina dell’iniziativa e ogni videomaker dovrà postare una sua raccomandazione video sull’articolo 18. Vi invitiamo a diffondere.
Per aderire all’iniziativa col vostro blog scrivete a: postviola@gmail.com
Prime adesioni dai blog:
Ambiente sul Web
La Monarchia delle Banane
Donne Viola
Tentativi Digitali
Notes Blog
Cronache da Agharta
Macori
Ametista Viola
Gioco senza trucco
Da Martina
Parlano del Sì 18 Day
L’Unità
AgenParl 
Virgilio Notizie

martedì 20 marzo 2012

wordy rappingood: discorso semiserio su imbecilli e verità



mots pressés, mots sensés, mots qui disent la vérité, mots maudits, mots mentis, mots qui manquent le fruit d'esprit “ ( Tom Tom Club, Wordy Rappingood,1980)
( trad. parole affrettati, parole sensate, parole che raccontano la verità, parole maledette, parole menzognere, parole che mancano di spirito” link per chi volesse riascoltarlo:

Era il ritornello di  un pezzo ballabilissimo di un gruppo che mi piaceva molto, emanazione dei Talking Heads; lo farei ascoltare a chi dico io questo pezzo: ai presuntuosi che sono convinti di dire sempre la verità, agli ottusi e ai bacchettoni che mancano di spiritosaggine, ma anche agli imbecilli che credono di rimbeccare  sempre gli altri a chi non vuole cogliere il potere di gioco delle parole, a chi dice le bugie, consapevole di mentire, a chi ignora deliberatamente i dubbi che possono suscitare le parole con i loro wordy rappingood, agli asini che ignorano tutto e sono convinti di sapere tutto. Ecco, quello che manca è un discorso semiserio sulla nozione di verità e da questo continuare su quello di punto di vista, e ancora su quello di discorso ipotetico di realtà: l'ipotesi è presentata come possibile, perché il fatto potrebbe o non potrebbe essere vero o su quello ipotetico dell'irrealtà: l'ipotesi è non vera o impossibile, non può realizzarsi o avrebbe potuto ma non è mai accaduta, ma potrebbe essere vera. Insomma smontare la pretesa della verità attraverso le parole, attraverso il gusto di proferirle senza pensare di calunniare, ma solo di provocare una discussione: stare al gioco e schermare con le parole senza risentimenti, con intelligenza e gusto della spregiudicatezza verbale, invece la rozzezza dei più la fa da padrone in questa inciviltà povera di conversazionee ricca di idiozia. Bisognerebbe smontare e fare a pezzi questa pseudo volontà di verità che si regge su menzogne funzionali e lo stesso regime di verità, così komeinista o così cattolico. Decostruire la verità sorretta dai supporti istituzionali, dalla titolarità, dai ruoli che si ricoprono: quella che tende ad esercitare sugli altri discorsi, quelli frivoli e leggeri, una sorta di pressione e quasi uno spirito di costrizione. Allora ai komeinisti, ai cattolici integralisti, agli imbecilli, ai presuntuosi, ai permalosi dico: datevi una calmata e cominciate a pensare in maniera intelligente giocando con le parole: “mots pressés, mots sensés, mots qui disent la vérité, mots maudits, mots mentis, mots qui manquent le fruit d'esprit”, non è mai troppo tardi per un po’ di gusto, stile e civiltà.

Franco Cuomo

lunedì 19 marzo 2012

Un giornale un po' troppo di parte




Faccio sempre più fatica a leggere La Repubblica, un giornale che ormai è apertamente appiattito sulle misure governative del sig. Monti e dei suoi signori ministri. Mi risultano insopportabili al limite dell’intollerabilità i lunghissimi editoriali di Eugenio Scalfari  che tesse ormai sempre sperticati elogi ai “grandi risultati” raggiunti da questo stratega della finanza. Si parla ormai solo di soddisfazione dei mercati, di ripresa delle banche, della diminuzione dello Spread, di ripresa della nostra credibilità da parte dell’Europa. Si citano con vezzosa simpatia e leggera indulgenza le assolutamente pessime freddure di Monti sulla vita dei lavoratori e sulla libertà di Marchionne. Si riportano con grande attenzione i richiami ad austerità che i lavoratori o la gente ormai praticano per necessità e soprattutto sopraggiunta povertà e che, su consigli fermi ed inamovibili del ministro Fornero, dovrebbero essere lo sprone per una ripresa del lavoro e della produzione. Nel mentre si opera in modo da rendere sempre più disinvolti i rapporti tra il mondo del lavoro e i padroni, naturalmente, disinvolti solo per questi ultimi, ai quali si da la libertà totale di agire come meglio si crede per il bene – dice il ministro Fornero – di tutta la collettività e soprattutto per la crescita occupazionale dei giovani. La Repubblica sembrerebbe essere diventato l’organo di stampa dell’apoteosi dell’ipocrisia di Stato! Naturalmente non ho mai pensato che fosse un giornale bolscevico, come si diceva un tempo, come non ho mai pensato che lo fosse Eugenio Scalfari un tempo notoriamente liberale ormai irrimediabilmente liberista, ma che per lo meno fosse più obiettivo nel raccontare com’ è veramente la realtà dell’ Italia di oggi. Essere un tantino più attento e riportare, le condizioni, gli stati e le esigenze non dico di 50 milioni di italiani ma per lo meno di 48, poi ci si lamenta per la crisi dei giornali e che nessuno li compra più e del fatto che la gente se vuole conoscere notizie attendibili si rivolga sempre più spesso al WEB a Internet . A tal proposito ultimamente, sempre dalle pagine di La Repubblica, proprio a riprova di quanto fino ad ora detto ci si è messo anche Michele Serra che ha sparato a zero contro Twitter, lui, assiso sul trono del giornalismo serio, quello della carta stampata e le ha sparate grosse, frasi fatte del tipo: “il popolo del web” – che è una banale sciocchezza – o “twitter fa schifo” o “il cicaleccio impotente”. Sia chiaro non sono uno che crede nella favola della democrazia partecipata dai e dei social network. Dire però, come fa Serra che tutto quello che si scrive su Twitter, con 140 caratteri, siano solo isterismi mi sembra riduttivo oltre che falso e aggiungo pure che: se certamente 140 caratteri sarebbero pochi per fare riflessioni attente e meditate, sfugge a Serra che in un Twitt, uno può inserire un link che magari rinvia ad un blog ( come fa il sottoscritto per esempio) e dunque affrontare temi più importanti con maggiore riflessione. Forse è sfuggito pure a Serra che parecchie rivoluzioni nei paesi arabi sono state diffuse da Twitter e Facebook, come pure la rete di rapporti ed informazioni scambiate tra Indignati, Occupy Wall Street e Ambientalisti, insomma, la risposta non ipocrita e maledettamente reale della gente comune alla crisi e non solo quella del sig. Monti, delle banche e dei mercati. Ma Michele Serra, anche lui come Scalfari, difende ad oltranza l’ipocrisia dei sacrifici di Stato, che ormai si è solidamente diffusa tra la lobby giornalistica della carta stampata “che conta” e quella televisiva. Ai poveracci non resta altro da fare che: non comprare più La Repubblica se vogliono conoscere i fatti (e risparmiare anche un euro e venti al giorno), e dunque non leggere neanche più l’Amaca di Serra. Per le opinioni e su come stanno veramente le cose, ognuno troverà la strada che ritiene più giusta e più opportuna alle proprie aspettative.
Franco Cuomo


martedì 13 marzo 2012

Ricevo e pubblico. Lettera dell'ing. Gianni Esposito, sull'ordine del giorno del prossimo Consiglio Comunale




Caro Franco,
mi dispiace di non avere un mio sito o un mio blog e, quindi, ti devo chiedere ospitalità. 
Mi ha colpito la lettura dell'ordine del giorno del prossimo Consiglio Comunale di Venerdi prossimo, 16 marzo: manca la consueta risposta alle interrogazioni presentate dai Consiglieri, anche se non ricorrono le ipotesi dell'ultimo comma dell'art.57 del Regolamento del Consiglio Comunale. Perché questa omissione? Non ci sono interrogazioni senza risposta giacenti agli atti del Consiglio Comunale? Ci sono, e nella conferenza dei Capigruppo si è deciso di rinviarle perché ritenute poco importanti! Si tratta di mero errore di omissione? Questi quesiti me li pongo e non so dare una risposta! Forse potrei averla da ambienti competenti, ma non la merito: sono un VAS!
                                                                                                           Gianni Esposito


Caro Gianni,
non so darti una risposta neanche io, né oso chiederla: sono un VAS anch'io.
                                                                                                                                        f.c.

Quando si cammina sul lato selvaggio della strada: iracondia tra anime belle fraintendimenti e reprobi.




II nostro è il paese della doppia morale da sempre. Il paese delle anime belle, di quelli che pubblicamente dicono di fare delle  cose e poi privatamente o coperti dalle loro attività professionali fanno tutto il contrario di quello che dicono di fare pubblicamente. Il si predica bene e si razzola male, io non mi sono mai voluto piegare a questo modo di pensare. Avrei potuto farlo convenientemente come tanti, avrei potuto fare il buon pater familias, avere una moglie come tanti e poi i figli e poi fare i comodi miei come fanno tanti. In Italia da sempre si fa così, oggi più che mai: un way of life diffuso in egual misura a destra come a sinistra. Per me ho deciso diversamente. Spesso risulto irritante, antipatico, perché mi capita di frequente di dire in maniera brusca e diretta  sempre ciò che penso. Gli stupidi dicono che lo faccio per provocare ma io – contrariamente a quello che si pensa – non amo le provocazioni, anzi ne faccio volentieri a meno, perché forse la mia maggiore provocazione è la vita che ho scelto, anche ora a quasi 61 anni compiuti. Quello che gli sciocchi chiamano provocazioni ben riuscite o mal riuscite, sono solo mie prese di posizioni rispetto ai fatti. Mi interessa mettere in luce, le faglie, le discrepanze, le contraddizioni, i luoghi comuni, le banalità del linguaggio che appaiono in un qualsiasi discorso. Di solito, tutte queste figure del discorso, soprattutto del discorso politico, sono solo ciò che appaiono: fraintendimenti, non sense, boutade, altre volte invece possono essere collegate a fatti, altre volte ancora essere manifesta mala fede, altre vote ancora solo la sempre pratica della doppia morale. Nella pratica dello smascheramento o in una semplice  riflessione su contraddizioni di un discorso politico ambiguo o poco chiaro, ci sono poi tutta una serie di distingui da fare: se si ha la certezza della malafede si fa una denuncia precisa ricorrendo agli organi preposti, se invece si notano contraddizioni, le si espongono con i condizionali, con i: sembrerebbe, parrebbe, potrebbe trattarsi ecc.ecc.. Una cosa è certa : si corrono sempre dei rischi quando si decide di dare un nome a  questi territori border line. Il grande Lou Reed cantava: walk on a wilde side in una ballata diventata leggenda. Camminare sul lato selvaggio della strada è sempre pericoloso e ci si fa molti nemici, ma anche questa è stata una mia scelta. Le anime belle, tutti quelli cioè che frequentano territori discorsivi non chiari, ambigui  border line, ma che invece sono convinti di frequentare solo la verità,  sono sempre molto aggressivi e sulla difensiva se qualcuno mette in luce queste discrepanze. Il sistema politico italiano sguazza in questi territori, non esiste più un discorso politico chiaro nel quale è possibile ravvisare una consecutio tra ciò che si dice di voler fare e quello che poi effettivamente si fa: il discorso è diventato un metadiscorso. I sistemi di norme per esempio, sono il luogo per antonomasia dove si esercita spesso un uso strumentale del discorso politico e della doppia morale: si predispongono una serie di disegni di legge e di atti amministrativi che dicono di voler difendere il territorio e invece si fa l’esatto contrario di quanto si dice di voler fare: l’ultimo atto amministrativo della regione Campania in materia di tutela del paesaggio è l’esempio più vistoso di metadiscorso . Michel Foucault, in L'Ordine del discorso,  ha scritto molto su questo argomento, intendo il metadiscorso, non il piano della Regione Campania che invece in mano di incompententi:"Un principio di rovesciamento innanzitutto: là dove, secondo la tradizione, si crede di riconoscere la scaturigine dei discorsi, il principio del loro proliferare e della loro continuità, nelle figure che sembrano svolgere un ruolo positivo, come quella dell’autore, della disciplina, della volontà di verità, bisogna piuttosto riconoscere il gioco negativo d’un ritaglio e d’una rarefazione del discorso". Lo so che la pochezza culturale del contesto, non consente di credere, che io mi riferisco anche nelle più pratiche discussioni o analisi ad autori che frequento e che mi sono spesso d'aiuto per non imbarbarire completamente, ma è così. L'uso delle leggi e dei codici per estendere le maglie del potere e del controllo e per produrre effetti spesso disastrosi per l’ambiente, ma molti avvocati e giudici spesso ignorano questa genealogia della formazione discorsiva giuridica, la filosofia, spesso non è ancella di nessuna altra disciplina ed è poco conosciuta da questi valenti professionisti. Sono questi quelli che si indignano subito, e molte volte la loro indignazione è spropositata, e finiscono con l’ignorare che la messa a nudo delle faglie e delle contraddizioni evidenziate con i condizionali, serve solo a far pensare in senso critico perché, se si avesse la certezza invece della malafede  della loro azione si parlerebbe  al presente e si colpirebbe diversamente. Ma tant’é! Chi pratica la doppia morale ci va giù con la mano pesante e tenta di farti male: l’esposizione al pubblico ludibrio, la denuncia e l’isolamento del “reprobo”, l’intimidazione manifesta, l’esibizione del potere che praticano, le loro professioni. Per quel che mi riguarda nessuno, ha il diritto di agire in questo modo, ha certo il diritto di difendersi, ma dovrebbe farlo in maniera argomentativa e poi, quello che vale in pubblico, dovrebbe valere sempre pure in privato! Chi si mostra per quello che è in pubblico dovrebbe farlo anche  autenticamente in privato! Ho improntato la mia vita in questo modo, lo pretendo anche dagli altri. Ma il “sistema” italiano ha sempre disatteso questo principio e ormai questo è un costume diffuso: lo era nel fascismo, e nell’italietta democristiana, lo è stato nel berlusconismo  Fondamentalmente risulto essere antipatico e “personaggio” irritante solo perché provo ad esercitare  la pratica del pensiero critico contro ogni convenzione, e lo smascheramento del potere che si cela dietro l’uso delle leggi e lo faccio sempre, ora particolarmente  per difendere l’ambiente, nel mio paese devastato dall'abusivismo edilizio e dal proliferare dei parcheggi interrati, che per me è un valore fondamentale: io non ci guadagno proprio niente da tutto questo espormi, se non fastidi. Le mie non sono sono provocazioni: che ottusa banalità nell’affermare questo! Cosa ci sarebbe da provocare poi? E non è un pensiero diffamatorio fare delle affermazioni, ma l’attività genealogica ( Foucault) di evidenziare contraddizioni, coincidenze, anche nessi casuali , o semplicemente la prevalenza del cretino tra discorsi e fatti, tra ciò che si creda sia essere una cosa e ciò che poi di fatto  essa potrebbe essere.
Franco Cuomo

venerdì 9 marzo 2012

Le figure mediatiche dell’osceno




Ieri sera sono stato molto paziente, poi però non ce l’ho fatta più ed ho deciso di spegnere la TV in senso di protesta silenziosa. Poi però, benché tardi, sono anche andato a vedere nel dizionario alla voce: Osceno, sconcio scandaloso indecente che offende il pudore e ancora: orrendo orribile di pessimo gusto o molto brutto. Poi:Trattare l’osceno.  Qui ho trovato tantissimi implicazioni sociologiche e filosofiche. Sono dunque partito da questa domanda: che cos’è il peggio oggi, e per me – che per un periodo abbastanza lungo della mia vita mi sono occupato di comunicazione, insegnando sociologia della comunicazione, ieri un certo tipo di televisione che ritiene di fare informazione, ha esibito il meglio della rappresentazione dell’osceno: a Piazza Pulita era osceno il viso col sorriso sprezzante ed imperturbato di  Roberto Formigoni Presidente della Regione Lombardia ed era osceno ed arrogante il viso dell’assessore regionale allo sport della stessa regione, tale Monica Rizzi che rideva addirittura in faccia alla giornalista che le chiedeva dei gravissimi fatti di corruzione che hanno investito alti esponenti politici della Lega Nord. In contemporanea Santoro, su Servizio Pubblico intervistava Luigi Lusi, ex tesoriere de La Margherita, che tra vari intercalari di “cazzo”, con gamba accavallata e disinvoltura spavalda, spiegava in che modo aveva sottratto 13 milioni di euro dal capitale del partito e come e chi anche ne avrebbe beneficiato: anche lui era osceno.   Ci fu un tempo, non lontano, in cui era vero scandalo, per un politico, dare a un uomo di mafia il bacio della complicità. Il solo sospetto frenò l'ascesa al Quirinale di Andreotti, riabilitato poi dal ceto politico ma non necessariamente dagli italiani né dalla magistratura, che estinse per prescrizione il reato di concorso in associazione mafiosa ma ne certificò la sussistenza fino al 1980. Quel sospetto brucia, dopo anni, e anche se non è provato ha aperto uno spiraglio sulla verità di un lungo sodalizio della classe politica con la Cupola. Chi ha visto ieri quei due programmi televisivi, quelle interviste, quei visi, avrà avuto certamente una strana impressione: lo scandalo è divenuto normalità, il tremendo s'è fatto banale e scuote poco gli animi, l’osceno che dovrebbe essere la fine della scena, è diventato invece la scena della rappresentazione. C'è dell'osceno in questo mondo parallelo, che non è nuovo ma oggi non è più relegato fuori scena, per prudenza o gusto. Oggi, il bacio lo si dà in Parlamento, come Alessandra Mussolini che bacia Cosentino indagato per camorra. Dacci oggi il nostro osceno quotidiano e ieri quei programmi hanno quasi banalizzato l’osceno. Ai tempi dell’Unione Sovietica in tutti in paesi del blocco dell’Est, il ricorso alla battuta, all’imprecazione, cosi come alla barzelletta, da parte del popolo, era sempre un modo per accettare la sopraffazione anche a costo di convivere con il retrogusto dell’umiliazione. Ma come bisogna interpretare il contrario, e cioè la circostanza in cui l’ostentazione dell’osceno, spesso accompagnato da battute e volgarità, di politici e di amministratori pubblici che ormai senza pudore governano in un clima di crescente impopolarità? Mi viene in mente Jean Baudrillard: secondo il sociologo vi è una sorta di scandalo terrificante nella scomparsa dell'illusione a favore dell'emergere del reale: “Più vero del vero si ha l'osceno”. Quei volti di ieri rappresentavano la realtà nuda e cruda del potere ed il rapporto che esso intrattiene con l’osceno: l'osceno come indica la parola stessa è la fine di ogni scena, non c'è più scena nell'osceno, non c'è più segreto, tutto è rappresentato nell’indifferenza di “strategie fatali” televisive che, nell’illusione dell’informazione, annichiliscono la risposta individuale di ognuno di noi. Alla fine di questi programmi uno si aspetterebbe che scoppiasse una rivoluzione, invece non succede niente, mentre la strategia fatale della seduzione del più vero del vero ha tratto ancora una volta in inganno tutti. Suggerisco di uscire dall’inganno dell’informazione, suggerisco di uscire dall’illusione ecumenica della rete: entrambe le chimere afferiscono al semiotico, mentre la realtà in questo modo diventa transpolitica: quello che chiamiamo realtà, è una somma di avvenimenti e fatti che si ripetono e si riproducono in maniera parossistica a simulazione del reale. Quei visi sprezzanti, che avrebbero dovuto avere almeno un minimo di pudicizia per lo scandalo di indagini in corso così gravi, ostentavano l’oscena baldanza del potere attraverso la sua presenza obiettiva (o meglio abietta) e tutto ciò che non ha più segreto, ma è abbandonato al solo operare del reale, dell'ingurgitare, dell'espellere, del misurare - tutto ciò può essere detto osceno o pornografico: ho pensato immediatamente che il viso di Formigoni, della Rizzi, di Lusi, erano pornografici. Stasera Ferrara, appropriandosi indebitamente di una storica emittente di libertà politica per dare il titolo ad una delle tante strategie fatali televisive, osceno pure lui, forse più degli altri, esultava perché un giudice a proposito del processo dell’Utri si esprimeva sulla necessità della dimostrazione de facto dei reati. Ovvia constatazione se non si dimenticasse che Marcello Dell’Utri, Il 10 febbraio 2010, in un'intervista a Beatrice Borromeo sul Fatto, si esprimeva in questo modo: "A me della politica non frega niente, io mi sono candidato per non finire in galera". Ecco: queste figure oscene del potere - senza vergogna- come si sarebbe detto un tempo, sono retti da un sistema autoreferenziale che si basa solo sul potere del danaro e queste figure hanno sostituito la sostanza dell’umanità e il significato della dialettica valore/simbolo, così come veniva schematizzato sia nella dialettica hegeliana sia nell’analisi marxiana a mera merce: informazione. Paradossalmente più informazioni e notizie abbiamo sul potere e sulle oscenità del potere e più si allontana la possibilità di modificarne le sue strategie. Che senso hanno allora mi chiedo programmi come questi? Questi programmi sono un’altra forma dell’intrattenimento e non sono stati gli americani a scoprirlo coniando il termine Infotainment ovvero informazione spettacolo, ma uno psicanalista molto europeo  di nome Jacques Lacan e il senso di questi programmi e quello di trasportare su piano simbolico/semiotico la risposta del soggetto: inpratica dissuaderlo dal fare. E’ il senso dell'osceno in questo mondo parallelo, che non è nuovo ma oggi non è più relegato fuori scena, per prudenza o gusto. I cittadini/telespettatori/consumatori non hanno più autonoma dignità, ma sono sprezzati nel momento stesso in cui li si esalta attraversi l’inganno di una partecipazione solo mediatica dei fatti: essi sono usati, umiliati, tramutati in palo di politici infettati dalla corruzione dalle mafie. Gli stranieri che si stupiscono degli italiani più che dei loro politici trascurano spesso l'influenza che tutto ciò ha avuto sui nostri ed anche sui loro cervelli: quanto pensiero prigioniero, ma anche quanta insicurezza e spirito di emulazione di fondo possa nascere da questo sprezzo metodico, esibito. Qui non si tratta più di salvare l’Italia, ma la nostra coscienza da un luogo torbido. Sicuramente scena e osceno non hanno la stessa etimologia, ma il confronto tra questi due termini è allettante, forse allora tragicamente la definizione di osceno potrebbe essere  il divenire totalmente reale di quella arrogante impudenza di quei visi ostentati senza vergogna. Nell’epoca in cui siamo attraversata dallo scoppio di emergenze globali – energetiche, ecologiche, sanitarie e, da ultimo, terroristiche – l’oscenità transpolitica simbolica che ci viene offerta quotidianamente dai media serve solo a rafforzare il potere, mentre i proclami degli internettiani e tecnocrati entusiasti possono suonare ancora più sterili. Perché una delle verità che potremmo abbozzare è: ogni discorso sul destino della nostra umanità, sembra strettamente legato all’interpretazione dell’essenza della tecnica che vorremo darci, come specchio della nostra essenza e lo specchio della nostra essenza sta solo nella concretezza e nella possibilità di modificare il reale attraverso relazioni umane reali e non simboliche o mediatiche.

Franco Cuomo