La
concezione di paesaggio, o quella più comune di bellezze naturali, di cui si
parla in questo articolo, relativamente al cambiamento ed alle modifiche dello
stato dei luoghi in costiera sorrentina è quella di un’immagine storica, di una
costellazione di immagini prodotte dal pensiero e dall’azione degli uomini in
cui i termini di natura e storia, così come sono stati elaborati dalla critica
filosofica romantica[1]sebbene
distinti, sono strappati alla loro semplice opposizione e ricondotti in una
configurazione che lascia apparire “in modo repentino” le contraddizioni
profonde cha la stessa concezione di paesaggio racchiude in sé. Ora,
abbandonando la concezione romantica del paesaggio, che si configurava sempre e
comunque come un antagonismo tra il vissuto dell’uomo e la “pura naturalità” e che
era un’astrazione ereditata dallo spinozismo, bisogna definire nuovi ambiti
conoscitivi per definirlo. Senza voler
abbracciare il “nuovo credo” di Gilles Clemant[2]
che è un’altra idea di “pura naturalità” ma questa volta interpretata in
versione post moderna che non aiuta a definire o a dare nome alle devastazioni
compiute dal fare umano. Per Clemant il paesaggio è innanzitutto un paesaggio
interstiziale chiamato Terzo Paesaggio, ovvero uno spazio “incolto” o ciò che
resta tra il costruito e ancora il costruito. Io credo che lo sforzo da
compiere sia quello di formulare un’idea di paesaggio scevra da radicalismi
concettuali. Una concezione che si basi fondamentalmente sull’idea di oikos, come di quello spazio abitato
dagli uomini e che si modifica nel tempo: il paesaggio come la forma
dell'ambiente in quanto ne rappresenta l'aspetto visibile[3].
Ma un oikos, per definirsi veramente
tale, se vogliamo prestare attenzione al termine, deve essere abitato oltre che
dagli uomini soprattutto dalle leggi e un paesaggio che da forma all’ambiente è
un paesaggio tutelato da leggi e migliorato da queste. Sovente, dalle mie parti, cioè in costiera
sorrentina, mi capita di incontrare persone che conservano stampe che
riproducono scorci e vedute di luoghi della penisola coltivando un gusto per
l’oleografia spesso stucchevole e datato. Essi ritengono che il paesaggio,
rappresentato in quelle stampe o in quei dipinti sia la forma ideale che
dovrebbe avere il paesaggio e sono portati a fare questo ragionamento: se non
riesco più a riconoscere nei luoghi che abito quei luoghi rappresentati nelle
riproduzioni a stampa o a olio o a tempera, allora vuol dire che il paesaggio è
stato degradato. Ben altri – a mio parere- sono i motivi del degrado del
paesaggio in costiera sorrentina. Se per i pochi, il paesaggio dunque è una
sorta cartolina, per i molti, politici e amministratori soprattutto, esso
semplicemente non esiste più come problema, spazzato via da un’idea di sviluppo
che oltre a cancellare l’idea originaria di natura e storia che fu dei
romantici, distrugge il concetto stesso di ambiente, ovvero quell’oikos abitato da leggi che in/forma il
paesaggio. Proporre modelli di sviluppo per la costiera sorrentina, significa
selezionare e discernere tra quelli possibili, dando priorità a quelli
credibili in una visione di medio o lungo termine.
Per
un’area di eccellenza come la costiera, non tutti i percorsi di sviluppo sono
validi e alcuni escludono automaticamente altri. Se si concorda, come in genere
pare, sul considerare il turismo come perno dello sviluppo e risorsa economica
dalla quale non è possibile prescindere, è al concetto di “abitare sostenibile”
che bisogna guardare, insieme a quello di “urbanistica sostenibile” e di
“edilizia abitativa sostenibile” in un’area che non può sopportare più alcun
incremento costruttivo senza comprometterne seriamente la sua stessa tipicità
morfologica.
Questa è
una premessa necessaria, che va collegata al più generale concetto di “sviluppo
sostenibile”e postula la “cultura del limite”, ovvero uno sviluppo senza spreco
di suolo e di altre risorse non rinnovabili: il mare e il verde; che,
riflettendo sulla ricerca di nuovi “valori” (che non sono unicamente quelli
economico/strumentali) promuova un processo coevolutivo tra le cosiddette
“economia dell’uomo” ed “economia della natura”. Un approccio olistico ed
interdisciplinare che sappia appunto coniugare insieme le ragioni della
sostenibilità ambientale e quelle della progettazione e pianificazione
territoriale. Purtroppo la pianificazione territoriale ha prodotto spesso
strumenti che sono andati nella direzione completamente opposta a questo
postulato e che, hanno prodotto e producono ancora effetti devastanti .
La
devastazione che tutto il territorio costiero ha subito con la costruzione di
aberranti quanto inutili parcheggi interrati, con la conseguente scomparsa di
intere aree coltivate ad agrumeto è un danno al quale non potrà opporsi più
nulla, e questo scempio è stato possibile realizzarlo con una normativa
regionale che ha permesso ai comuni di costruire in deroga ai piani regolatori
comunali e al PUT il Piano Urbanistico Territoriale, che da molti politici, ma
anche da moltissimi tecnici è stato spesso visto come uno strumento restrittivo
e “mummificante” del territorio. E’ mio parere invece, che se non ci fosse
stato questo strumento urbanistico, con tutti i suoi limiti, noi tutti oggi ci
troveremmo di fronte ad una conurbazione sul modello losangelegno e che in qualche modo è già tristemente realizzato da
Capua a Salerno e nella quale non permane più neanche la memoria del “terzo
paesaggio” come teorizzata da Gilles Clemant[4],
tanto fitta è la densità costruttiva.
“I danni
al paesaggio ci colpiscono tutti, come individui e come collettività. Uccidono
la memoria storica, feriscono la nostra salute fisica e mentale, offendono i
diritti delle generazioni future. L'ambiente è devastato impunemente ogni
giorno, il pubblico interesse calpestato per il profitto di pochi. Le leggi che
dovrebbero proteggerci sono dominate da un paralizzante 'fuoco amico' fra
poteri pubblici, dai conflitti di competenza fra Stato e Regioni. Ma in questo
labirinto è necessario trovare la strada: perché l'apatia dei cittadini è la
migliore alleata dei predatori senza scrupoli. È necessario un nuovo discorso
sul paesaggio, che analizzi le radici etiche e giuridiche della tradizione italiana
di tutela, ma anche le ragioni del suo logoramento. Per non farci sentire fuori
luogo nello spazio in cui viviamo, ma capaci di reagire al saccheggio del
territorio facendo mente locale. La qualità del paesaggio e dell'ambiente non è
un lusso, è una necessità, è il miglior investimento sul nostro futuro. Non può
essere svenduta a nessun prezzo. Contro la colpevole inerzia di troppi
politici, è necessaria una forte azione popolare che rimetta sul tappeto il
tema del bene comune come fondamento della democrazia, della libertà, della
legalità, dell'uguaglianza. Per rivendicare la priorità del pubblico interesse,
i legami di solidarietà che sono il cuore e il lievito della nostra
Costituzione.”[5] In
sostanza, non si può invocare genericamente la tutela del territorio, lo
sviluppo economico, la bellezza dei paesaggi, il turismo di qualità, infrastrutture
a tutti i livelli, se non si stabiliscono priorità, visionig, scenari convincenti per il futuro che fanno leva su
alcuni di questi assunti facendoli diventare, appunto, non esclusivi ma
prioritari. E’ necessario intanto sfatare il mito di una natura in sé,
un’Arcadia idilliaca, né inseguire la fantasia di una penisola consegnata al
ricordo letterario del Gran Tour:
nessun ambientalismo che si voglia degnamente definire tale persegue questo
fine. Sono solo i detrattori e spesso imprenditori in cattiva fede che accusano
l’ambientalismo di una simile idiozia.
Però, lo stravolgimento morfologico che nel corso degli ultimi anni ha
subito il piano di Sorrento, con un’esplosione abitativa e con l’interramento
(pericoloso) di molti valloni, vie d’acqua in cui s’incanalavano i rivi
collinari, sta sotto gli occhi di tutti. A tutto ciò, si è aggiunta la più
recente e ancora attiva speculazione del sottosuolo e il degrado della costa e
dell’ambiente marino compromesso già per il fatto di affacciarsi su di un golfo
che è ormai scarico di una megalopoli. Sorte diversa, grazie ad un golfo più
ampio e a una minore urbanizzazione ha la costiera amalfitana, diversa anche
morfologicamente. In questi contesti dunque evolve il concetto di paesaggio e
di tutela di esso, soprattutto per i luoghi di cui stiamo trattando. Sono
convinto sempre di più della necessità di vincoli sovranazionali, vista la
protervia e la povertà culturale dei nostro politici ed amministratori locali,
soprattutto in materia di legislazione urbanistica. Quello della costiera
sorrentina è un patrimonio che appartiene all’intera umanità e dunque non può
essere lasciato alla corta visione di amministratori locali. Il concetto di patrimonio mondiale si basa
sull’universalità della sua portata: a prescindere dal territorio sul quale si
trovano, i siti compresi nella Lista del Patrimonio Mondiale, hanno
"eccezionale valore universale", ovvero appartengono ai popoli del
mondo intero. Il concetto stesso di bene culturale diviene unione dell’aspetto
culturale, inteso come azione umana, e di quello naturale, rievocando
l’interazione tra l’essere umano e la natura e la necessità fondamentale di
preservare l’equilibrio tra le parti.
Mi piace pensare a un ideale di bellezza che
coniughi ancora alla maniera aristotelica: il bello, il buono, il giusto
all’interno di un progetto che consideri necessario che “omne ens habet aliquod esse prium”[6],
che ogni ente possiede un’essenza
singolare e che questa possa evolvere in
armonia col tutto. Sostengo quindi che un progetto d’architettura debba
prioritariamente farsi portatore e garante di una visione del territorio, che
ponga la tutela e l’integrità dei paesaggi al primo posto; dove il concetto di
“paesaggio” è inteso come una summa tra ambiente naturale e le stratificazioni
nei secoli dell’intervento dell’uomo mediati da norme e piani di tutela e
vincoli e non viceversa, soprattutto in un’area carica di significazioni
culturali come quella alla quale sto facendo riferimento. Vorrei ribadire
intanto con forza la necessità di
pratiche autentiche di democrazia che dovrebbero sempre affiancare la
progettualità costruttiva e non sto parlando di Architettura, ovvero di una pratica
del costruire più complessa e con implicazioni culturali più ampie, quasi
scomparsa dal territorio nazionale, ma della più modesta e purtroppo degenerata
attività edilizia. Per pratiche autentiche di democrazia intendo: la
partecipazione ex ante e non ex post, alla preparazione di strumenti
urbanistici. Cosa che non avviene praticamente mai, soprattutto quando si
presentano strumenti lacunosi che insistono sull’“elasticità” e la
“liberalizzazione” in materia di norme sul paesaggio coniugando spessissimo gli
interessi economici e di “sviluppo” con la tutela di quest’ultimo. Per fare un
esempio: il discutibile prodotto che e passato sotto il nome di PTCP, ovvero,
Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale o le ultime modifiche aberranti
previste dal nuovo Piano Paesistico Regionale varato nel 2012. Da qui, la
necessità di avere organismi di controllo più sensibili, più colti e meno
interessati allo sfruttamento economico
del territorio.
Allo
stato attuale, in costiera sorrentina si può constatare:
- Una urbanizzazione
che ha ormai ridotto il cosiddetto piano di Sorrento (il piano su costone
tufaceo da Meta a Sorrento) ad una conurbazione continua, con la drastica
diminuzione del verde agricolo rappresentato dagli agrumeti con pergolato;
- un attacco
alle zone collinari da parte dell’abusivismo edilizio, premiato da ben tre
condoni edilizi, che ha reso il paesaggio della “corona collinare” per
larghe parti scadente;
- la necessità
e la volontà delle Amministrazioni di procedere alla creazione delle
infrastrutture spesso carenti sacrificando le ultime aree di verde
agricolo;
- un sistema
dei trasporti basato, nonostante la valorizzazione delle “vie del mare”
tentata ma ancora insufficiente, sugli autoveicoli, con il conseguente
congestionamento del traffico nell’area costiera e uno scadimento
complessivo della vivibilità;
- uno sviluppo
delle zone interne largamente insufficiente, con scarsa qualità
urbanistica dei piccoli centri delle frazioni collinari, cresciute in
larga parte abusivamente e problemi di viabilità e di servizi.
- Una crisi profonda del settore agricolo, che solo
in maniera pretestuosa può essere messa in relazione alle norme
paesistiche, che comporta un diffuso fenomeno di abbandono della
coltivazione, in attesa di utilizzi maggiormente remunerativi con la
realizzazione di abitazioni abusive o di parcheggi interrati o a raso da
Vico Equense a Sorrento.
- Una pratica del land
grabbing anche in costiera sorrentina, ovvero la trasformazione -
attraverso normative discutibili - di terreni destinati all’agricoltura in
terreni ad uso edificatorio, ovvero in termini socio culturali e
ambientali: un autentico disastro.
Dopo 40
anni la Regione Campania
prova a dotarsi di un piano paesaggistico ma, invece di tutela, prevede nuove
costruzioni, riqualificazioni e ristori, anche un una zona delicatissima a
livello ambientale e già urbanisticamente satura come la costiera
sorrentino/amalfitana. La direzione del piano in questione è sempre la stessa: meno
vincoli, nuove costruzioni (anche se con il solito paravento della
"pianificazione") e una strizzatina d'occhio all'abusivismo. Il punto
più controverso è che la Regione Campania
si autoproclama come ente che tutela il paesaggio, che invece è materia di competenza esclusiva
dello Stato". Sono molti i limiti di incostituzionalità che presenta il
nuovo piano paesaggistico, in esso si
annuncia perfino che sarà creato un osservatorio per la qualità del paesaggio! Il
piano, prevede da un lato la rivisitazione dei vincoli paesaggistici e
ambientali; dall'altro, la possibilità di intervenire con abbattimenti e
riqualificazioni, accompagnate da adeguati ristori, da definire con Comuni e
soprintendenze. A volersi basare sulle "bonifiche" e sui
"ristori" visti nel passato, c'è poco da stare allegri. Ci si muove
dunque ancora una volta nella logica di un condono e di un attacco al
territorio campano di pregio. Con questi indirizzi, ciò che viene messa in
discussione è proprio la sopravvivenza del paesaggio costiero, compromesso già
dalle politiche ambientali e da interventi discutibili e devastanti del centro
sinistra ed ora minacciato dalle modifiche e dagli sdoganamenti liberisti del
centro destra in materia di paesaggio.
Quello
che questi amministratori e politici campani stentano a recepire o forse, non
vogliono proprio recepire è che il
paesaggio è un bene complesso e dinamico, formato da fattori naturali
costantemente interrelazionati e in evoluzione, con cui l’uomo si rapporta nel
definire una propria immagine sul territorio e nell’ambiente. In tal senso,
quindi, il paesaggio si connota come bene ambientale e culturale che rispecchia
sempre una modalità d’essere antropologicamente rilevante[7].
Attraverso
lo studio storico delle diverse normative sul paesaggio in cui il legislatore
ha calato una differente aspettativa sociale, si può approfondire la conoscenza
di un valore fondamentale per l’essere umano; il paesaggio, infatti, è il
risultato di un rapporto, che si specifica come processo di identificazione
dell’uomo su un territorio che egli stesso contribuisce a definire.
“Se il ri-condurre l'uomo sulla terra (il
poetico) significa ri-portarlo all'autenticità, "abitare
poeticamente" significa allora essere toccato dalla vicinanza dell'essenza
delle cose. Questa vicinanza però non ci proviene da una conquista; al contrario
è un dono. E' ciò che si ottiene avvicinandoci umilmente all'essenza vera delle
cose.[…] E' un dono, insomma, esattamente come l'ambiente nel quale esistiamo:
noi costruiamo nell'ambiente, ma l'ambiente non è solo ciò che costruiamo.”[8]
Franco Cuomo – Coordinatore V.A.S. Circolo
Aequa
Vico Equense- Costiera Sorrentina
[1] Friedrich Heinrich Jacobi, Lettere sulla dottrina di Spinoza a Mosè Mendelssohn (1785). Trad.
it. di F. Capra e V. Verra , Laterza, Bari 1969; Donata Brugioni, Il sentimento della natura nel romanticismo,
in. Minuti Menarini, n.315, maggio 2004; Andra Chieregato ( a cura di ), Il
Romanticismo e la nuova concezione della natura. Friederich Hoelderlin: Natura,
Filosofia e Poesia, in:
[2] Gilles Clemant, Manifesto
del Terzo paesaggio, A cura di Filippo De Pieri, QuodLibet,2005;
[3] Barocchi R.., Dizionario di urbanistica, Franco
Angeli, Milano, sec. ed. 1984;
[4] op.cit.
[5] S.Settis, Paesaggio Costituzione cemento. La battaglia
per l'ambiente contro il degrado civile, Einaudi, To.2010;
[6] Johannes Duns Scoto, Opus Oxoniense, Libro
IV,distinctioXIII,quaestio I, in Opera Omnia, vol,VIII, Georg
OlmsVerlagsbuchhandlung, Hildesheim, 1969,p.807;
[7] cfr. Katia Rossi, L’estetica
di Gilles Deleuze, ed. Pendragon, Bologna 2005;
[8] Martin Heidegger, "Costruire
abitare pensare" - in Saggi e
discorsi, Mursia, Milano 1976;
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