Sono stato colpito dall’articolo
di Gennaro Carillo “ Napoli. Apologia di
Eduardo Cicelyn” e sono stato colpito ancora di più dal tono dimesso di una
brevissima considerazione dello stesso Cicelyn. Un tono, devo dire, insolito
per chi è stato abituato per anni ad un’arroganza e presunzione sprezzanti. Un
tono e una nuova condizione che però non gli hanno fatto acquistare una più
consona umiltà, tanto da fargli scrivere: “ Cioè
ho pensato che finalmente qualcuno ha capito che il MADRE è una cosa importante.
E che, se colpiscono me, vogliono in realtà colpire il museo e l’arte
contemporanea”. Ritornerò in seguito su questa affermazione, voglio
soffermarmi invece di più su altre riflessioni che il bell’articolo di Carillo
spinge a fare. Condivido in toto tutta la sua analisi sulla “liberalizzazione”
e sul fatto che questa spinta a “liberare il mercato” avrà anche radici di “austera determinazione” praticata, dico
io, con metodologia calvinista da Monti e Catricalà, ma alla fine colpirà
strati della popolazione che solitamente già pagano da tempo lo scotto di un impoverimento
generale dovuto proprio a questa ristrutturazione capitalistica senza
infingimenti e senza ipocrisie. Purtroppo ormai, ciò che conta oggi rendere
visibile in questa crisi, è l'ottuso tecnicismo riparatore ed efficientista che
si vuole antiideologico ma che invece è la rappresentazione dell'ideologia
nella sua fase più aggressiva. Raramente ho visto - ed ho 60anni - l'ideologia
dominante capitalistico/finanziaria attivarsi in modo così spregiudicato ed
aggressivo, contro ogni critica seria, tanto da far passare questa sua difesa
quasi come una necessità diretta dalla natura umana. Questa ideologia, con più
povere rappresentanze, sta facendo sentire i suoi effetti anche su quella che
si definisce la “scena culturale”, producendo “un sedicente "nuovo corso" della cultura cittadina
(quell´applicazione del sistema delle spoglie che ha dato vita al Mercadante a
un retrivo "cambio di stagione" . Sono pienamente d’accordo con
Carillo, ma mi allontano un poco dalle sue valutazioni quando dalla scena
teatrale, che lui conosce con grande competenza di storia e di frequentazioni (
Moscato, ma perché dimenticare Autiero?) si accinge a scrivere della sfera dell’arte
contemporanea. Anche qui lui sceglie un nome preciso tra tanti: Amelio, Lucio
Amelio, anche qui una Napoli che, pure per chi scrive era una Wunderkammer barocca già
alla fine dei settanta e per tutti gli anni ottanta e che – e qui non mi trovo
più con lui – sparì all’inizio dei novanta, quando dai movimenti culturali ed dagli
artisti, la scena teatrale e artistica contemporanea divenne appannaggio di mestieranti
dei politburo delle segreterie di
partito. Non è certo un caso se Cicelyn “senza vantare un pedigree
accademico o di soprintendenza” è poi diventato il direttore del
MADRE e non è certo un caso se “da più
parti, il Madre è percepito e rappresentato solo come un fossile dell´era
bassoliniana e Cicelyn come una zavorra”. Io non condivido quando Carillo
scrive : “Il Madre è l´istituzione in cui
Napoli si confronta con la scena contemporanea delle arti, provando a ripetere,
con le varianti dettate da un grande spazio espositivo, lo schema della
galleria di Amelio che tanta parte ebbe nell´apprendistato di Martone e di Falso
Movimento”. Non condivido questa affermazione perché essa distorce la
realtà: la galleria di Lucio Amelio, ma mi viene da citare quella di Lia Rumma o
di Pasquale Trisorio hanno giocato un ruolo di attrattori culturali autonomi
che interagivano realmente con la scena artistica contemporanea internazionale.
Erano spazi autentici dove ogni vernissage
era un happening, un evento unico nel quale si incontravano:
artisti, intellettuali, pubblico d’arte, curiosi e non certo eventi calati dall’alto
controllati da scelte di una sola persona secondo la moda del momento o le
conoscenze del momento o le simpatie del momento. E anche questa storia della “dissacrazione”
dell’idea di museo che apre “lo spazio a
fruizioni impensabili che hanno suscitato reazioni scomposte, non
necessariamente in buona fede”: si sta forse parlando della discoteca
Madrenalina? Qualcuno mi spieghi dov’ è la similitudine di, per esempio, un
evento come l’incontro tra Warhol e Beyeus nella galleria di Amelio e dopo al
City hall cafè e le serate danzanti al MADRE. No, non ci sto con questo
racconto! E non mi interessano neanche le mediocrI scelte culturali fatte dai
governanti attuali, insomma non vedo grande differenza tra il prima e il
dopo e proprio per questo a Napoli non
succede più nulla di interessante da un ventennio a questa parte e tutto viene
fatto o per soldi o per clientele. Ora, in questo degrado generale c’è chi come
Cicelyn ha la presunzione di scrivere: “se colpiscono me, vogliono in realtà colpire il museo e l’arte
contemporanea”. Io non so che fine farà il museo MADRE, mi piacerebbe che diventasse veramente un museo svincolato dalla Regione Campania ed affidato alla gestione organizzativa del Ministero dei Beni Culturali o della Soprintendenza, né mi interessano le
scelte proposte dal “ nuovo corso” (sic!) politico regionale attuale, ma certo, per Cicelyn, sarebbe più umile e
dignitoso tacere piuttosto che proporsi come l’incarnazione dell’arte
contemporanea.
Franco Cuomo
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