martedì 13 dicembre 2011

Marco Palasciano e il dilemma (indotto) dell'importanza della filosofia oggi



Un mio geniale amico Marco Palasciano da Capua, mi ha inviato un velocissimo quanto stringatissimo sms, cosa insolita per la sua scrittura ricca di raffinati benché a volte urticanti arcaicismi, che però riscattano lo spirito e il linguaggio del mesto imbesuimento e dalla riprovevole mediocrità del contemporaneo. Il messaggio è questo:
Salve! come devo fare col mio assistente che in nome della scienza disprezza la filosofia? La definisce vuota chiacchiera ecc., ed esalta la scienza come sola forma di conoscenza valida, per la sua "estrema logica e coerenza"... Devo aspettare che il giovinetto esca dalla fase positivista? O far uscire essa dal suo cranio a bastonate? Mi manda in bestia ( vedasi commenti di Palasciania.Splinder.com ). Baci disperati”.
Cosa posso risponderti caro Marco? Il tuo giovane assistente ha ragione e torto insieme. A ben guardare partendo dalla consapevolezza, maturata nel pensiero contemporaneo,  che se tutto il discorso filosofico della modernità è incentrato sul metodo e sulla costruzione e/o costituzione del linguaggio, e del suo senso e dunque ci troviamo di fronte o ad una filosofia del linguaggio allora forse il tuo assistente ha ragione. Sia chiaro! Non vuota chiacchiera…forse, ma chiacchiera piena, il più delle volte autoreferenziale, incomprensibile, criptica e volutamente escludente ed elitaria. Una concezione della filosofia, questa che, oggi diventa di difficile comprensione e non aiuta a generare interesse, soprattutto in un’epoca come la nostra nella quale si assite ad una decadenza del linguaggio inteso come spressione comunicativa della lingua, a tutto vantaggio di un primitivo/primario ritorno all’iconismo, soprattutto per le giovani generazioni. A questo aggiungi il proliferare di una tecnologia che interagisce e determina modelli linguistici legati a quell’iconismo di cui sopra e ti sarà più semplice comprendere la diffidenza del tuo giovane assistente. Certamente poi, l’approccio metodologico a questo tipo di filosofia che ha dominato il novecento (il primo), parlo della filosofia analitica, utilizzato come uno strumento d'indagine che possa emendare il linguaggio dalle sue ambiguità, dalle sue intrinseche contraddizioni e perplessità, proponendosi come un metodo teso a disvelare l'origine di alcuni problemi "filosofici" da un utilizzo idiosincratico delle forme linguistiche, non ha aiutato alla diffusione e all’avvicinamento. Quello che invece andrebbe spiegato al tuo giovane assistente e tu, potresti farlo con raffinato eclettismo, è che la sua idea di scienza come sola forma di conoscenza possibile è semplicemente una credenza, una mitologia, al pari dei racconti favolistici di qualsiasi epoca passata o meglio ancora una ideologia. Non c’è dubbio che la scienza contemporanea, sviluppatasi alla fine del cinquecento attraverso il passaggio dell’alchimismo e del naturalismo rinascimentale, abbia, conseguentemente agli sviluppi della tecnica, fatto progressi giganteschi ( quando dico questo penso in genere soprettutto alla medicina ), ma rispetto alla concezione del mondo e dell’universo e dell’uomo e della sua origine potresti raccontargli che  poco è stato fatto rispetto alle concezioni di Leucippo e di Democrito o rispetto a quelle di Bernardino Telesio o di Giordano Bruno, se non una innovazione dei modelli linguistici e/o matematico fisici che hanno solamente cambiato gli scenari della rappresentazione, ma che non hanno modificato di gran che quello che l’umanità su se stessa conosce da sempre: le cosmogonie contemporanee non sono poi così diverse dai racconti mitici e la fisica delle particelle non è poi così lontana dalla metafisica. Sia chiaro! Io non sono un avversatore della scienza ed anzi sostengo che tutto l’apparato disciplinare ad essa legato, mi riferisco agli insegnamenti elementari di chimica, scienze naturali, biologia, fisica, dovrebbe essere meglio insegnato nelle scuole italiane, dove per molti decenni si è coltivato il culto della cultura umanistica, includendo in essa erroneamente, anche la filosofia. Quello che mi sforzo invece costantemente di denunciare è il modello di scienza come Weltanschauung, per il quale , essa la scienza sarebbe l’unico approccio possibile alla conoscenza ed anzi dovresti sforzarti di fargli capire che se esistono due termini per definire due concetti apparatememente simili, ma in realtà diversissimi: scienza e conoscenza, un motivo certamente ci sarà. Ecco! Dovresti dire al tuo giovane amico che la filosofia si incunea o cerca il tramite per definire o…in alcuni casi, raggiungere la conoscenza. Per chi ti scrive, poi, la filosofia ha anche il compito di costruire un progetto politico di emancipazione,  penso come esempio alla filosofia ultima di un mio maestro: Gianni Vattimo, che è essenzialmente una filosofia etico-politica insieme all’’ermenutica che rappresenta per l’autore di Oltre l’interpretazione la migliore filosofia sulla cui base costruire questo progetto politico di emancipazione. Ma penso anche alle molte difficoltà che spesso il dibattito contemporaneo ingenera a chi solo volesse per curiosità avvicinarsi ad esso: penso a certe speculazioni di Paolo Flores D’Arcais, sull’ultimo numero di MicroMega, o a certe derive misticheggianti dell’ultimo Cacciari, ma anche a certe riprese immaginifiche o immaginarie di Richard Rorty, che pure ho molto condiviso o del “divenire favola del mondo” della narrazione nicciana” col rispetto dovuto a Vattimo, che però ultimamente preferisco nella pragmatica neocomunista. Devi dire al tuo giovane assistente, che la filosofia non ha niente a che fare con la scienza e che lui, se vuole, può coltivare l’amore e l’interessa per quest’ultima, ma che la filosofia  aiuta e rispondere a certe domande che non portano a  vuote o banali riflessioni astratte, ma importanti problemi di convivenza sociale del nostro tempo. È possibile una fondazione razionale del pensiero pratico? Esiste una morale razionalmente ‘vera’? Se sì, in che modo vi si può risalire dal momento che la storia non ci dà testimonianza di una sola norma universalmente accettata in tutte le società di Homo sapiens? E se no, come è possibile salvarsi dal nichilismo e dalla legge del più forte? Insomma caro Marco, esiste ancora una necessità della filosofia ed esiste oggi più che mai ed io e te lo sappiamo, purtroppo non lo sanno gli altri  perché quei linguaggi o quel linguaggio al quale facevo riferimento all’inizio, sono o si è incredibilmete degradato. L'essenza di questa crisi che stiamo vivendo tutti, come dice Jurgen Habermas in un "opuscoletto" come lui stesso lo ha definito e che il settimanale "Die Zeit" ha paragonato al testo di Kant "Per la pace perpetua", intitolato "Zur Verfassung Europas" (sulla Costituzione dell'Europa), è  quella di aver messo sullo stesso piano filosofia e discorsi da bar o in altre parole: sono in troppi a dire troppe cose e a dirle in maniera volutamente approssimativa, perché la gente non presta più attenzione alle parole. E infatti la caratteristica saliente di questa crisi è un crescendo di confusione: le responsabilità e i cambiamenti in atto sono percepiti in maniera sempre più vaga, tanto che le possibili alternative scompaiono dalla nostra visuale.  Servirebbe invece qualcuno capace di ridare un ordine ai problemi ovvero di ristabilire il posto alto alla filosofia e i filosofi ci sono. Dovresti consigliare al tuo giovane assistente di leggere Alain Badiou, per esempio o Étienne Balibar e Alain Brossat o Slavoj Zizek, ovvero pensatori che fanno partire le loro considerazioni filosofiche da ambiti diversissimi: il cinema, la psicoanalisi, la pratica dell’azione sociale. Dovresti provocarlo e svegliarlo dall’imbesuimento che la scienza sia tutto, pensiero per altro, anche un poco superato e non condiviso né dagli scienziati, né dagli epistemologi, se non ci riesci no so cosa altro suggerirti che non ti abbia suggerito. Oppure digli solamente che la filosofia è un grande valore sempre e soprattutto oggi. Sarei tentato di dire che è più significativo e importante ora di quando ho cominciato ad interessarmene io. I problemi sono cresciuti, il mondo si è reso più complesso e davanti alla sua comprensione le soluzioni semplici falliscono sempre e ancora di più quelle mitologiche ( come lui intende la sua scienza) fondate su eccessi di speranza e di trasformazione totale dell'uomo. In una situazione di disagio e di difficoltà il richiamo e la considerazione del carattere plurimo dei problemi, dell'assenza di soluzioni facili è una grande ricchezza data dalla filosofia; è una lezione grande che i classici ci danno sempre, basta leggerli. Con le soluzioni facili, antifilosofiche per eccellenza, bisogna ricordare che il mondo rischia molto, visto che queste possono avere ripercussioni non prevedibili. Indubbiamente la filosofia ci mette a confronto con il senso di precarietà e di complessità e lo insegna ai giovani che vi si accostano. Ricordagli anche come ultima cosa che una prova valida rispetto a tutto cio che ho scritto è rappresentata dal fatto che i laureati in filosofia oggi e non sto parlando solo dell’Italia sono il secondo gruppo dei più occupati, e questo mi fa ben sperare. Un caro abbraccio, non disperato.
Franco Cuomo

7 commenti:

  1. *_* O miei dèi! questa sì ch'è una risposta genuina, ricca, utile, bella e da conservare! come potrò ringraziarti d'aver dedicato tanta cura a quella che ritenevo una questioncina da SMS? in ciò, nel dar 100 quand'è richiesto 1, si legge la serietà degli ideali e degli intenti di chi vive per cose come cultura, filosofia, arte e non le usa come paraventi dei suoi comodi (che è la dimensione di chi, richiesto di 1, dà 0,01); le tue parole mi saranno preziose e non si fermeranno all'uso nel dibattito col mio diletto assistente, ma le riuserò con gioia anche in qualche mia lezione-spettacolo, sicuro del loro effetto. Intanto confido che saranno per lui feconde di input vitali; ma, quand'anche al momento davanti a tanto restasse un pochino freddo per naturale anelasticità a breve termine, non dispero che col passare del tempo e dei pensieri giungerà infine a intendere la questione epistemica nel modo più corretto, per l'intelligenza che sempre egli dimostrò, a meno che ci diventi un genio del male e un distruttor d'ogni filosofia nel nome d'un insondabile diktat inconscio. Ossequi alati e alatissime grazie! grazie anche da parte sua, anche se in questo istante non sa ancora di questa tua lettera meravigliosa.

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  2. Avrei tantissime altre cose da dirle ma purtroppo si è fatto tardi e domattina ho da andare in conservatorio e devo alzarmi presto, tenevo con questa risposta semplicemente farle comprendere che non penso assolutamente che la Scienza sia l'unica fonte di conoscenza, ci mancherebbe altro, quanto invece che sia l'unica fonte di "vera" conoscenza, espressione da intendere nel contesto in cui di ciò parlavo nel blog di Marco, e cioè sostanzialmente ad una conoscenza relativa alla Natura, alla Realtà fisica e alle sue leggi, la cui ultima parola non può, a mio avviso, che essere affidata ad essa. Per tutto il resto, filosofia, etica, politica e quanto'altro per me è fondamentale che ad essere scientifici siano l'approccio ed il modus operandi, ma non pretendo certo di dire che non siano fonti di conoscenza. Debbo ahimè salutarla, la ringrazio ancora infinitamente per la lettera, terrò bene a mente i consigli sulle letture suggeritemi.

    Antonio Faenza

    PS: per questioni di spazio, ho dovuto "sdoppiare" il messaggio.

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  3. Ehm, chiedo venia: per sbaglio ho inserito la prima parte dello "sdoppiamento" dopo la seconda, anzichè il contrario. Scusate!

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  4. Aiuto, che fine ha fatto la prima parte del mio messaggio? O_O

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  5. Forse non è stato pubblicato perchè troppo lunga anche la prima parte: allora provo a sdoppiare anche questa... :-S

    Gentile prof. Cuomo, la ringrazio innanzitutto per la sua ricca e garbata lettera, solo il fatto di aver perso del tempo prezioso sottratto al suo lavoro per rispondere ad un giovane ventiquattrenne ancora "in erba" le fa onore ed è motivo, da parte mia, già di profondo rispetto nei suoi confronti pur non avendo (ancora) avuto l'opportunità di conoscerla personalmente.
    Tengo innanzitutto a precisare che "di professione", anche se professore ancora non sono, mi dedico allo studio della chitarra classica e della musica d'arte più in generale, cioè in altre parole sono un musicista, un aspirante artista, per capirci, e la mia passione ed elevata considerazione per le scienze è dovuta soltanto alla mia formazione liceale, di stampo in larghissima misura scientifico, e alle letture successive che ho intrapreso autonomamente (non avendo continuato gli studi sul versante scientifico, ma spero di rimediare in futuro), che continuo a coltivare tuttora (e, temo, povero Marco, mai smetterò di coltivare). A tal proposito, e cioè alle mie personalissime letture, abituato ad avere una certa considerazione per i fondamenti del linguaggio e del modo (troppo spesso distratto rispetto anche ai più elementari caratteri di logicità e coerenza) in cui viene sfruttato nelle più disparate discipline dello scibile (e la mia critica è diretta proprio al linguaggio che è di uso comune in filosofia, laddove non mi pare di scorgere una, non dico collettiva, ma almeno generalizzata volontà di stabilire una volta per tutte il significato proprio semantico di certi concetti, preferendo invece, ciascun filosofo, autocostruirsi il suo), la parte del suo discorso che più sento vicina non può che essere quella che ha a che fare con questo, e cioè "A ben guardare partendo dalla consapevolezza, maturata nel pensiero contemporaneo, che se tutto il discorso filosofico della modernità è incentrato sul metodo e sulla costruzione e/o costituzione del linguaggio, e del suo senso e dunque ci troviamo di fronte o ad una filosofia del linguaggio allora forse il tuo assistente ha ragione. Sia chiaro! Non vuota chiacchiera…forse, ma chiacchiera piena [...]". Sia chiaro, non sono ancora -per fortuna, mi vien da dire, dato che molti dei più noti "logici" passarono svariati periodi della loro vita in cura presso cliniche psichiatriche- un tecnico dell'argomento, ma posso dire di essermi formato quantomeno una cultura generale leggendo Russell e Goedel innanzitutto e, non potendo purtroppo acquistare troppi libri, qualche frammento qui e lì sulla rete sul pensiero di Wittgenstein, Carnap, Tarski, Quine e più in generale di quei filosofi/logici/matematici riconducibili al noto Circolo di Vienna del primo Novecento. Sono estremamente attratto dal loro modo di "filosofare", se così si può definire, in quanto fanno uso di un linguaggio estremamente rigoroso, incredibilmente coerente, insomma potremmo dire scientifico, e se la filosofia si esprimesse sempre così io francamente non avrei nulla contro di essa. (segue)

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  6. Stesso discorso per la filosofia etica e politica cui lei ha accennato! Ritengo che occorra avere atteggiamento scientifico, direi paradossalmente "soprattutto", anche per tutte le questioni legate ai valori etici, al comportamento sociale e civile dell'uomo tra gli uomini (e non solo), ben consapevole o, se volete, convinto, che un'etica universale non esista benchè non nego sia altamente utile (proprio scientificamente) crearne "una" ad hoc, sempre con atteggiamento il più razionale possibile, che miri al bene collettivo, a rendere serena, pacifica e tranquilla la convivenza fra gli uomini, ecc.
    In questo senso credo sia fondamentale il monumentale apporto non solo tecnico, ma anche divulgativo rispetto a certe tematiche non strettamente scientifiche degli scritti di Bertrand Russell, per il momento a mio avviso una personalità centrale, forse la più "esemplare" nel Novecento per il mio modo di vedere le cose, non solo per quanto concerne argomenti prettamente scientifici.

    (per il seguito occorre ritornare al mio primo post, che confusione :-S)

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  7. Caro Antonio,
    I tuoi commenti li ho ricevuti tutti e, tutti letti con grande interesse. Posso solo dirti, per esperienza, che ti capiterà col tempo anche di cambiare idea circa lo scientismo che pratichi con tanto entusiasmo, come a me più volte è capitato di cambiare maestri e pensiero. Sarebbe molto deprimente se ció non succedesse. Tra i 16 e i 20 ho amato Russel di Storia della filosofia occidentale, tra i 20 e i 30 Adorno, horkheimer e Marcuse, tra i 30 e i 40 Foucault, Derrida e Lacan, in questa traccia di pensieri diversi, forse l'unico estraneo era - per tradizione- Bertrand Russel, un analitico e per giunta inglese, rispetto agli altri, tutti continentali e tutti cin un unico denominatore comune, il confronti costante con Nietzsche e Heidegger. Ora li contengo tutti e spesso ritorno su tutti, prosegui i tuoi studi con furore e passione , presta fede alle tue idee, ma cambia con la consapevolezza di non consumare mai tradimenti bensì appagare solo curiosità . Un caro saluto

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