lunedì 31 dicembre 2012

valentina's tales. 5

andrej pejic





Sono a casa di amici che visito per la prima volta. Deve essere in Italia, o Spagna, o forse Francia, o Portogallo, nel centro antico ma ancora un po' povero di una grande città. Praticamente la densità edilizia e' tale che la distanza tra palazzo e palazzo potrebbe quasi essere superata con un grande balzo dall'uno all'altro. Infatti fuori dalla finestra della mia stanza, di fronte leggermente più in alto a sinistra, c'e' il balcone di un appartamento dove una ragazza bellissima sta stendendo il bucato, non all'esterno del balcone ma su uno di quegli stendini pieghevoli spiegato sul balcone stesso. E' vestita quasi di niente, solo come di aria più densa qui e la sul corpo. La ragazza bellissima, giovane, estremamente sensuale e' allo stesso tempo un ragazzo. Lo capisco inaspettatamente perché quando i miei occhi le scivolano sulle gambe lunghe, sinuose e liscissime, partendo dalle caviglie sottilissime, su tacchi alti e salendo verso l'alto, all'altezza del sedere il suo liscissimo scroto e piccolo pene le spuntano tra le cosce serrate tra loro. Mi accorgo solo ora che deve aver intuito la mia presenza già da lungo tempo, perché ancora china sullo stenditoio dandomi le spalle, con il sedere, scroto e gambe praticamente in offerta, gira il collo e mi sorride con uno dei volti più innocenti e belli che abbia mai visto. D'improvviso mi rendo conto che nonostante la sua estrema bellezza e' sola più che mai perché tutti la considerano un mostro. Forse anch'io, perché mentre continuiamo a fissarci dritto negli occhi, chiudo i battenti della mia finestra, lascio la mia stanza e raggiungo i miei amici. Amici probabilmente conosciuti solo di recente, perché in pratica nessuna delle loro facce mi e' familiare. Tra loro c'e' questo uomo su una sedia a rotelle, nudo. Qualcuno potrebbe giustamente definirlo un mezzo uomo, in quanto braccia e gambe sono mancanti del tutto e la testa e il tronco sono quasi un tutt'uno, come un pinocchio appena abbozzato. Piange disperato ma sommessamente. Nessuno sembra prestargli attenzione perché scherzi e lazzi si sprecano nel gruppo di persone. Non riesco a fare a meno di avvicinarmi alla sedia a rotelle, anche se cicatrici su tutto il tronco e viso e collo dell'uomo mi fanno repulsione, ancora di più ora che sono più vicino e vedo che da ognuno di esse emerge della linfa giallognola trasparente. Nonostante la repulsione le mani mi si muovono da sole per andare a massaggiare quel corpo e a provare di comprimere le cicatrici a che la linfa smetta di uscirne. Faccio il tutto nel più delicato dei modi ma l'uomo comincia prima fievolmente poi sempre piu forte a chiamare un nome disperatamente, un nome solo che conosco estremamente bene. Sono io che gli provoco dolore? Perché continua a chiamare quel nome come se fosse la sola possibilità della sua salvezza? Perché solo quando la persona che corrisponde a quel nome emerge dal nulla e gli va vicino, l'uomo smette di urlare e si acquieta? Mi allontano rabbrividendo, la linfa giallognola trasparente delle cicatrici dell'uomo ancora fresca sulle dita delle mie mani. Ho gli occhi ancora spalancati, il respiro affannato, lo sguardo focalizzato sul tronco d'uomo in sedia a rotelle che si fa coccolare dall'altro uomo che gli massaggia le spalle da dietro. Entrambi sorridono l'uno all'altro ora. E le mie orecchie percepiscono che l'allegria di tutti gli altri nella stanza non e' mai cessata. Ora ancora di più perché la ragazza/ragazzo vicina di balcone si e' unita al gruppo chiassoso e festoso e ride con gli altri.

                                                                                                      Valentina

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