venerdì 30 dicembre 2011

Tra l'apologia e l'incarnazione: ma non sarebbe meglio tacere?



io tutelo IL madre


Sono stato colpito dall’articolo di Gennaro Carillo “ Napoli. Apologia di Eduardo Cicelyn” e sono stato colpito ancora di più dal tono dimesso di una brevissima considerazione dello stesso Cicelyn. Un tono, devo dire, insolito per chi è stato abituato per anni ad un’arroganza e presunzione sprezzanti. Un tono e una nuova condizione che però non gli hanno fatto acquistare una più consona umiltà, tanto da fargli scrivere: “ Cioè ho pensato che finalmente qualcuno ha capito che il MADRE è una cosa importante. E che, se colpiscono me, vogliono in realtà colpire il museo e l’arte contemporanea”. Ritornerò in seguito su questa affermazione, voglio soffermarmi invece di più su altre riflessioni che il bell’articolo di Carillo spinge a fare. Condivido in toto tutta la sua analisi sulla “liberalizzazione” e sul fatto che questa spinta a “liberare il mercato” avrà anche radici di “austera determinazione” praticata, dico io, con metodologia calvinista da Monti e Catricalà, ma alla fine colpirà strati della popolazione che solitamente già pagano da tempo lo scotto di un impoverimento generale dovuto proprio a questa ristrutturazione capitalistica senza infingimenti e senza ipocrisie. Purtroppo ormai, ciò che conta oggi rendere visibile in questa crisi, è l'ottuso tecnicismo riparatore ed efficientista che si vuole antiideologico ma che invece è la rappresentazione dell'ideologia nella sua fase più aggressiva. Raramente ho visto - ed ho 60anni - l'ideologia dominante capitalistico/finanziaria attivarsi in modo così spregiudicato ed aggressivo, contro ogni critica seria, tanto da far passare questa sua difesa quasi come una necessità diretta dalla natura umana. Questa ideologia, con più povere rappresentanze, sta facendo sentire i suoi effetti anche su quella che si definisce la “scena culturale”, producendo “un sedicente "nuovo corso" della cultura cittadina (quell´applicazione del sistema delle spoglie che ha dato vita al Mercadante a un retrivo "cambio di stagione" . Sono pienamente d’accordo con Carillo, ma mi allontano un poco dalle sue valutazioni quando dalla scena teatrale, che lui conosce con grande competenza di storia e di frequentazioni ( Moscato, ma perché dimenticare Autiero?)  si accinge a scrivere della sfera dell’arte contemporanea. Anche qui lui sceglie un nome preciso tra tanti: Amelio, Lucio Amelio, anche qui una Napoli che, pure per chi scrive era una Wunderkammer barocca   già alla fine dei settanta e per tutti gli anni ottanta e che – e qui non mi trovo più con lui – sparì all’inizio dei novanta, quando dai movimenti culturali ed dagli artisti, la scena teatrale e artistica contemporanea divenne appannaggio di mestieranti dei politburo delle segreterie di partito. Non è certo  un caso se Cicelyn “senza vantare un pedigree accademico o di soprintendenza” è poi diventato il direttore del MADRE e non è certo un caso se “da più parti, il Madre è percepito e rappresentato solo come un fossile dell´era bassoliniana e Cicelyn come una zavorra”. Io non condivido quando Carillo scrive : “Il Madre è l´istituzione in cui Napoli si confronta con la scena contemporanea delle arti, provando a ripetere, con le varianti dettate da un grande spazio espositivo, lo schema della galleria di Amelio che tanta parte ebbe nell´apprendistato di Martone e di Falso Movimento”. Non condivido questa affermazione perché essa distorce la realtà: la galleria di Lucio Amelio, ma mi viene da citare quella di Lia Rumma o di Pasquale Trisorio hanno giocato un ruolo di attrattori culturali autonomi che interagivano realmente con la scena artistica contemporanea internazionale. Erano spazi autentici dove ogni vernissage  era un happening, un evento unico nel quale si incontravano: artisti, intellettuali, pubblico d’arte, curiosi e non certo eventi calati dall’alto controllati da scelte di una sola persona secondo la moda del momento o le conoscenze del momento o le simpatie del momento.  E anche questa storia della “dissacrazione” dell’idea di museo che apre “lo spazio a fruizioni impensabili che hanno suscitato reazioni scomposte, non necessariamente in buona fede”: si sta forse parlando della discoteca Madrenalina? Qualcuno mi spieghi dov’ è la similitudine di, per esempio, un evento come l’incontro tra Warhol e Beyeus nella galleria di Amelio e dopo al City hall cafè e le serate danzanti al MADRE. No, non ci sto con questo racconto! E non mi interessano neanche le mediocrI scelte culturali fatte dai governanti attuali, insomma non vedo grande differenza tra il prima e il dopo  e proprio per questo a Napoli non succede più nulla di interessante da un ventennio a questa parte e tutto viene fatto o per soldi o per clientele. Ora, in questo degrado generale c’è chi come Cicelyn ha la presunzione di scrivere: “se colpiscono me, vogliono in realtà colpire il museo e l’arte contemporanea”. Io non so che fine farà il museo MADRE, mi piacerebbe che diventasse veramente un museo svincolato dalla Regione Campania ed affidato alla gestione organizzativa del Ministero dei Beni Culturali o della Soprintendenza, né mi interessano le scelte proposte dal “ nuovo corso” (sic!) politico regionale attuale, ma certo, per Cicelyn, sarebbe più umile e dignitoso tacere piuttosto che proporsi come l’incarnazione dell’arte contemporanea.

Franco Cuomo

giovedì 29 dicembre 2011

Le perplessità, i dubbi e le diffidenze dei VAS sulla delibera n.71 relativa alle antenne di telefonia mobile



In questi giorni è stata pubblicata la deliberazione n.71 del Consiglio Comunale del 15 dicembre u.s. relativa all’installazione organica di telefonia mobile. Ho letto con molta attenzione il testo degli interventi della professoressa Angela Barba e della dottoressa Arianna Verde, sui quali ho già avuto modo di esternare tutti i miei apprezzamenti, e, ho soprattutto esaminato gli indirizzi forniti dal Consiglio Comunale e compendiati in otto punti che mi piace trascrivere e riproporre testualmente.
1.     ) Impegnare l’Amministrazione ad elaborare un piano di verifica e di ottimizzazione dei campi elettromagnetici sul territorio comunale avvalendosi di enti e di strutture di livello universitario o equivalenti con competenza specifica nel settore al fine di stabilire la migliore tutela e il migliore equilibrio tra la presenza dei cittadini con particolare attenzione nei confronti delle arre più densamente popolate e di quelle frequentate dai bambini e ragazzi rispetto alle emissioni delle stazioni di telefonia mobile, individuando prioritariamente siti pubblici;
2.       Impegnare l’Amministrazione all’attivazione delle misure migliorative che dovessero emergere dal menzionato piano di ottimizzazione ;
3.       Realizzare prioritariamente la rete di monitoraggio almeno nelle parti e nei tempi in cui vengono attivati i nuovi impianti sul territorio;
4.      Aumentare il confronto con i cittadini su questo argomento e se possibile instaurare una collaborazione attiva che accerti il rispetto dei limiti di precauzione;
5.       Programmare una serie di iniziative divulgative per un uso corretto del terminale telefonico principalmente tra i minori e i giovanissimi allo scopo di sensibilizzare soprattutto i genitori verso questi strumenti di grande diffusione d utilità;
6.      Impegnare le società concessionarie Vodafone,Wind e Tim a procedere all’immediata installazione delle antenne in località Massaquano, Ticciano e Monte Faito;
7.       Il piano di ottimizzazione dovrà essere approvato nel tempo massimo di quattro mesi dalla data di pubblicazione della presente delibera, nelle more di tale termine disporre la sospensione dell’efficacia del procedimento e/o di autorizzazione relativo all’installazione delle antenne sul Palazzo Municipale;
8.      Stabilire che l’eventuale spostamento degli impianti in corso di installazione sulla Casa Comunale in altro sito in conformità e attuazione del piano di ottimizzazione di cui al punto uno, limitatamente a Vico centro, resta a cura ed onere dei gestori.

La lettura di questi otto punti, ha confermato gli aspetti positivi e negativi sui quali avevo già esposto alcune mie considerazioni sul post del 16 dicembre scorso. Le considerazioni positive restano quelle relative alla sospensione per quattro mesi di ogni intervento sulla Casa Comunale, nonché, e principalmente, le preoccupazioni espresse con molta proprietà di linguaggio, raffinata analisi  e senso di civiltà da parte della professoressa Angela Barba e dalla dottoressa Arianna Verde: senza alcun timore sostengo che  quell’aula di Consiglio Comunale, abbia per la prima volta percepito il senso autentico della democrazia e il senso del linguaggio e del pensiero come un tutt’uno con quei due interventi.
Permangono però purtroppo, a mio avviso, gli aspetti negativi di ciò che è stato deliberato e permane in me un senso di diffidenza e di sfiducia generale ( il mio pessimismo della ragione) su una possibile conclusione positiva della vicenda e, a questo proposito mi auguro di sbagliarmi.
Vorrei però evidenziare qualche assurda ed incomprensibile decisione, la più evidente tra queste è quella che, nel mentre l’Amministrazione Comunale si impegna ad elaborare ed approvare un Piano di Ottimizzazione dei  CEM ( Campi Elettromagnetici) sul territorio comunale ( punto 1) , si spingono le tre società di Vodafone, Wind e Tim ( punto 6)  a procedere all’immediata installazione delle antenne in località Massaquano, Ticciano e Monte Faito.  Mi chiedo: perché questa contraddizione? Queste tre località non fanno forse parte del territorio comunale? I cittadini di quelle zone non devono forse essere tutelati al pari di quelle di Vico centro?
 A questo proposito, e voglio insistere su questo,non si può non sottolineare ancora una volta, che tutti quelli che hanno approvato questi otto punti, sembrerebbero non voler prendere in seria considerazione l’esistenza di un regolamento per le installazioni delle antenne, varato  dal Consiglio Comunale nel 1999, che  a parere dei VAS, resta ancora valido a tutt’oggi.  
Come mi chiedo ancora, perché è stata del tutto esclusa la verifica di legittimità sollevata dal consigliere Dilengite in merito ai contratti di locazione stipulati senza preventiva gara ad evidenza pubblica? Perché questa ricerca prioritaria dei siti di proprietà pubblica, che rimane un’impresa sempre molto difficile da attuare senza creare disagi, mentre sarebbe del tutto compatibile l’individuazione di siti privati? Questi ultimi potrebbero essere più sicuri per la salute dei cittadini e potrebbero essere espropriati e resi di proprietà pubblica, con le spese a carico delle ricche società telefoniche.
Sono dunque questi, a mio parere, i punti poco chiari  questa delibera. Ci sarebbe poi un gesto significativo che andrebbe fatto immediatamente da parte della Giunta Comunale: l’inserimento nella Commissione Tecnica per la realizzazione del Piano di verifica per la Ottimizzazione, di un esperto tecnico indicato e pagato dal Comitato art. 32.
In mancanza di risposte a queste domande poste e di chiarimenti, le perplessità mie e dei VAS , diventeranno sempre più consistenti e permarrà quell’atteggiamento di sfiducia e di diffidenza verso il Sindaco e la sua Giunta, su un argomento così delicato che ancora una volta non verrebbe affrontato con serietà e trasparenza di intenti.

Franco Cuomo- VAS- Circola Aequa Vico Equense

martedì 20 dicembre 2011

Gli alberi tagliati a Faito e la latitanza dell'Ente Parco




Sul quotidiano METROPOLIS, oggi in edicola, ho letto la notizia della denuncia firmata WWF per la constatazione del taglio indiscriminato di alberi sul Monte Faito, ed in particolare di due grandi faggi secolari. Claudio D’Esposito mi aveva già segnalato la notizia qualche giorno fa ed io la diffusi, oggi però credo che si debba dire qualcosa in più, perché anche il Circolo VAS di Vico Equense si è occupato di questo grave problema. Domenica pomeriggio alla nota trasmissione di Licia Colò, “Alle falde del Kilimangiaro”, hanno ricordato Wangari Maathai soprannominata anche “la madre degli alberi”, prima donna africana premio Nobel per la pace, morta in Kenya a 71 anni, leader storica degli ambientalisti. Questa grande donna aveva  fondato il movimento Green Belt contro la deforestazione, mi sono immediatamente reso conto in che mondo di insensibilità e di barbarie ci troviamo a vivere noi e ancora di quanto lavoro ci resta da fare per la difesa degli alberi. Voglio ricordare pure che con il termine Green Belt (cintura verde), nel Regno Unito, si definisce una norma che regola il controllo dello sviluppo urbano. L'idea è che debba essere mantenuta, attorno ai centri abitati, una fascia verde occupata da boschi, terreni coltivati e luoghi di svago all'aria aperta, il cui scopo fondamentale è impedire la scomposta proliferazione di costruzioni che vadano ad inquinare questo spazio di rispetto. Anche su questo siamo nella notte dei tempi! A Vico Equense infatti ci si muove in direzione opposta e, per ritornare agli alberi di alto fusto tagliati a Faito devo segnalare una situazione a dir poco assurda che ho dedotto dalla lettura di una autorizzazione rilasciata dal Dirigente del Servizio Territorio il 7 dicembre u.s. per il taglio in via della Funivia a Faito, di tre essenze arboree di alto fusto  (pino nero)! In altri termini funziona così: una persona segnala al Comune che ci sono alberi da abbattere in quanto pericolosi per la pubblica e privata incolumità, ed allega una relazione agronomica a firma di un professionista ricercato dalla medesima persona! Il comune rilascia l’autorizzazione in quanto dà atto che – si riporta testualmente –“ la Presidenza dell’Ente Parco Regionale <<Monti Lattari>>, nel cui perimetro rientrano le alberature oggetto della presente, ha disposto verbalmente (sic!) che, nelle more dell’attribuzione del personale dell’Ente, il Comune possa continuare ad autorizzare i tagli delle alberature previa acquisizione di perizia agronomica
Tutto questo è veramente assurdo! L’Ente Parco dei Monti Lattari, come un novello Ponzio Pilato, si lava le mani di fronte ad un problema che lo dovrebbe vedere protagonista in primo piano e affida tutta la responsabilità al buon cuore del sindaco !
Questa è un’ingiustizia perpetrata nei confronti degli alberi e nei confronti di tutto l’ecosistema che va DENUNCIATA CON FORZA!
Nelle more di attribuzione di Personale o di non personale, i VAS  ritengono che gli alberi all’ interno del Parco dei Monti Lattari debbano essere protetti dall’Ente Parco e nessuno può procedere ad abbatterli senza l’esplicito consenso del Presidente dell’Ente, che in tal modo se ne assume tutta la responsabilità!
I VAS dunque, denunciando all’opinione pubblica e alle istituzioni preposte questa gravissima situazione, si rivolgono appunto, al Presidente in questione, al quale non si richiede la sensibilità verso gli alberi che aveva Wangari Maathai, ma per lo meno un minimo di rispetto per il ruolo e l’incarico ricoperto. I VAS chiedono al Presidente dell’Ente Parco, che non si protragga ulterioremente questo disinteresse per il nostro patrimonio boschivo e dunque attendono un cenno di risposta da parte del Presidente in carica.

Franco Cuomo –VAS. Verdi Ambiente e Società
Circolo AEQUA, Vico Equense.

venerdì 16 dicembre 2011

Il Consiglio Comunale a Vico Equense:ELETTROSMOG? NO! GRAZIE!



Ieri c’è stato il Consiglio Comunale aperto alla cittadinanza, così come era stato richiesto dalle minoranze. Il Consiglio Comunale è iniziato alle 15 invece che alle 14 come era stato invece previsto. Mi  preme qui  fare qualche considerazione solo rispetto ad uno dei punti all’ordine del giorno le antenne di telefonia mobile. Alle 16.20 si comincia a parlare delle antenne. Poi si è dato la parola, come convenuto alla prof Angela Barba, Presidentessa del Comitato ar.32 e alla dr.ssa Arianna Verde rappresentante del PD. Successivamente, alcuni interventi e poi il mastodontico (è durato 57 minuti), quanto prolisso,  pletorico e ripetitivo ( riportava quasi tutta la relazione dell’arch. Santamaria) intervento dell’assessore Antonio De Martino con tanto di video proiettore e personal in power point  Dopo una pausa di mezz’ora, c’è stata la proposta di una bozza unitaria di delibera “che sancisce la sospensione di qualsiasi procedimento amministrativo autorizzativo delle antenne nel centro storico, dando inoltre il via libera alle altre stazioni previste sul resto del territorio vicano.L'amministrazione si impegna a produrre un piano che, entro 4 mesi, individui i siti per coprire l'utenza del centro storico.Un gruppo di tecnici di livello universitario sarà interpellato sulla collocazione meno impattante per le popolazioni.La delibera è approvata all'unanimità. Questo risultato ha colpito tutti: l’incisività di un intervento tra tutti, smbra aver smosso le coscienze e gli animi.
C’è stata molta comprensibile  soddisfazione tra noi oppositori critici del progetto, per una battaglia che si sta portando avanti da più di un anno; io però, preferisco essere gramscianamente, sempre il solito pessimista: pessimista della ragione e ottimista della volontà. Per me, non e' una vittoria, ma si è solo vinta una battaglia: la guerra e' ancora in corso e bisogna stare attenti alle strategie.Va sempre sostenuta la ferna convinzione che il centro di Vico non ha da essere coperto da un bel niente perché non ci sono “siti per coprire l'utenza del centro storico” come è stato affermato da qualcuno. Il centro di Vico è già ben servito e dunque : ELETTROSMOG? NO GRAZIE!
Chi scrive é però ancora molto scettico e scusatemi se freno l’entusismo e turbo l’euforia di questo momento. I punti di questa delibera dovranno essere letti  attentamente perché  molte sono le cose che dovrebbero essere chiarite. Intanto il regolamento che si andrebbe ad approvare sarrebbe opportuno che fosse approvato dal Consiglio Comunale e non dalla sola Giunta e questo mi sembra che non sia stato sancito da nessuna parte. Poi questo regolamento terrebbe conto del vecchio? Sarebbe integrato a quello esistente che mai, e ripetomai,  è stato menzionato in questo progetto? E ancora il Piano di zonizzazione includerà le scelte già fatte per i siti di Massquano, Ticciano, Faito? E cosa significa quando il Sindaco sostiene la necessità di utilizzare solo edifici pubblici? Significa che vuole fare cassa, e questo si capisce, ma quali sarebbero gli edifici pubblici  che vorrebbe utilizzare? la Casa Comunale, le scuole, i campi sportivi ? Insomma la richiesta sembrerebbe essere ancora molto ambigua. E se poi a Giunta dovesse presentare da qui a quattro mesi un piano di zonizazzione e il regolamento già fatto, adducendo che non ha fatto niente altro che seguire l’iter proposto in questa delibera approvata all’unanimità dal Consiglio Comunale e in quel regolamento e quel piano non si sarà spostata di una virgola la situazione attuale ? Che si farà a quel punto? Quattro mesi di sospensiva amministrativa per preparare una zonizzazione e un regolamento non sono molti e potremmo trovarci ad aprile prossimo con lo stesso problema: le antenne posizionate sulla casa comunale e in più tutte quelle installate nei siti alti ( Ticciano, Massaquano, Faito ) anche se per questi- al momento- non è partito ancora niente. Vorrei poi ancora evidenziare che ci sarebbe da dire molto sulla commissione di specialisti: chi la sceglierà? L'amministrazione? E la minoranza potrà dire la sua? Potrà cioè decidere di far entrare tecnici o specialisti proposti da loro ? Dunque non mi entusismerei tanto! La prima cosa che c’è da fare è leggere attentamente tutti gli otto punti della delibera e tenere altissima la guardia, i due arieti da sfondamento -  Il sindaco Cinque e l’Assessore De Martino più tutti i Consiglieri - non mi sembrano rassegnati. Insomma da come si può vedere, molti sono i punti di debolezza di questa posizione. Dunque mi accontento di dire che abbiamo vinto una battaglia, e l'abbiamo vinta,  grazie soprattutto  all'incisività e alla passione senza enfasi, alla raffinatezza ed alla grazia espositiva e alla cultura dell' intervento della Presidentessa Angela Barba ( alto profilo morale ed eleganza, come la Presidentessa de Tourvel mi verrebbe da dire), che ha sbaragliato, annichilito e svergognato l'ottusa rozzezza del gruppo di maggioranza, o ha smosso le coscienze e gli animi di qualcuno di loro, ma  sono ancora moltissime le cose da fare.

Franco Cuomo – Circolo VAS Vico Equense


giovedì 15 dicembre 2011

Colazione con Mick Jagger







Colazione con Mick Jagger, Nathalie Kuperman, 
Del Vecchio Editore 2010 pp. 96, euro 12 



Nathalie vive da sola in un appartamento a Parigi. Aspetta Mick Jagger per la colazione. Lo aspetta dal giorno in cui a otto anni ha subito una violenza sessuale.
Abbandonata dal padre, rimasta sola con la madre, è lei la voce narrante di Colazione con Mick Jagger: breve romanzo confessione di Nathalie Kupermann, scrittrice francese, molto nota in patria, che viene presentata per la prima volta in Italia da Del Vecchio Editore.
Il corpo sensuale di Mick Jagger, icona del rock degli anni sessanta, diventa l’oggetto dell’amore di Nathalie, il sostitutivo a tutte le sue mancanze. Mick a volte appare, altre volte invece non si fa vedere e lascia Natahalie da sola nella cucina. Lui è il motore dell’evasione. Il primo mattone di una realtà che Nathalie costruisce attorno a vuoti della sua giornata. Nella tenerezza di quel rito mattutino – Nathalie si sveglia prima di tutti per preparare la colazione – si scopre il suo reale bisogno di affetto.
La musica dei Rolling Stones accompagna il racconto. É il tentativo di evadere il ricordo di una violenza. Ma tutto è ormai compromesso. Per Natahalie di tredici anni, come per la donna che adesso vive sola in un appartamento a Parigi e sente che qualcosa l’ha separata da tutto.
Una romanzo intenso e poetico di una scrittrice che indaga fino in fondo le ferite dell’anima.

mercoledì 14 dicembre 2011

«Occupy Wall Street è più forte che mai Il potere può sfrattare i corpi, non le idee» di Alessandra Farkas





NEW YORK – Dopo aver ispirato la recente «svolta Rooseveltiana» del presidente Barack Obama in Kansas, Occupy Wall Street (Ows) organizza massicce proteste per bloccare i porti della West Coast, da Oakland a Portland a Vancouver, minacciando persino di rovinare la festa al partito dell’asinello alla prossima Convention democratica del 2012. «Dopo gli sfratti e con l’arrivo dei rigori invernali il movimento è più forte che mai - spiega al Corriere il 58enne docente di Princeton Cornel West -. Il potere può sfrattare corpi, non un’idea, una visione, un magnifico risveglio collettivo delle coscienze democratiche che ha contagiato ogni angolo del Paese. Il genio è uscito dalla bottiglia e non puoi più farlo rientrare».

Laurea magna cum laude a Harvard conseguita in tre anni, una carriera accademica in università quali Yale e la Sorbona, trenta libri tra cui La Razza Conta (Feltrinelli) e La Filosofia Americana (Editori Riuniti), 25 film e tre album parlati, (di cui uno, Never Forget, con Prince) il filosofo-scrittore-critico-attore-attivista West è, insieme a Henry Louis Gates Jr. il più autorevole intellettuale nero d’America. Ciò non gli ha impedito di finire per ben due volte dentro, il 16 ottobre a Washington durante una manifestazione di Occupy D.C. e cinque giorni dopo ad Harlem mentre protestava con i giovani di OWS. «Ho partecipato a tanti raduni del movimento, da Amsterdam a Seattle, da Oakland a San Francisco e Portland - spiega West -, nessuno prima di me aveva portato la protesta in un scalino tanto alto della Corte Suprema di Washington».

Che cosa intende dire? 
«Pochi sanno che non esiste la libertà di parola sui gradini della Corte Suprema, dove è vietato protestare. Mi hanno arrestato perché ho osato improvvisarvi un’arringa».


Come l’hanno trattata in carcere?
«A Washington sono rimasto in una cella sovraffollata per 25 ore, senza cibo e solo un bicchiere d’acqua. Nella prigione di Harlem ci siamo divertiti a cantare e discutere di politica. L’America ha avuto due rivoluzioni: contro la monarchia nel 1775 e contro la schiavitù nel 1860. Questa è la terza rivoluzione americana: contro l’oligarchia».


Secondo alcuni analisti Ows rischia di essere spazzato via
«Ma se ha già vinto nel modo in cui è riuscito a plasmare il dibattito pubblico! Oggi non c’è tv, giornale e candidato dell’establishment che non parli di avidità del capitalismo, redistribuzione della ricchezza e lobby compra-politica. Alle presidenziali del 2008 la parola-chiave dei candidati era middle class; oggi è povertà».


Secondo la scrittrice Naomi Wolf per guadagnare influenza e non morire il movimento deve registrare voti. 
«Quell’argomentazione parte dal presupposto, errato, che l’unica politica vera è elettorale e ignora che esiste una politica della piazza, dei movimenti sociali e della disobbedienza civile. In un’America bipartisan in cui il Partito dei cattivi repubblicani e quello senza spina dorsale dei democratici sono entrambi legati ai plutocrati di Wall Street, vogliono farci credere che per essere rilevanti dovremmo assimilarci al loro sistema politico corrotto e disfunzionale».


Meglio creare un «partito» alternativo, allora?
«Per mettere in crisi lo status quo, spingendo i politici a fare concessioni, basta una disobbedienza civile prolungata alla King Jr. I partiti rispondono solo se minacciati. E non parlo certo di violenza. Il futuro del movimento è come il jazz: meglio l’improvvisazione del dogmatismo».


Si possono paragonare movimento per i diritti civili e Ows? 
«Certo. Ma mentre il primo aveva leader riconoscibili, l’avversione viscerale per le gerarchie tipica di Ows rende ciò impossibile. Un fatto secondo me positivo, perché manca una figura che potrebbe essere corrotta dall’establishment o perseguitata dalla polizia».


Come giudica l’operato di Bloomberg verso il movimento? 
«Il sindaco newyorchese ha comperato le elezioni e il suo cuore batte per Wall Street. Anche se possiede una sensibilità libertaria, disprezza il movimento».


E il Presidente Obama? 
«E’così abile che incorporerà sempre di più le tematiche di Ows, penserà che lo aiuteranno a vincere nel 2012. Gesti vuoti: il suo braccio destro resta Timothy Geithner, che, come rivela Ron Suskind in Confidence Men, è noto come il nostro uomo a Washington tra i big di Wall Street».


Come giudica la copertura dei media? 
«Il New York Times si è svegliato tardi ma grazie a Paul Krugman ha svolto un ruolo cruciale a favore del movimento. Le testate di Rupert Murdoch ci disprezzano».


Lei si sente la voce morale del movimento? 
«No. Per usare un’altra metafora del jazz direi che sono una voce che s’intreccia alle altre, aiutandole ad essere ascoltate. Duke Ellington non sarebbe stato il duke senza Johnny Hodges e Brother Gonzales».


Esiste una colonna sonora del movimento? 
«I tamburi che suonavano 24 ore al giorno a Zuccotti Park, scatenando polemiche perché troppo rumorosi. Quel drumming poliritmico non è riducibile ad alcun genere R&B, hip hop o rock. E’ una musica nuova e improvvisata che è qui per stare».


12 dicembre 2011 

martedì 13 dicembre 2011

La mistica del Capitalismo di Roberto Esposito, da Repubblica





"Nel capitalismo può ravvisarsi una religione, vale a dire, il capitalismo serve essenzialmente alla soddisfazione delle medesime ansie, sofferenze, inquietudini, cui un tempo davano risposta le cosiddette religioni". Queste fulminanti parole di Walter Benjamin – tratte da un frammento del 1921, pubblicato adesso nei suoi Scritti politici, a cura di M. Palma e G. Pedullà per gli Editori Internazionali Riuniti – esprimono la situazione spirituale del nostro tempo meglio di interi trattati di macroeconomia. Il passaggio decisivo che esso segna, rispetto alle note analisi di Weber sull'etica protestante e lo spirito del capitalismo, è che questo non deriva semplicemente da una religione, ma è esso stesso una forma di religione.

Con un solo colpo Benjamin sembra lasciarsi alle spalle sia la classica tesi di Marx che l'economia è sempre politica sia quella, negli stessi anni teorizzata da Carl Schmitt, che la politica è la vera erede moderna della teologia. Del resto quel che chiamiamo “credito” non viene dal latino “credo”? Il che spiega il doppio significato, di “creditore” e “fedele”, del termine tedesco Gläubiger. E la “conversione” non riguarda insieme l'ambito della fede e quello della moneta? Ma Benjamin non si ferma qui. Il capitalismo non è una religione come le altre, nel senso che risulta caratterizzato da tre tratti specifici: il primo è che non produce una dogmatica, ma un culto; il secondo che tale culto è permanente, non prevede giorni festivi; e il terzo che, lungi dal salvare o redimere, condanna coloro che lo venerano a una colpa infinita. Se si tiene d'occhio il nesso semantico tra colpa e debito, l'attualità delle parole di Benjamin appare addirittura inquietante. Non soltanto il capitalismo è divenuto la nostra religione secolare, ma, imponendoci il suo culto, ci destina ad un indebitamento senza tregua che finisce per distruggere la nostra vita quotidiana.

Già Lacan aveva identificato in questa potenza autodistruttiva la cifra peculiare del discorso del Capitalista. Ma lo sguardo di Benjamin penetra talmente a fondo nel nostro presente da suscitare una domanda cui la riflessione filosofica contemporanea non può sottrarsi. Se il capitalismo è la religione del nostro tempo, vuol dire che oltre di esso non è possibile sporgersi? Che qualsiasi alternativa gli si possa contrapporre rientra inevitabilmente nei suoi confini – al punto che il mondo stesso è “dentro il capitale”, come suona il titolo di un libro di Peter Sloterdijk (Il mondo dentro il capitale, Meltemi 2006)? Oppure, al di là di esso, si può pensare qualcosa di diverso – come si sforzano di fare i numerosi teorici del postcapitalismo? Intorno a questo plesso di questioni ruota un intrigante libro, originato da un dibattito tra filosofi tedeschi, ora tradotto a cura di Stefano Franchini e Paolo Perticari, da Mimesis, col titolo Il capitalismo divino. Colloquio su denaro, consumo, arte e distruzione. Da un lato esso spinge l'analisi di Benjamin più avanti, per esempio in merito all'inesorabilità del nuovo culto del brand. Tale è la sua forza di attrazione che, anche se vi è scritto in caratteri cubitali che il fumo fa morire, compriamo lo stesso il pacchetto di sigarette. Come in ogni religione, la fede è più forte dell'evidenza. Dior, Prada o Lufthansa garantiscono per noi più di ogni nostra valutazione. Le azioni cultuali sono provvedimenti generatori di fiducia cui non è possibile sfuggire. Non a caso anche i partiti politici dichiarano “Fiducia nella Germania” a prescindere, non diversamente da come sul dollaro è scritto “In God we trust”.

Ma, allora, se il destino non è, come credeva Napoleone, la politica, ma piuttosto l'economia; se il capitale, come tutte le fedi, ha il suo luoghi di culto, i suoi sacerdoti, la sua liturgia – oltre che i suoi eretici, apostati e martiri – quale futuro ci attende? Su questo punto i filosofi cominciano a dividersi. Secondo Sloterdijk, con l'ingresso in campo del modello orientale – nato a Singapore e di lì dilagato in Cina e in India – si va rompendo la triade occidentale di capitalismo, razionalismo e liberaldemocrazia in nome di un nuovo capitalismo autoritario. In effetti oggi si assiste a un curioso scambio di consegne tra Europa e Asia. Nel momento stesso in cui, a livello strutturale, la tecnologia europea, e poi americana, trionfa su scala planetaria, su quello culturale il buddismo e i diversi “tao” invadono l'Occidente. La tesi di Zizek è che tra i due versanti si sia determinato un perfetto (e perverso) gioco delle parti. In un saggio intitolato Guerre stellari III. Sull'etica taoista e lo spirito del capitalismo virtuale (ora incluso nello stesso volume), egli individua nel buddismo in salsa occidentale l'ideologia paradigmatica del tardo capitalismo. Nulla più di esso corrisponde al carattere virtuale dei flussi finanziari globali, privi di contatto con la realtà oggettiva, eppure capaci di influenzarla pesantemente. Da questo parallelismo si può trarre una conseguenza apologetica o anche una più critica, se riusciamo a non identificarci interiormente col giuoco di specchi, o di ombre cinesi, in cui pure ci muoviamo. Ma in ciascuno dei casi restiamo prigionieri di esso.

È questa l'ultima parola della filosofia? Diverremo tutti, prima o poi, officianti devoti del culto capitalistico, in qualsiasi versione, liberale o autoritaria, esso si presenti? Personalmente non tirerei questa desolata conclusione. Senza necessariamente accedere all'utopia avveniristica del Movimento Zeitgeist o del Venus Project – entrambi orientati a sostituire l'attuale economia finanziaria con un'organizzazione sociale basata sulle risorse naturali –, credo che l'unico grimaldello capace di forzare la nuova religione del capitale finanziario sia costituito dalla politica. A patto che anch'essa si liberi della sua, mai del tutto dismessa, maschera teologica. Prima ancora che sul terreno pratico, la battaglia si gioca sul piano della comprensione della realtà. Nel suo ultimo libro, Alla mia sinistra (Mondadori, 2011), Federico Rampini percorre lo stesso itinerario – da Occidente a Oriente e ritorno – ma traendone una diversa lezione. All'idea di “mondo dentro il capitale” di Sloterdijk è possibile opporre una prospettiva rovesciata, che situi il capitale dentro il mondo, vale a dire che lo cali dentro le differenze della storia e della politica. Solo quest'ultima può sottrarre l'economia alla deriva autodissolutiva cui appare avviata, governandone i processi ed invertendone la direzione.

Marco Palasciano e il dilemma (indotto) dell'importanza della filosofia oggi



Un mio geniale amico Marco Palasciano da Capua, mi ha inviato un velocissimo quanto stringatissimo sms, cosa insolita per la sua scrittura ricca di raffinati benché a volte urticanti arcaicismi, che però riscattano lo spirito e il linguaggio del mesto imbesuimento e dalla riprovevole mediocrità del contemporaneo. Il messaggio è questo:
Salve! come devo fare col mio assistente che in nome della scienza disprezza la filosofia? La definisce vuota chiacchiera ecc., ed esalta la scienza come sola forma di conoscenza valida, per la sua "estrema logica e coerenza"... Devo aspettare che il giovinetto esca dalla fase positivista? O far uscire essa dal suo cranio a bastonate? Mi manda in bestia ( vedasi commenti di Palasciania.Splinder.com ). Baci disperati”.
Cosa posso risponderti caro Marco? Il tuo giovane assistente ha ragione e torto insieme. A ben guardare partendo dalla consapevolezza, maturata nel pensiero contemporaneo,  che se tutto il discorso filosofico della modernità è incentrato sul metodo e sulla costruzione e/o costituzione del linguaggio, e del suo senso e dunque ci troviamo di fronte o ad una filosofia del linguaggio allora forse il tuo assistente ha ragione. Sia chiaro! Non vuota chiacchiera…forse, ma chiacchiera piena, il più delle volte autoreferenziale, incomprensibile, criptica e volutamente escludente ed elitaria. Una concezione della filosofia, questa che, oggi diventa di difficile comprensione e non aiuta a generare interesse, soprattutto in un’epoca come la nostra nella quale si assite ad una decadenza del linguaggio inteso come spressione comunicativa della lingua, a tutto vantaggio di un primitivo/primario ritorno all’iconismo, soprattutto per le giovani generazioni. A questo aggiungi il proliferare di una tecnologia che interagisce e determina modelli linguistici legati a quell’iconismo di cui sopra e ti sarà più semplice comprendere la diffidenza del tuo giovane assistente. Certamente poi, l’approccio metodologico a questo tipo di filosofia che ha dominato il novecento (il primo), parlo della filosofia analitica, utilizzato come uno strumento d'indagine che possa emendare il linguaggio dalle sue ambiguità, dalle sue intrinseche contraddizioni e perplessità, proponendosi come un metodo teso a disvelare l'origine di alcuni problemi "filosofici" da un utilizzo idiosincratico delle forme linguistiche, non ha aiutato alla diffusione e all’avvicinamento. Quello che invece andrebbe spiegato al tuo giovane assistente e tu, potresti farlo con raffinato eclettismo, è che la sua idea di scienza come sola forma di conoscenza possibile è semplicemente una credenza, una mitologia, al pari dei racconti favolistici di qualsiasi epoca passata o meglio ancora una ideologia. Non c’è dubbio che la scienza contemporanea, sviluppatasi alla fine del cinquecento attraverso il passaggio dell’alchimismo e del naturalismo rinascimentale, abbia, conseguentemente agli sviluppi della tecnica, fatto progressi giganteschi ( quando dico questo penso in genere soprettutto alla medicina ), ma rispetto alla concezione del mondo e dell’universo e dell’uomo e della sua origine potresti raccontargli che  poco è stato fatto rispetto alle concezioni di Leucippo e di Democrito o rispetto a quelle di Bernardino Telesio o di Giordano Bruno, se non una innovazione dei modelli linguistici e/o matematico fisici che hanno solamente cambiato gli scenari della rappresentazione, ma che non hanno modificato di gran che quello che l’umanità su se stessa conosce da sempre: le cosmogonie contemporanee non sono poi così diverse dai racconti mitici e la fisica delle particelle non è poi così lontana dalla metafisica. Sia chiaro! Io non sono un avversatore della scienza ed anzi sostengo che tutto l’apparato disciplinare ad essa legato, mi riferisco agli insegnamenti elementari di chimica, scienze naturali, biologia, fisica, dovrebbe essere meglio insegnato nelle scuole italiane, dove per molti decenni si è coltivato il culto della cultura umanistica, includendo in essa erroneamente, anche la filosofia. Quello che mi sforzo invece costantemente di denunciare è il modello di scienza come Weltanschauung, per il quale , essa la scienza sarebbe l’unico approccio possibile alla conoscenza ed anzi dovresti sforzarti di fargli capire che se esistono due termini per definire due concetti apparatememente simili, ma in realtà diversissimi: scienza e conoscenza, un motivo certamente ci sarà. Ecco! Dovresti dire al tuo giovane amico che la filosofia si incunea o cerca il tramite per definire o…in alcuni casi, raggiungere la conoscenza. Per chi ti scrive, poi, la filosofia ha anche il compito di costruire un progetto politico di emancipazione,  penso come esempio alla filosofia ultima di un mio maestro: Gianni Vattimo, che è essenzialmente una filosofia etico-politica insieme all’’ermenutica che rappresenta per l’autore di Oltre l’interpretazione la migliore filosofia sulla cui base costruire questo progetto politico di emancipazione. Ma penso anche alle molte difficoltà che spesso il dibattito contemporaneo ingenera a chi solo volesse per curiosità avvicinarsi ad esso: penso a certe speculazioni di Paolo Flores D’Arcais, sull’ultimo numero di MicroMega, o a certe derive misticheggianti dell’ultimo Cacciari, ma anche a certe riprese immaginifiche o immaginarie di Richard Rorty, che pure ho molto condiviso o del “divenire favola del mondo” della narrazione nicciana” col rispetto dovuto a Vattimo, che però ultimamente preferisco nella pragmatica neocomunista. Devi dire al tuo giovane assistente, che la filosofia non ha niente a che fare con la scienza e che lui, se vuole, può coltivare l’amore e l’interessa per quest’ultima, ma che la filosofia  aiuta e rispondere a certe domande che non portano a  vuote o banali riflessioni astratte, ma importanti problemi di convivenza sociale del nostro tempo. È possibile una fondazione razionale del pensiero pratico? Esiste una morale razionalmente ‘vera’? Se sì, in che modo vi si può risalire dal momento che la storia non ci dà testimonianza di una sola norma universalmente accettata in tutte le società di Homo sapiens? E se no, come è possibile salvarsi dal nichilismo e dalla legge del più forte? Insomma caro Marco, esiste ancora una necessità della filosofia ed esiste oggi più che mai ed io e te lo sappiamo, purtroppo non lo sanno gli altri  perché quei linguaggi o quel linguaggio al quale facevo riferimento all’inizio, sono o si è incredibilmete degradato. L'essenza di questa crisi che stiamo vivendo tutti, come dice Jurgen Habermas in un "opuscoletto" come lui stesso lo ha definito e che il settimanale "Die Zeit" ha paragonato al testo di Kant "Per la pace perpetua", intitolato "Zur Verfassung Europas" (sulla Costituzione dell'Europa), è  quella di aver messo sullo stesso piano filosofia e discorsi da bar o in altre parole: sono in troppi a dire troppe cose e a dirle in maniera volutamente approssimativa, perché la gente non presta più attenzione alle parole. E infatti la caratteristica saliente di questa crisi è un crescendo di confusione: le responsabilità e i cambiamenti in atto sono percepiti in maniera sempre più vaga, tanto che le possibili alternative scompaiono dalla nostra visuale.  Servirebbe invece qualcuno capace di ridare un ordine ai problemi ovvero di ristabilire il posto alto alla filosofia e i filosofi ci sono. Dovresti consigliare al tuo giovane assistente di leggere Alain Badiou, per esempio o Étienne Balibar e Alain Brossat o Slavoj Zizek, ovvero pensatori che fanno partire le loro considerazioni filosofiche da ambiti diversissimi: il cinema, la psicoanalisi, la pratica dell’azione sociale. Dovresti provocarlo e svegliarlo dall’imbesuimento che la scienza sia tutto, pensiero per altro, anche un poco superato e non condiviso né dagli scienziati, né dagli epistemologi, se non ci riesci no so cosa altro suggerirti che non ti abbia suggerito. Oppure digli solamente che la filosofia è un grande valore sempre e soprattutto oggi. Sarei tentato di dire che è più significativo e importante ora di quando ho cominciato ad interessarmene io. I problemi sono cresciuti, il mondo si è reso più complesso e davanti alla sua comprensione le soluzioni semplici falliscono sempre e ancora di più quelle mitologiche ( come lui intende la sua scienza) fondate su eccessi di speranza e di trasformazione totale dell'uomo. In una situazione di disagio e di difficoltà il richiamo e la considerazione del carattere plurimo dei problemi, dell'assenza di soluzioni facili è una grande ricchezza data dalla filosofia; è una lezione grande che i classici ci danno sempre, basta leggerli. Con le soluzioni facili, antifilosofiche per eccellenza, bisogna ricordare che il mondo rischia molto, visto che queste possono avere ripercussioni non prevedibili. Indubbiamente la filosofia ci mette a confronto con il senso di precarietà e di complessità e lo insegna ai giovani che vi si accostano. Ricordagli anche come ultima cosa che una prova valida rispetto a tutto cio che ho scritto è rappresentata dal fatto che i laureati in filosofia oggi e non sto parlando solo dell’Italia sono il secondo gruppo dei più occupati, e questo mi fa ben sperare. Un caro abbraccio, non disperato.
Franco Cuomo

lunedì 12 dicembre 2011

ANTENNE:Sarebbe questo il Consiglio Comunale aperto ai cittadini convocato dai tre Consiglieri di minoranza?



Dopo aver letto la convocazione del Consiglio Comunale pubblicata sull’Albo Pretorio on line, mentre ribadisco la spregevolezza politica di aver concordemente rinviato la discussione sul problema delle antenne nell’ultimo Consiglio Comunale del 28/11/11; con altrettanta convinzione, dopo aver letto l’ordine del giorno e la richiesta di convocazione dei tre consiglieri comunali di minoranza: Scaramellino, Starace, Maresca, affermo che ci troviamo questa volta in un caso di inutile pagliacciata politica. Tanto sostengo per i seguenti motivi:
1.       L’orario della convocazione alle ore 14.00, un'ora assolutamente infausta, un’ora che sembra pensata a posta per creare le condizioni di una massiccia assenza dei cittadini e, conseguentemente, la sala vuota: perché quest’ora e non per esempio alle 17.30 o alle 18.30?
2.       I tre Consiglieri Comunali hanno circoscritto la possibilità di intervenire soltanto a tre rappresentanti dei comitati e dei dipendenti comunali, senza avere la sensibilità e l’ accortenza  politica di consentire gli interventi di tutte le possibili rappresentanze previste dall’art.48 del Consiglio Comunale e cioè: Associazioni sociali, politiche, sindacali, di categoria, ambientali ecc.
3.       Continua ancora l’ambigua posizione dei tre Consiglieri Comunali rispetto a questa precisa domanda, per i VAS estremamente importante: vogliono o no i tre Consiglieri Comunali eliminare le antenne dalla storica  Casa Comunale di via Filangieri e dal centro urbanizzato del paese?
4.       Sono convinti che il Regolamento comunale del 1999 è tutt’ora valido?
5.       Sarebbe questa  la democratica convocazione pensata dai tre Consiglieri per far partecipare apertamente i cittadini? Ci mancava solo che chiedessero pure di che colore dovevano avere gli occhi e i capelli e cosa dovevano chiedere nell'intervento o cosa indossare.
Tutto questo, ripeto è una pagliacciata politica della quale si ignora la immediata finalità ed utilità rispetto a tutta la vicenda antenne. I VAS allertano i cittadini o chi è interessato a valutare quest’ennesima presa in giro.

franco cuomo - Circolo VAS
Vico Equense

Considerazioni ad un'intervista a Marco Rossi Doria



Dopo la lettura dell’intervista fatta da Ottavio Ragone, di la Repubblica Napoli a Marco Rossi Doria, venerdì 9/12/11 ho considerato tra me: come è triste la scrittura che racconta la retorica. Qui sembrerebbe che si siano veramente imbesuiti tutti! Posso comprendere la rigidità espressiva condizionata dal ruolo chiamato a ricoprire, ma lo stucchevole e melenso sentimentalismo no, questo non lo capisco né in chi ha scritto l'articolo, né nelle cose dette dall'intervistato. Mi convingo sempre di più che occorrerebbe - come sostiene Zizek - una seduta di Thamzing, che è una parola tibetana del periodo della Rivoluzione Culturale con inquietanti riverberi per i liberali. Significa  <<sessione di lotta>>: in pratica è un'audizione e una critica collettiva pubblica di un individuo che viene interrogato aggressivamente, in modo da giungere ad una sua rieducazione politica attraverso la confessione dei suoi errori e una rigida autocritica. Tutto il centrosinistra italiano forse oggi avrebbe bisogno di una lunga sessione di Thamzing come pure l'intervistatore e l'intervistato di questo articolo. Insomma, per dirla in termini marxisti ormai fuori moda, quello che ci sta propinando l'ideologia dominante attraverso figure scelte ad hoc, ammantate di rigorismo ed efficientismo e perbenismo tradizionalista (Rossi Doria è una di queste), è l'immagine di una crisi generale e di un collasso non determinati dal sistema capitalistico in quanto tale (che per questa ideologia e per questi esecutori è sempre il migliore dei mondi possibili), ma dalle negligenze e dalla corruzione dei suoi apparati. Rossi Doria si è definito, in continuità col padre, un liberale di formazione cosmopolita, io credo di ricordare che il padre invece fosse un socialista di tradizione marxista. Purtroppo ormai, ciò che conta oggi rendere visibile in questa crisi, è l'ottuso tecnicismo riparatore ed efficientista che si vuole antiideologico ma che invece è la rappresentazione dell'ideologia nella sua fase più aggressiva. Raramente ho visto - ed ho 60anni e non quasi 60 come dice di avere Rossi Doria con la compassatezza di chi ne ha ottanta - l'ideologia dominante capitalistico/finanziaria attivarsi in modo così spregiudicato ed aggressivo, contro ogni critica seria, tanto da far passare questa sua difesa quasi come una necessità diretta dalla natura umana. Dopo questa intervista rilasciata dal sottosegretario sono ancora più consapevole che la sua scelta sia perfettamante in sintonia con le scelte dell'attuale governo Monti, con le sue linee guida, con i suoi ministri, ma soprattutto con la sua ideologia di una pesantissima ristrutturazione capitalistica. Caro sottosegretario ! Hisaih Berlin – di cui ti so attento lettore – cosa direbbe di fronte alla crisi della democrazia liberale parlamentare contemporanea ? E cosa direbbe di fronte alla sospensione dei poteri dei parlamenti controllati dai dicktat delle lobbies del capitalismo finanziario? 

sabato 10 dicembre 2011

Succede a Faito




Il mio amico Claudio D'Esposito del WWF mi ha segnalato questa notizia che pubblico, corredata da foto

"Il 7 dic. scorso son salito al Faito per un giretto turistico... percorrendo dunque la traccia da Campo del Pero a Casa del Monaco ho notato il taglio definitivo di 2 grandi faggi, entrambi al margine della mulattiera rotabile (a proposito, due automobilisti tornavano col portabagagli pieno di legna, ma di piccolo taglio). Insomma, proseguono a ritmo lento ma inesorabile questi furti di legna e di storia; di questo passo ai margini delle carrabili non cresceranno che panchine e piazzole di sosta..."

martedì 6 dicembre 2011

Una considerazione di Vattimo il giorno prima della manovra


domenica 4 dicembre 2011

Sulla manovra di Monti

Dal mio blog sul sito de Il Fatto quotidiano, 3 dicembre 2011

La disgregazione sociale renderà vani i sacrifici

Dicono i giornali di oggi che i due leader dei partiti maggiori che hanno dato la fiducia a Monti non si fanno sentire, e anche i commentatori e gli opinion maker si interessano per lo più alle indiscrezioni circa l’uno o l’altro aspetto della “manovra” piuttosto che al significato politico generale di quello che sta per accadere, o caderci sulla testa. Persino la lodevole campagna del “Fatto” sui conflitti di interesse che, nonostante le buone intenzioni, o presunte tali, di Monti gravano su non pochi componenti del governo si può leggere come un richiamo al dovere di attenersi davvero al programma enunciato in parlamento dal premier piuttosto che come un’espressione di riserve politiche su tutta l’operazione. Certo, la sapida satira di Travaglio sulla “sobrietà” e le lodi universali tributate dai giornali main stream alla figura di Monti ha l’aria di esser qualcosa di più che un semplice divertimento. Sta di fatto, però, che l’attività di Monti e dei suoi ministri, per quel che se ne sa, rimane circondata da una specie di silenzio sacramentale che non fa sperare niente di buono; o meglio, che preannuncia la rassegnata accettazione da parte di una maggioranza “emergenziale” che salverà qualche faccia tollerando (o anche programmando?) qualche voto contrario su questo o quel punto della manovra.

Intanto, i giornali sono pieni di illustrazioni apocalittiche delle conseguenze che seguirebbero alla fine dell’euro, il temuto default, la dissoluzione dell’Unione Europea e il ritorno a quella sorta di stato di natura da cui credevamo di essere usciti. Non si pecca di eccessiva sospettosità se si pensa che tutto questo sia una sorta di “concertazione” generale diretta a far digerire anche i peggiori aspetti dell’azione che il governo si prepara ad attuare. E’ una tattica ricalcata su quella della lotta al “terrorismo internazionale”: se sollevate anche il minimo dubbio su come siano andate davvero le cose l’11 settembre siete bollato come potenziale terrorista; se vi scandalizzate ancora per il lager di Gaza e le sorti della flottiglia siete antisemiti. Sarà possibile armare una piccola flottiglia per limitare i danni che il governo Monti minaccia di infliggere agli strati più poveri della società italiana? Per esempio, mostrando che se si applicheranno tutte le misure (misurate? Impressionanti!) di cui sentiamo parlare l’Italia rischia davvero di cadere in una condizione di disgregazione sociale che renderà vane proprio quelle misure. Anche noi tendiamo dunque a criticare Monti dall’interno, obiettandogli che il suo piano sarebbe buono ma non avrà efficacia? Forse sì, la flottiglia ha sempre avuto anche il senso di portare alcuni soccorsi immediati. Che non la lascino operare mostra che, se lo potesse fare, romperebbe anche il “blocco”. Siamo anche noi, qui in Italia, vittime di un blocco – l’universale approvazione della cosiddetta opinione pubblica nei confronti di Monti. Se riuscissimo anche solo a far cancellare qualcuno dei punti più selvaggi del suo piano avremmo già fatto qualcosa anche per liberarcene.

lunedì 5 dicembre 2011

Il ministro Fornero il decreto Monti e e il PD



Ieri sera, mentre ascoltavo, costernato la conferenza stampa di Mario Monti, riflettevo sull’incapacità – in questo nostro paese - di un quadro politico e di un partito, di proteggere i ceti socialmente più deboli. Ascoltavo e mentre lo facevo, comunicavo la mia sorda rabbia tra twitter e facebook, scambiando punti di vista e leggendo le prime reazioni in diretta. Così ho postato un commento sulla mia mailing list: “ Ma state sentendo la conferenza stampa? Ma dove sta l'equità di cui tanto si sta parlando? Questa e' un ristrutturazione capitalistica ai danni della povera gente, autentica macelleria sociale! Il ministro Passera poi, con gli incentivi all’industria, dopo aver ricoperto incarichi privatistici in vari settori di cui è diventato ministro - non si può proprio sentire!!! Il conflitto di interessi non era solo quello di Berlusconi !”. Poi ascoltavo di nuovo la conferenza. Poi la relazione della Fornero e, al punto per me  più insopportabile, per le mie orecchie e per la mia coscienza, il pianto della ministra mentre esponeva il suo programma economico. Ebbene, io ho trovato quella scena insopportabile poco consona al calvinismo ostentato da questi tecnici, ma anche un poco preparata per un ministro (non ci si commuove per le misure che si propongono) e non sono stato il solo. A quel punto un plin plon mi ha segnalato l’arrivo di un messaggio:“ Vedere un ministro che si commuove nell'annunciare sacrifici pesantissimi.......non ha prezzo! Grandissima Elsa Fornero, questa è l'Italia che mi piace”. Il messaggio era stato inoltrato anche a molte altre persone, prevalentemente del PD, ed era stato inviato da una responsabile della sezione locale di questo partito. Ho bofonchiato qualcosa cosa con l’amico col quale guardavo la televisione a casa sua: il mio disappunto. Avrei dovuto frenare la mia mano e lasciar perdere, ormai farò così d’ora in avanti, ma non ce l’ho fatta e di botto ho risposto:"... ma che ca...o dici! Bloccare l'indicizzazione delle pensioni minime significa far morire di fame milioni di vecchi! Questa e' una politica di ristrutturazione capitalistica con un accanimento da terzo Reich verso i ceti più deboli! Questa è autentica macelleria sociale, per questo la Fornero si è commossa! Prevedeva già che cosa avrebbe provocato la sua riforma! Ma la smettiamo!" - Poi ho aggiunto - " D’altra parte non potresti stare nel PD se non la pensassi in questo modo. Io sicuramente non vado tanto per il sottile: sara' sicuramente una grande studiosa, come dici tu, ma bloccare le indicizzazioni per le pensioni minime è un'infamia”. La cosa non si è fermata qui, mi è arrivata un’altra mail di un altro piddino che mi intimava minaccioso “ ma perché non ti fai i …..tuoi e lasci stare le sensibilità altrui” e un altro che chiedeva di essere cancellato dalla mia mailing list perché a lui non interessavano le volgarità che io avrei proferito (desiderio che ho esaudito immediatamente), poi un altro ancora che parlava di uffici pubblici vuoti e invece di eroici dirigenti dei settori privati che saltano la pausa pranzo pur di non interrompere il lavoro, di Mario Monti che rifiuta i suoi emolumenti di Primo Ministro, e che, alla fine, pure se ha i soldi se li è fatti studiando e lavorando, facendo intendere invece che tutti gli altri (sic!) se li sarebbero fatti rubando: insomma il peggiore qualunquismo d’accatto da bar. Non c'è stato nessuno che mi abbia scritto che si sarebbero potuti tassare i beni della Chiesa, far pagare l’ICI ai beni ecclesiastici,  invece di imporla sulla prima casa come è stato fatto. Nessuno che abbia suggerito, la possibilità di una vendita limitata (limitata a causa dei trattati internazionali) di ORO di Stato per circa 2 miliardi,come proposto da autorevoli economisti.  Nessuno che abbia tentato di smascherare il gioco sporco fatto dalla stampa e da tutti i media ( la Repubblica e Il Corriere della Sera in testa) sul ricatto dello spread che sta  per tracimare da un mese e mezzo e più e non tracima  mai, o sul diktat delle banche sui governi,  che di fatto, ha cancellato la democrazia parlamentare. Due miei amici molto cari, mi hanno  detto:” Ma che rispondi a fare a questa gente? Ma chi te lo fa fare!? E’ inutile! Lasciali perdere”. Ebbene, questa esperienza  mi ha convinto. Hanno  ragione loro, così dopo aver scritto  questo post molti di loro sono stati cancellati definitivamente dalla mia mailing list, sicuramente con loro grande soddisfazione.  Io sarei quello che vuole parlare solo con quelli che la pensano come me, mentre invece loro sono aperti al dialogo ed al confronto. Quello che sta succedendo nel paese impone di riflettere seriamente sui ceti che soccomberanno con questa manovra, su un ambiente distrutto dagli affari in nome della tanto osannata produttività. Io mi auguro solo che il tempo e la storia facciano piazza pulita di questa gente, non ho mai dismesso il das prinzip hoffnung di Bloch insieme ad un'attenta riflessione sul determinismo storico, che, non accade necessariamente, ma si presenta perché provocato dalla consapevolezza e dalla coscienza del superamento di ogni sfruttamento e perché io, contrariamente a quelli che pensavano dovesse cadere dal cielo agisco perché accada. Ho voglia ancora di immaginare un mondo diverso da questo e non soccombere alla legge del capitale che è quella della banche e dei banchieri che hanno prodotto questa catastrofe. Le cose che ho letto appartengono all'armamentario del peggior politichese che, con la scusa di essere "rigorosamente" documentate, come vuole il conformismo dominante, passano per essere più vere di chi invece ha ancora a cuore la speranza di una giustizia sociale e la difesa dei più deboli.

Franco Cuomo VAS- Verdi Ambiente e Società