Lo
spazio intorno a me si dilatava lentamente. Mamma seduta sul mio lettino con
occhi chiusi portava il tempo dondolando leggermente il capo e tamburellando con
i suoi bastoni, le altre due gambe di sostegno, che, siccome era seduta, batteva
a tempo di valzer sulla musica di Straus. Sembrava una bambina felice nei suoi
quasi ottantotto anni . Nella stanza filtrava un luminoso sole di giovane
gennaio. La guardavo mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime. Osservavo
quella serena allegria interiore di una donna che, nonostante la semi
immobilità, godeva della musica a modo suo. Strauss le è sempre piaciuto la
riportava al suo matrimonio, al ballo che papà le aveva proposto davanti a tutti,
nel cortile antico della sua casa a Calvizzano, mentre tutti la guardavano e
lei impacciata che seguiva le movenze sicure di lui. La guardavo, era assorta e
felice, mentre spariva dalla stanza e sulle note del Bel Danubbio blu, se ne
andava, dimentica di me e di tutto, in quel cortile antico. Ho cominciato a
piangere e più piangevo e più avevo come la sensazione di diluirmi nelle cose
che a loro volta si diluivano in una nebbia opalescente nella quale si
perdevano i contorni del tutto. Io e lei ad ascoltare il concerto di capodanno,
io e lei che avevamo la stessa visione trasportati nello stesso sogno. Dove ci
trovavamo? Improvvisamente la stanza non esisteva più o se c’era o se noi
eravamo ancora lì, non era più possibile dirlo: di certo ora vedevo un cortile
con gente semplice e una felicità immensa. Una giovane donna in abito bianco e
un giovane uomo in abito scuro. Un gruppo di invitati – dei vecchi, delle giovani e tanti bambini- il radio grammofono di zio Francesco
che faceva andare la musica. Andavano le sue gambe eccome se andavano. I lembi
del vestito ruotavano strusciando sul terriccio e Maria volteggiava felice
sulle note di quel valzer, leggera e trasognata. Ero insieme a lei ero anche lei.Ero nel sogno di mia madre in un tempo in cui io non
ero ancora. Quando ho riaperto gli occhi, per un istante ho visto mamma in
piedi che accennava a danzare, lei si è girata ed ha sorriso dicendomi:” hai
visto quanta gente?” . Lei non si è accorta delle mie lacrime, come ormai
sempre più spesso accade, ma mi è rimasto il dubbio che la domanda non fosse
riferita alle immagini che passavano in televisione, ma agli invitati presenti
in quel cortile antico di sessantuno anni prima, poi dondolandosi un poco ha
detto : “ mangiamoci due struffoli e facimmoce ‘o cafè”, col suo sorrisino ironico e un po' beffardo.
franco cuomo
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