NEW YORK – Dopo aver ispirato la recente
«svolta Rooseveltiana» del presidente Barack Obama in Kansas, Occupy Wall
Street (Ows) organizza massicce proteste per bloccare i porti della West
Coast, da Oakland a Portland a Vancouver, minacciando persino di rovinare la
festa al partito dell’asinello alla prossima Convention democratica del 2012.
«Dopo gli sfratti e con l’arrivo dei rigori invernali il movimento è più forte
che mai - spiega al Corriere il 58enne docente di Princeton Cornel West -. Il
potere può sfrattare corpi, non un’idea, una visione, un magnifico risveglio
collettivo delle coscienze democratiche che ha contagiato ogni angolo del Paese.
Il genio è uscito dalla bottiglia e non puoi più farlo rientrare».
Laurea magna cum laude a Harvard conseguita in tre anni, una
carriera accademica in università quali Yale e la Sorbona, trenta libri tra
cui La Razza Conta (Feltrinelli) e La Filosofia Americana (Editori
Riuniti), 25 film e tre album parlati, (di cui uno, Never Forget, con
Prince) il filosofo-scrittore-critico-attore-attivista West è, insieme a Henry
Louis Gates Jr. il più autorevole intellettuale nero d’America. Ciò non gli ha
impedito di finire per ben due volte dentro, il 16 ottobre a Washington durante
una manifestazione di Occupy D.C. e cinque giorni dopo ad Harlem mentre
protestava con i giovani di OWS. «Ho partecipato a tanti raduni del movimento,
da Amsterdam a Seattle, da Oakland a San Francisco e Portland - spiega West -,
nessuno prima di me aveva portato la protesta in un scalino tanto alto della
Corte Suprema di Washington».
Che cosa intende dire?
«Pochi sanno che non esiste la libertà di
parola sui gradini della Corte Suprema, dove è vietato protestare. Mi hanno
arrestato perché ho osato improvvisarvi un’arringa».
Come l’hanno trattata in carcere?
«A Washington sono rimasto in una
cella sovraffollata per 25 ore, senza cibo e solo un bicchiere d’acqua. Nella
prigione di Harlem ci siamo divertiti a cantare e discutere di politica.
L’America ha avuto due rivoluzioni: contro la monarchia nel 1775 e contro la
schiavitù nel 1860. Questa è la terza rivoluzione americana: contro
l’oligarchia».
Secondo alcuni analisti Ows rischia di essere spazzato via.
«Ma se
ha già vinto nel modo in cui è riuscito a plasmare il dibattito pubblico! Oggi
non c’è tv, giornale e candidato dell’establishment che non parli di
avidità del capitalismo, redistribuzione della ricchezza e lobby
compra-politica. Alle presidenziali del 2008 la parola-chiave dei candidati era
middle class; oggi è povertà».
Secondo la scrittrice Naomi Wolf per guadagnare influenza e non morire il
movimento deve registrare voti.
«Quell’argomentazione parte dal
presupposto, errato, che l’unica politica vera è elettorale e ignora che esiste
una politica della piazza, dei movimenti sociali e della disobbedienza civile.
In un’America bipartisan in cui il Partito dei cattivi repubblicani e
quello senza spina dorsale dei democratici sono entrambi legati ai plutocrati di
Wall Street, vogliono farci credere che per essere rilevanti dovremmo
assimilarci al loro sistema politico corrotto e disfunzionale».
Meglio creare un «partito» alternativo, allora?
«Per mettere in
crisi lo status quo, spingendo i politici a fare concessioni, basta una
disobbedienza civile prolungata alla King Jr. I partiti rispondono solo se
minacciati. E non parlo certo di violenza. Il futuro del movimento è come il
jazz: meglio l’improvvisazione del dogmatismo».
Si possono paragonare movimento per i diritti civili e Ows?
«Certo. Ma mentre il primo aveva leader riconoscibili, l’avversione
viscerale per le gerarchie tipica di Ows rende ciò impossibile. Un fatto secondo
me positivo, perché manca una figura che potrebbe essere corrotta
dall’establishment o perseguitata dalla polizia».
Come giudica l’operato di Bloomberg verso il movimento?
«Il
sindaco newyorchese ha comperato le elezioni e il suo cuore batte per Wall
Street. Anche se possiede una sensibilità libertaria, disprezza il movimento».
E il Presidente Obama?
«E’così abile che incorporerà sempre di più
le tematiche di Ows, penserà che lo aiuteranno a vincere nel 2012. Gesti vuoti:
il suo braccio destro resta Timothy Geithner, che, come rivela Ron Suskind in
Confidence Men, è noto come il nostro uomo a Washington tra i big di Wall
Street».
Come giudica la copertura dei media?
«Il New York Times si è
svegliato tardi ma grazie a Paul Krugman ha svolto un ruolo cruciale a favore
del movimento. Le testate di Rupert Murdoch ci disprezzano».
Lei si sente la voce morale del movimento?
«No. Per usare un’altra
metafora del jazz direi che sono una voce che s’intreccia alle altre, aiutandole
ad essere ascoltate. Duke Ellington non sarebbe stato il duke senza Johnny
Hodges e Brother Gonzales».
Esiste una colonna sonora del movimento?
«I tamburi che suonavano
24 ore al giorno a Zuccotti Park, scatenando polemiche perché troppo rumorosi.
Quel drumming poliritmico non è riducibile ad alcun genere R&B, hip
hop o rock. E’ una musica nuova e improvvisata che è qui per stare».
12 dicembre 2011
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