venerdì 26 aprile 2013
1959
Una giornata bellissima
regalatami, dalla maestra Lena Parlato che insegna alla scuola materna di Vico
Equense alla SS. Trinità e Paradiso. Mia nipote Alessia la settimana scorsa mi
chiese: “ Zio, ti andrebbe di venire a
scuola e raccontare i giochi della tua infanzia ai bambini e a Mattia. Le
maestre stanno facendo un progetto didattico nel quale, i nonni devono
comunicare il loro sapere e creare un ponte tra loro e i nipotini”. Ora, a
parte il dettaglio che io non sono il nonno ma un prozio, che comunque è la
stessa cosa, le dissi immediatamente di si con entusiasmo e insieme a Enzo – il
papà di Mattia - decidemmo di costruire un aquilone. Quelli che facevamo noi da
ragazzi erano costruiti con le canne, che di solito andavamo a prendere ai
bordi delle scale della marina di Aequa o nelle scale sotto il castello Giusso,
che spesso risultavano essere taglienti
e pericolose, invece, invece per i bambini, Enzo ha trovato delle confezioni in vendita, sicure e
adatte a loro e così è cominciata l’avventura. Nella piccola aula tutta
decorata di fiori tra banchetti e sedioline, Enzo ed io, circondati da tante
piccole testoline vocianti abbiamo cominciato ad intagliare le canne per il
telaio e poi la carta velina colorata e loro, attentissimi ed eccitatissimi, ci
davano il nastro adesivo, le forbicine, mentre altri con stampini, ritagliavano
farfalline, piccoli soli e striscioline da usare come decorazione, mentre
avveniva tutta l’operazione. Loro chiedevano ogni cosa curiosissimi e io e Enzo
tentavamo di dare loro risposte semplici
e raccontavamo come li facevamo noi da bambini: è difficile dare risposte
semplici ai bambini. Dopo siamo usciti nel cortile, abbiamo legato l’aquilone
ad un filo di lana colorata e tra lo stupore nostro ( mio e di Enzo) e la gioia
dei bambini, l’aquilone si è alzato in volo anche se per poco perché era una
giornata ventosa. Cosa, dire: un’emozione unica! I bambini, due dei quali mi
avevano adottato e non mi lasciavano la mano anche se non mi avevano mai visto,
comunicano una immensa gioia di vivere e penso che accudirli ed educarli a
quell’età ( tre anni) sia un lavoro gratificate ed appagante e che le maestre
di scuola materna svolgono un compito importantissimo e delicato nella
formazione di queste giovani coscienze. Non voglio essere retorico, ma a me
piacerebbe tantissimo lavorare con questi bambini, mi sentirei veramente utile
a qualcosa. Con tristezza però ho dovuto constatare la fatiscenza dei luoghi in
cui si è svolta tutta la bella giornata. La
SS. Trinità è stato il posto dove sono
venute su intere generazioni di vicani
da più di centocinquanta anni. Io stesso sono stato piccolo in quel
posto e ho fatto le stesse cose che oggi hanno fatto questi bambini con me, ma, particolare
avvilente e non da poco, quel cortile era meglio tenuto 60 anni fa che non oggi:
Le aiuole sono distrutte e non vengono riparate, le palme sono state tagliate e
non è stato piantato più niente, i bagni dei bambini sono vecchi e cadenti i
corridoi abbandonati all’incuria del tempo e tutta la struttura che ospita la
scuola versa in condizioni di degrado estremo. Qualche anno fa una petizione
pubblica chiese l’annessione del complesso al patrimonio comunale, ci fu una
mobilitazione di molti cittadini e associazioni, ora che – a quanto si dice- i
debiti sarebbero stati sanati e l’Ente ha un nuovo Consiglio di Amministrazione
con persone che si dicono molto sensibili a tutto il sociale possibile, non si
parla più di questa acquisizione e, al di la di dichiarazioni di facciata, la
scuola materna continua ad essere lasciata nell’abbandono reggendosi solo sul
lavoro e l’impegno di queste bravissime professioniste dell’infanzia. Mi hanno
invitato a ritornare, magari a raccontare favole inedite: ho detto loro di si con gioia perché sono stato bene con i
bambini, anche perché vorrei leggergli favole a loro sconosciute che ho sui
libri antichi della Scala d’Oro della Utet che mi aveva regalato papà.
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