andrej pejic |
Sono a casa di amici che
visito per la prima volta. Deve essere in Italia, o Spagna, o forse Francia, o
Portogallo, nel centro antico ma ancora un po' povero di una grande città. Praticamente
la densità edilizia e' tale che la distanza tra palazzo e palazzo potrebbe
quasi essere superata con un grande balzo dall'uno all'altro. Infatti fuori
dalla finestra della mia stanza, di fronte leggermente più in alto a sinistra,
c'e' il balcone di un appartamento dove una ragazza bellissima sta stendendo il
bucato, non all'esterno del balcone ma su uno di quegli stendini pieghevoli
spiegato sul balcone stesso. E' vestita quasi di niente, solo come di aria più
densa qui e la sul corpo. La ragazza bellissima, giovane, estremamente sensuale
e' allo stesso tempo un ragazzo. Lo capisco inaspettatamente perché quando i
miei occhi le scivolano sulle gambe lunghe, sinuose e liscissime, partendo
dalle caviglie sottilissime, su tacchi alti e salendo verso l'alto, all'altezza
del sedere il suo liscissimo scroto e piccolo pene le spuntano tra le cosce
serrate tra loro. Mi accorgo solo ora che deve aver intuito la mia presenza già
da lungo tempo, perché ancora china sullo stenditoio dandomi le spalle, con il
sedere, scroto e gambe praticamente in offerta, gira il collo e mi sorride con
uno dei volti più innocenti e belli che abbia mai visto. D'improvviso mi rendo
conto che nonostante la sua estrema bellezza e' sola più che mai perché tutti
la considerano un mostro. Forse anch'io, perché mentre continuiamo a fissarci
dritto negli occhi, chiudo i battenti della mia finestra, lascio la mia stanza
e raggiungo i miei amici. Amici probabilmente conosciuti solo di recente, perché
in pratica nessuna delle loro facce mi e' familiare. Tra loro c'e' questo uomo
su una sedia a rotelle, nudo. Qualcuno potrebbe giustamente definirlo un mezzo
uomo, in quanto braccia e gambe sono mancanti del tutto e la testa e il tronco
sono quasi un tutt'uno, come un pinocchio appena abbozzato. Piange disperato ma
sommessamente. Nessuno sembra prestargli attenzione perché scherzi e lazzi si
sprecano nel gruppo di persone. Non riesco a fare a meno di avvicinarmi alla
sedia a rotelle, anche se cicatrici su tutto il tronco e viso e collo dell'uomo
mi fanno repulsione, ancora di più ora che sono più vicino e vedo che da ognuno
di esse emerge della linfa giallognola trasparente. Nonostante la repulsione le
mani mi si muovono da sole per andare a massaggiare quel corpo e a provare di
comprimere le cicatrici a che la linfa smetta di uscirne. Faccio il tutto nel
più delicato dei modi ma l'uomo comincia prima fievolmente poi sempre piu forte
a chiamare un nome disperatamente, un nome solo che conosco estremamente bene. Sono
io che gli provoco dolore? Perché continua a chiamare quel nome come se fosse
la sola possibilità della sua salvezza? Perché solo quando la persona che
corrisponde a quel nome emerge dal nulla e gli va vicino, l'uomo smette di
urlare e si acquieta? Mi allontano rabbrividendo, la linfa giallognola
trasparente delle cicatrici dell'uomo ancora fresca sulle dita delle mie mani. Ho
gli occhi ancora spalancati, il respiro affannato, lo sguardo focalizzato sul
tronco d'uomo in sedia a rotelle che si fa coccolare dall'altro uomo che gli
massaggia le spalle da dietro. Entrambi sorridono l'uno all'altro ora. E le mie
orecchie percepiscono che l'allegria di tutti gli altri nella stanza non e' mai
cessata. Ora ancora di più perché la ragazza/ragazzo vicina di balcone si e'
unita al gruppo chiassoso e festoso e ride con gli altri.
Valentina
Valentina