Si è conclusa stamane la bella
mostra su Franco Autiero all’Accademia di Belle Arti di Napoli il percorso espositivo dei lavori
scenografici realizzati dal nostro insieme ai bozzetti, i disegni originali,
gli oggetti di scena, il tutto, inserito in un labirinto di cartone riciclato
progettato dalla figlia Valentina Autiero che è anche presidente dell’Associazione
Franco Autiero, costituitasi quest’inverno scorso, al fine di
promuovere l’opera di questo drammaturgo eclettico – e anche difficile per
molti versi – di pubblicarne i testi e rappresentarne i molti lavori scritti.
La mostra si è arricchita, nella serata di apertura e nella mattinata di
chiusura di pirotecniche quanto esilaranti letture tratte dai lavori Franco
Autiero. La serata inaugurale, lunedì 8 aprile ha visto letture di Gianfelice
Imparato che ha interpretato un pezzo tratto da Ambo, Elisabetta D’Acunzo ed
Ernesto Lama che hanno recitato un brano da Matamoro, Sandra Borgia intrigante
e sardonica con un pezzo da Espiantati e infine e una esilarante e ammiccante Isa Danieli che ha rappresentato un
brano tratto da Polveri Condominiali, il tutto è avvenuto nella bellissima sala
del teatro dell’Accademia, una sala che per capienza e restyling si presta ad essere uno spazio unico nel suo genere nella
città di Napoli. Stamani, la conclusione con la graffiante lettura di Fulvia Carotenuto
interprete storica dei lavori di Franco Autiero che ha letto pezzi da Polveri
Condominiali. Mi stupisco sempre ogni qual volta, come se fosse la prima,
quando i pezzi di Franco Autiero prendono vita sulla scena, in questo caso era
suggestivo ed emozionante vedere il labirinto scenico allestito della mostra,
sul tavolato della scena del teatro: una scenografia che rappresentava se
stessa e i testi che prendevano vita in una rapida sequenza di mille e una storia. La drammaturgia del rischio[1] è un percorso
teatrale e linguistico e filosofico antropologico che le nuove generazioni
dovrebbero conoscere e dunque è stato interessante portare la mostra a Napoli e
proporla alle giovani generazioni di artisti che frequentano l’Accademia. Se
oggi la scrittura fa mostra di sé come prova di esistenza attraverso i social
networks, attestando il primato del segno scritto quasi a voler contestare
duemila e passa anni dopo a Platone della Lettera VII il primato della parola
parlata, la lingua drammaturgica di questi autori, sembrerebbe invece dargli
ragione perché è l’unica capace di essere connotativa della realtà. Sarebbe
interessante proporre la riflessione sui testi di questi autori e, su quelli di
Franco Autiero in particolare, per far emergere il ripensamento profondo che
questi autori posero in essere rispetto alle modalità comunicative del teatro e
di una particolare scrittura che sembra voler oltrepassare il limite del segno
per riconsegnare la parola ad un pastiche
creativo che è l’unico depositario del vero: ovvero del vero che si rappresenta
sulla scena. “Il dialetto si affianca
spesso all’italiano […] ci si abitua a considerare la realtà linguistica in
maniera non uniforme, variegata” , ma ciò che rimane, sono queste escursioni linguistiche che sembrano
voler attestare il primato di una magia della parola che trancia di netto pezzi
di realtà acutamente osservata. Tutto deve essere ancora goduto di questo
autore, tutto deve essere ancora decifrato e ri-velato: plurilinguismo giocato
sulla tracce di verità nascoste nel quotidiano più trito e banale, il più delle
volte vissuto da soggetti espulsi dalla storia. Questa mostra ci ha fatto riflettere
su questa dimensione culturale: non mi sembra poco in un momento di totale debacle di tutto quello che potrebbe
essere un tantino più interessante dell’economia.
Franco Cuomo – Socio Fondatore dell’ Associazione Franco Autiero
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