martedì 12 novembre 2013

CAMPANIA INFELIX. PROVINCIA DI NAPOLI: LA TERRA DOVE SI MUORE PRIMA E CON PIU’ FACILTA’.




Avrò scritto centinaia di lettere come questa e ancora mi rimane la forza di scriverne un’altra, come ultima reazione a una violenza intollerabile che ormai è diffusa dappertutto a Napoli e provincia. Ti senti oppresso da un’immane e brutale gestione camorristica dell’esistenza, nella totale indifferenza di una popolazione succube e connivente: Si, perché tutti siamo coinvolti chi più e chi meno in questa gestione della vita e omertosamente ne facciamo parte. A Napoli e provincia non si muore maggiormente più delle altre parti solo di cancro, per i rifiuti tossici sversati ovunque, per i fumi venefici esalati dalla terra dei fuochi, a Napoli e provincia si muore maggiormente anche di stress emotivo e cardiaco causato dalle vessazioni continue esercitate da abusi e disservizi vissuti sulla propria pelle tutti i giorni per il cattivo funzionamento dei trasporti pubblici, per lo sfascio dei servizi sanitari, per gli abusi di potere e per le ingiustizie economiche perpetrate nella pubblica amministrazione a danno di chi non vede il proprio contratto rinnovato da un decennio e deve invece assistere a emolumenti milionari e incarichi inutili, elargiti a dirigenti altrettanto inutili che trastolano col potere politico: il vero grande tumore di questa città, di questa provincia, di questa regione. Ho 63 anni, ho avuto due infarti, subisco violenza ogni qual volta che salgo su un treno della Circumvesuviana ( due volte al giorno) e i mie infarti sono anche una malattia causata da tutto questo al pari del cancro nella terra dei fuochi, ma non ne parla nessuno. Da qualche parte ho letto a proposito di un discorso sulla morte che tutti nascondono, che solo chi si ammala di cancro sembrerebbe dover morire per forza: non è vero! Io convivo con l’idea della mia morte in ogni più piccolo istante della mia giornata. Ieri sera ho temuto di morire quando in una calca impazzita, pigiati come bestie gli uni sugli altri aspettavamo il direttissimo per Sorrento delle 17.41: I display che segnalavano le direzioni erano spenti, vari treni erano stati soppressi: ho avvertito un senso di asfissia e di soffocamento: poi alle 18.10 ci hanno fatto salire su un convoglio, la ressa per il posto a sedere, spinte  e urla, dopo pochi minuti che c’eravamo tutti seduti un altoparlante annuncia che il Sorrento – dal binario 9 dove eravamo stati inviati tutti qualche minuto prima, sarebbe partito dal binario 8: altre spinte, altre corse: siamo partiti finalmente alle 18,15, il direttissimo è stato convertito in un lentissimo diretto e sono arrivato a casa un’ora dopo. Questo succede tutte le sere. La Circumvesuviana sopprime treni e corse perché non avrebbe più materiale ferroviario in condizioni tecniche adatte a viaggiare, questo è il motivo ufficiale, ma continua a erogare gli stipendi a un personale gonfiato a dismisura con assunzioni politiche e clientelari, quello stesso personale spessissimo insultante e maleducato.   Ci sono pomeriggi, quando attraverso Piazza Garibaldi, venendo da Corso Meridionale dal lato della Stazione Centrale, tra il clangore dei clacson assordanti e il puzzo di piscio che esala dalla gomma nera dei marciapiedi, che penso che questa città possa sprofondare da un momento all’altro, travolta da un’umanità degradata e complice: un’umanità incattivita, indifferente, torva, che non ha voglia di umanità, che spinge, urla, cammina rapida verso mete altrettanto sporche, altrettanto polverose. Allora scrivo questa centesima lettera inutile per darmi uno schiaffo, per reagire all’indifferenza e al senso di impotenza di questa gestione camorristica dell’esistenza che ha ucciso la vita e la gioia di vivere. La scrivo per espellere la rabbia che altrimenti indirizzerei contro il mio corpo con i rischi che conosco, ma mi aiuta solo fino ad un certo punto: Poi torni a casa e ci sono i problemi di sempre, poi vai in ufficio e anche lì realizzi la torva presenza delle modalità camorristiche della gestione delle vite: a chi tanto e a chi ( i molti ) niente e anche qui bugie dei politici e finti riassetti organizzativi che mascherano le politiche clientelari di sempre. Allora ti chiedi veramente cosa è diventata la vita in generale in questa città, in questa provincia, in questa regione. La vita in questo posto non vive- per parafrasare Adorno-, anzi qui si muore con più facilità che altrove, ma deprime avere la consapevolezza che tutti lo sanno e nessuno fa niente per invertire questa tendenza innaturale e perversa e così, tutti siamo complici di un processo irreversibile di omertà diffusa e di silenzi complici e pesanti come macigni.

Franco Cuomo




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