Monte Paschi 1
Tutti stanno tentando di salvare
il capitalismo finanziario con le stesse procedure che lo tengono in vita. E’
una storia che stiamo verificando già da un po’ di tempo. Evidentemente è una
contraddizione, ma essa non viene evidenziata da nessun organo di informazione
e soprattutto da nessuna parte politica, soprattutto a sinistra. La sinistra,
che non esiste più, avrebbe dovuto sviluppare con maggior forza una sua
interpretazione e una posizione critica nei confronti di investimenti sui
mercati internazionali per comprare e vendere prodotti finanziari tossici,
alcuni ex leader di questa hanno addirittura “giocato a Monopoli” e attraverso
l’amministrazione di Fondazioni hanno determinato un pericolosissimo e insolito connubio tra politica e finanza.
Questa “sinistra” ( si fa fatica a chiamarla così ) si è innamorata della
liberalizzazione assoluta dei mercati finanziari senza avvertirne i rischi e i
pericoli per i poveri risparmiatori. E’ accaduto già con la Parmalat, sta
accadendo in maniere più vasta e virulenta con Monte dei paschi di Siena. Gente
come D’Alema, Veltroni, Prodi, Fassino, hanno pensato che le banche potessero
staccarsi dall’economia reale e lanciarsi in avventure finanziarie : Questo è
successo ed è successo il crack a cui si tenta di porre rimedi con gli stessi
sistemi che lo hanno determinato. Monte dei paschi di Siena è stato vittima dei
suoi spericolati ed incauti “esercizi di finanza creativa” mettendo a rischio i
risparmi di milioni di correntisti che su questa banca avevano depositato i
risparmi di una vita. La bomba riposta nel salvadanaio è di 18,3 miliardi di
derivati tossici, il doppio di tre anni fa. Come è potuto accadere tutto
questo? La risposta che io do è: assenza di controlli da parte dello Stato e l’ideologia
della liberalizzazione selvaggia dei mercati finanziari. Oggi servirebbero al
più presto norme sovranazionali per questo settore, un controllo fiscale nelle
operazioni bancarie da parte degli Stati. In pratica un capitalismo finanziario
controllato e non più libero o “creativo” come in troppi, anche a “sinistra” lo
hanno chiamato. Credo che dopo queste elezioni truffa, scoppierà una bomba
ancora più grande di quella già esplosa e allora saranno molti milioni di
italiani a piangere. Ma non faranno assolutamente niente se non continuare a
farsi passare addosso queste iniquità
Monte Paschi 2
Alla Satya Community School a
Lincoln nel Massachussets, da ragazzo, il professore di Letterature Comparate
ci aveva fatto studiare i caratteri dei popoli prima di leggere le loro più
importanti opere di letteratura. Quando leggemmo Giacomo Leopardi mi ricordo che ci spiegava che era
nata nel '700 la “maschera” e il mito dell'italiano “primitivo”,
immobile e sempre uguale a se stesso. Dell’italiano che si ama e non si stima,
“corrotto e felice”, in cui le spinte razionalizzatrici e gli oneri e i divieti del processo coattivo
di civilizzazione s'infrangevano davanti alla resistenza di quest’uomo
“naturale” par excellence,
refrattario ad ogni norma, anarchico più che libero, vitale oltre che sanguigno
e sanguinario, in preda ad un permanente laissez-faire
morale, giuridico, comportamentale. L'italiano e l'Italia insomma visti come
contrappunto del Nord e della Civiltà (da dove tutti i viaggiatori partivano o
fuggivano?), un luogo anche mentale dove
non si può soffrire il freudiano
“disagio della civiltà” proprio perché privo allo stato di civiltà, e dove dunque si può trovare agevolmente riparo alle sue spinte repressive. L'homo
naturalis del Sud Europa, libero e
gioioso che persegue solo il piacere e il dolce far niente, contrapposto
all'homo fictus del Nord Europa, irreggimentato e triste, che elegge nel senso
del dovere il proprio boia, e in perenne
fuga perciò da tutti i rigori: del clima, del centralismo colbertiano, delle
fedi pietiste e gianseniste, delle caserme prussiane, dei formalismi di classe.
Quando con i miei ospiti accennai a questo ricordo, facendo notare loro che era
stato proprio un poeta romantico italiano a descrivere questo carattere, benché
duecento anni prima, sorrisero con sussiego e mi risposero che solo noi
americani vedevamo ancora gli italiani in quel modo, ma che loro non si
percepivano così. Questa impressione mi ha accompagnato durante tutto il mio
soggiorno. Due anni di permanenza, la lettura di qualche quotidiano e
pochissima televisione mi bastarono per capire che mi trovavo in un paese dove
lo Stato era occupato da una oligarchia e peggio ancora era aperto alle
scorrerie di fameliche clientele e non vedevo una coesione civica possibile e
tutto si impantanava nelle insocievoli spinte al particolare, nelle difficoltà
di azioni cooperative, in una diffusa cultura del pressappoco, lontano dalla
modernità della precisione e della previsione: insomma non era cambiato molto
il quadro fatto dal poeta romantico, ma gli italiani non se ne accorgevano.
Franco Cuomo
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