venerdì 30 dicembre 2011

Tra l'apologia e l'incarnazione: ma non sarebbe meglio tacere?



io tutelo IL madre


Sono stato colpito dall’articolo di Gennaro Carillo “ Napoli. Apologia di Eduardo Cicelyn” e sono stato colpito ancora di più dal tono dimesso di una brevissima considerazione dello stesso Cicelyn. Un tono, devo dire, insolito per chi è stato abituato per anni ad un’arroganza e presunzione sprezzanti. Un tono e una nuova condizione che però non gli hanno fatto acquistare una più consona umiltà, tanto da fargli scrivere: “ Cioè ho pensato che finalmente qualcuno ha capito che il MADRE è una cosa importante. E che, se colpiscono me, vogliono in realtà colpire il museo e l’arte contemporanea”. Ritornerò in seguito su questa affermazione, voglio soffermarmi invece di più su altre riflessioni che il bell’articolo di Carillo spinge a fare. Condivido in toto tutta la sua analisi sulla “liberalizzazione” e sul fatto che questa spinta a “liberare il mercato” avrà anche radici di “austera determinazione” praticata, dico io, con metodologia calvinista da Monti e Catricalà, ma alla fine colpirà strati della popolazione che solitamente già pagano da tempo lo scotto di un impoverimento generale dovuto proprio a questa ristrutturazione capitalistica senza infingimenti e senza ipocrisie. Purtroppo ormai, ciò che conta oggi rendere visibile in questa crisi, è l'ottuso tecnicismo riparatore ed efficientista che si vuole antiideologico ma che invece è la rappresentazione dell'ideologia nella sua fase più aggressiva. Raramente ho visto - ed ho 60anni - l'ideologia dominante capitalistico/finanziaria attivarsi in modo così spregiudicato ed aggressivo, contro ogni critica seria, tanto da far passare questa sua difesa quasi come una necessità diretta dalla natura umana. Questa ideologia, con più povere rappresentanze, sta facendo sentire i suoi effetti anche su quella che si definisce la “scena culturale”, producendo “un sedicente "nuovo corso" della cultura cittadina (quell´applicazione del sistema delle spoglie che ha dato vita al Mercadante a un retrivo "cambio di stagione" . Sono pienamente d’accordo con Carillo, ma mi allontano un poco dalle sue valutazioni quando dalla scena teatrale, che lui conosce con grande competenza di storia e di frequentazioni ( Moscato, ma perché dimenticare Autiero?)  si accinge a scrivere della sfera dell’arte contemporanea. Anche qui lui sceglie un nome preciso tra tanti: Amelio, Lucio Amelio, anche qui una Napoli che, pure per chi scrive era una Wunderkammer barocca   già alla fine dei settanta e per tutti gli anni ottanta e che – e qui non mi trovo più con lui – sparì all’inizio dei novanta, quando dai movimenti culturali ed dagli artisti, la scena teatrale e artistica contemporanea divenne appannaggio di mestieranti dei politburo delle segreterie di partito. Non è certo  un caso se Cicelyn “senza vantare un pedigree accademico o di soprintendenza” è poi diventato il direttore del MADRE e non è certo un caso se “da più parti, il Madre è percepito e rappresentato solo come un fossile dell´era bassoliniana e Cicelyn come una zavorra”. Io non condivido quando Carillo scrive : “Il Madre è l´istituzione in cui Napoli si confronta con la scena contemporanea delle arti, provando a ripetere, con le varianti dettate da un grande spazio espositivo, lo schema della galleria di Amelio che tanta parte ebbe nell´apprendistato di Martone e di Falso Movimento”. Non condivido questa affermazione perché essa distorce la realtà: la galleria di Lucio Amelio, ma mi viene da citare quella di Lia Rumma o di Pasquale Trisorio hanno giocato un ruolo di attrattori culturali autonomi che interagivano realmente con la scena artistica contemporanea internazionale. Erano spazi autentici dove ogni vernissage  era un happening, un evento unico nel quale si incontravano: artisti, intellettuali, pubblico d’arte, curiosi e non certo eventi calati dall’alto controllati da scelte di una sola persona secondo la moda del momento o le conoscenze del momento o le simpatie del momento.  E anche questa storia della “dissacrazione” dell’idea di museo che apre “lo spazio a fruizioni impensabili che hanno suscitato reazioni scomposte, non necessariamente in buona fede”: si sta forse parlando della discoteca Madrenalina? Qualcuno mi spieghi dov’ è la similitudine di, per esempio, un evento come l’incontro tra Warhol e Beyeus nella galleria di Amelio e dopo al City hall cafè e le serate danzanti al MADRE. No, non ci sto con questo racconto! E non mi interessano neanche le mediocrI scelte culturali fatte dai governanti attuali, insomma non vedo grande differenza tra il prima e il dopo  e proprio per questo a Napoli non succede più nulla di interessante da un ventennio a questa parte e tutto viene fatto o per soldi o per clientele. Ora, in questo degrado generale c’è chi come Cicelyn ha la presunzione di scrivere: “se colpiscono me, vogliono in realtà colpire il museo e l’arte contemporanea”. Io non so che fine farà il museo MADRE, mi piacerebbe che diventasse veramente un museo svincolato dalla Regione Campania ed affidato alla gestione organizzativa del Ministero dei Beni Culturali o della Soprintendenza, né mi interessano le scelte proposte dal “ nuovo corso” (sic!) politico regionale attuale, ma certo, per Cicelyn, sarebbe più umile e dignitoso tacere piuttosto che proporsi come l’incarnazione dell’arte contemporanea.

Franco Cuomo

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