domenica 19 gennaio 2014

Un film capolavoro: Philomena di Stephen Frears.



Ieri sera, al Delle Rose a Piano di Sorrento un film magistrale tratto da una storia vera che è diventata prima un romanzo e poi un film: Philomena di Stephen Frears, con due attori superlativi: Judi Dench e Steve Coogan. La capacità di raccontare una storia come questa con delicatezza e durezza che fa di questo film un autentico capolavoro imperdibile, altro che La grande bellezza! Fede, Religione,Ateismo, Omosessualità ce n'è di che parlare, eppure il film senza partigianerie racconta una storia durissima facendo anche sorridere e commuovere.

Philomena Lee è un'infermiera in pensione che vive nel Sud dell'Inghilterra con i figli e i nipoti. Ha subito da poco un intervento all'anca, una protesi al titanio che le permette di muoversi senza dolore. È una cattolica molto devota ed è appassionata di romanzi rosa, quelli in cui l'erede del granducato si innamora segretamente della sguattera, che in realtà è figlia illegittima di un nobile ma ancora non lo sa, eccetera. Ha sempre una parola buona per tutti: come sei gentile, sei unico/a al mondo. Sembra totalmente incapace di arrabbiarsi con qualcuno.
Quest'ultima caratteristica è per Martin Sixsmith un vero enigma. Lui, ex giornalista non credente, padre di quattro figli, allontanato fra molte polemiche dallo staff di spin doctoring di Tony Blair, è più che convinto che Philomena avrebbe tutte le ragioni per odiare il mondo intero.
La donna, cinquant'anni prima, ha infatti vissuto in quei luoghi noti come «lavanderie irlandesi»: istituti religiosi che ospitavano soprattutto ragazze madri, alle quali garantivano l'espiazione delle colpe e la redenzione dell'anima attraverso il duro lavoro. Partorivano sorvegliate dalle suore, senza alcuna assistenza medica, e se sopravvivevano potevano vedere i loro figli un'ora al giorno, fino a quando non venivano adottati da facoltose e cattoliche famiglie.
Il regista Stephen Frears racconta in questo film il viaggio che Philomena e Martin hanno realmente compiuto alla ricerca del figlio di lei, dall'Inghilterra all'Irlanda fino a Washington. Prima tappa, l'istituto: le suore ancora vive - alle quali negli anni si era gia rivolta molte volte, all'insaputa di marito e figli - hanno educatamente negato il loro aiuto, ma nei dintorni tutti sapevano che i bambini erano venduti a coppie americane per 1.000 sterline e che i registri sono stati bruciati. A eccezione dei documenti in cui le madri naturali firmavano l'impegno a non cercare i propri figli né a mettersi in contatto con loro.
L'arrivo negli Stati Uniti ha portato risposte, purtroppo non tutte positive, alle numerose domande di Philomena: mio figlio ha avuto un'infanzia felice? Crescere in una famiglia benestante gli ha dato quelle opportunità che io non avrei potuto dargli? Ha avuto intorno a sé persone che lo amavano? Ha ricordi dell'Irlanda? Ha mai provato a cercarmi? Dove si trova adesso?
Un viaggio divenuto un libro, che Philomena ha chiesto a Martin di scrivere perché tutti sapessero cosa accadeva in quei luoghi (l'ultima "lavanderia" ha chiuso nel 1996) e per dare speranza a tutte le donne che ancora oggi continuano a cercare i loro figli.
Un tema che abbiamo conosciuto attraverso il cinema ancor prima che Philomena e Martin si incontrassero: Magdalene di Peter Mullan ha vinto il Festival di Venezia nel 2002 sconvolgendo e indignando il pubblico sulle colpe di queste istituzioni cattoliche, che solo nel febbraio 2013 hanno visto le pubbliche scuse da parte del governo irlandese.
Una condanna alla religione che non trova spazio, se non appena sussurrato, in Philomena: la magistrale interpretazione di Judi Dench, che aveva già recitato per Frears in Lady Henderson presenta (parentesi: se non lo avete visto, anche questo film vale il vostro tempo), culmina nella scena in cui Philomena chiede placidamente a Martin - di fronte alle suore appena smascherate dopo anni di bugie e segreti - come può non trovare estenuante il vivere con tutta quella rabbia e rancore.
Questa frase è a mio avviso il messaggio chiave nel film: la frase «io ti perdono» con ogni probabilità è una delle piu difficili da pronunciare, ma la naturalezza con cui esce dalla voce di Philomena porta in chi guarda il film un profondo rispetto verso questa donna, viva ancora oggi, che come molte altre ha messo a nudo la propria storia per conservare la memoria di chi non è sopravvissuta, di chi sta ancora cercando, di chi vuole andare oltre l'etichetta di maddalena (espressione che nel film non viene mai usata) per essere vista solo come donna, madre, persona.

1 commento:

  1. Anche il rispetto mostrato da Martin verso Philomena, ha una grande importanza.Lui non perdonerebbe, ma toccato dalla dolcezza straziante della donna e dalla sua inguaribile espansività le concede la tregua ed anzi le regala una statuina di cristo redentore .Ho pensato che centrale fosse anche l'umanità del giornalista e chissà che proprio da questo clima di tolleranza creatosi si sia potuto determinare un epilogo sostanzialmente positivo.Lei sceglie infatti di far scrivere e divulgare quella storia gratificando le aspettative di Martin.Un cambiamento di rotta rispetto alla decisione precedente di Philomena che aveva chiesto di non pubblicare la sua storia. Maturata sull'onda emotiva scaturita dal susseguirsi degli eventi l'ultima scelta di Philomena è la svolta ideale data su una linea di confine di non facile identificazione tra le ragioni della propria interiorità e quelle esterne degli altri.Un vero capolavoro

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