giovedì 31 marzo 2016

Da Hockney a Picasso, passando per Nicola Figlia ovvero: la verità nella mia pittura

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da Hockney a Picasso passando per Nicola Figlia - f.cuomo 2016 

Non ho saputo mai disegnare e ciò che ho disegnato l’ho sempre ripreso da una foto, dalla pubblicità, da un fotogramma di pellicola ecc. ecc. Di contro mi è sempre piaciuto dare colore alle tele, i pennelli e la pittura. Scegliere come modello per un quadro due maestri del novecento: Pablo Picasso e David Hockney quest’ultimo ancora in vita è stata una sfida. Ma prima avevo scelto Dosso Dossi e il manierismo cinquecentesco e prima ancora, i neoselvaggi berlinesi, e poi Warhol. Smembrare due loro opere, per Picasso mi sono ispirato al lavoro del pittore siciliano Nicola Figlia che a sua volta voleva rifare Picasso, o semplicemente smembrare un quadro significa analizzarlo a fondo: studiarne la tecnica, la composizione, soprattutto quando ne devi reinventare un’altra. Così, sul famosissimo Woldgate Woods , un olio su sei tele che fa mostra della sua solitudine di una sera d’autunno, di David Hockney, ho collocato delle figure “picassiane” che irrompono nel paesaggio infrangendone la statica immobilità e facendo diventare quel quadro un’altra cosa, sarei curioso di sapere cosa direbbe Hockney se lo vedesse. L’arte per me è sempre stata storia dell’arte, è sempre la rivisitazione dell’arte precedente Il fatto è che la verità in pittura è sempre una serie di racconti che rimanda a racconti già raccontati.  Ogni fare artistico per me consiste nell’immaginare le cose in maniera diversa da come sono; negazione, contraddizione, mutamento, ricreazione, questo solo è  lo spirito di un’opera. Gli scrittori, gli artisti, sono terrorizzati dall’idea del plagio, sempre perché inseguono, come una maledizione, ciò che è per loro dovrebbe essere l’assolutamente originale, solo Warhol si è distaccato nel Novecento da tutto questo e De Chirico, che copiava sempre se stesso e rifaceva sempre lo stesso quadro: loro non avevano l’ossessione della originalità legata alle verità in pittura. Ma la nozione di plagio se vogliamo è assai moderna, e essa è legata alla cultura romantica, così come la nostra preoccupazione per l’autografo, per lo scritto autentico. E se fino a oggi il prestigio di un autore è stato legato ai nostri occhi ingenui alla sua originalità, quello di un autore medioevale invece derivava, al contrario, dalla sua abilità a collocarsi nella tradizione, e dunque, nell’imitare ciò che esisteva già e non viceversa. Oggi con internet e con le tecnologie della riproducibilità, questa ideologia fortunatamente sta tramontando.  Così io vado avanti con questa ricerca che mi ha portato a ricostruire reinventandolo un autore manierista, ma tutti i miei lavori rimandano sempre ad altri autori. Non inseguo l’originale, perché non mi interessa. Così in quest’ultimo lavoro ho esattamente ricostruito due quadri usando la tecnica di Hockney di lavorare su diverse tele e poi assemblarle in insieme per ottenere un pannello di grande formato. Oggi la tecnologia della riproducibilità aiuta molto, ma, io metto in essere la tecnica dell’autore: in questo caso preparo un progetto in dimensioni ridotte, il disegno per intenderci, poi lo squadro e successivamente mi riporto per punti, consapevole della mia debolezza nel disegno, le figure ingrandite sulle tele che sono tutte uguali tra loro a riproduzione del foglio piccolo originario squadrato all’inizio. E’ un lavoro lento che induce a riflettere su tutta l’opera e dunque in un certo senso il lavoro finito è anche in sé una critica d’arte.

Franco Cuomo 2016   




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