Ieri sera,
al Pompei lab è stata
rivissuta tutta la magia di una rappresentazione barocca : musica, danza, canto
e teatro. Ci vuole molto coraggio a presentare sonorità lontane, ma questo
coraggio non è mancato al regista della rappresentazione, nonché voce contro
tenore, il bravissimo ed eclettico Enrico
Vicinanza: giovane talento di una scena musical espressiva che a Napoli ha
radici antiche. Forte e sicuro del suo apprendistato desimoniano Enrico Vicinanza
ci ha donato ieri un lavoro raffinatissimo e per musica e per testi: abbiamo
tutti potuto godere delle musiche di Gorzanis,
Kapsberger, da Nola, Biffi, Aranes, ovvero tutti grandi autori di
composizioni antiche, popolari e colte, di scuola napoletana ed europea. Ma lo
spettacolo è stato un misto di sinergie e di evocazioni sceniche degno di
grande teatro: suggestivo il clavicembalo aperto col coperchio della cassa
armonica finemente decorato suonato magistralmente dal giovanissimo maestro Francesco Aliberti, mentre
riuscivano a trasportare in un’altra dimensione le voci di Fabio Anti, tenore, e Angela Luglio, e
Maddalena Pappalardo, soprani e gli altri due musicisti Paola La Forgia: viola da gamba e Tommaso
Rossi: flauti dolci. Per alcuni
attimi ad occhi chiusi mi sono ritrovato in un teatrino barocco nel quale gli
uomini cantavano in falsetto, gareggiando con le prime apparizioni femminili
sulla scena, mentre una bravissima e diafana danzatrice, Alessandra Sorrentino, eseguiva pantomime delicate.
Tutto questo è stato ieri sera “Alle nozze, ai balli e ai canti”
villanelle, moresche e conzonette napolitane nato dalla collaborazione del Laboratorio Turchini con un team di
artisti, volontari ed amici, tutti
orbitanti attorno al Pompeilab, centro di promozione
culturale e sociale con sede a Pompei, un lavoro di intensa sinergia che mira ad una gioiosa fusione fra le arti
coreutiche coinvolte. I testi per la maggior parte villanelle e moresche,
simboleggiate anche da una mezza luna saracena che dominava tutta la scena. La
“villanella alla napoletana” o semplicemente “napoletana”, fu dopo il madrigale
il genere di musica profana più diffuso in Italia e tra i più amati in tutta
Europa, per oltre un secolo, dal 1537 alla metà del Seicento. Esiste infatti
una data di nascita che corrisponde alla più antica raccolta di “villanelle”,
stampata a Napoli nel 1537 e che fu forse una realizzazione tardiva
dell’omaggio di vari cavalieri e nobili napoletani all’imperatore Carlo V, che
risiedette a Napoli per alcuni mesi fino all’inizio del 1536. “Nelle villanelle delle origini vi è
certamente un’ atmosfera popolare, anzi contadina e villanesca, ma resta
soltanto un gioco in cui i nobili esecutori fanno il verso a quelle
espressioni, ne imitano con fine divertimento intonazioni nasali o effetti
gutturali e onomatopeici” (Dinko Fabris) . Un teatro d’autore dunque, che
ha fuso insieme canti e parola recitata in napoletano antico dai bravissimi
Adelaide
Oliano, Mario Riccardi
alcuni testi di un autore scafatese del Filippo Sgruttendio de Scafato fine
sec. XVI/XVII ma anche testi di Lorenzo
Il magnifico. Una serata assolutamente unica da riproporre ancora per la
gioia ed il godimento degli amanti di queste operazioni coltissime che elevano
il livello spesso deprimente di ciò che si vede troppo spesso in giro. Un
grazie allora ad Enrico Vicinanza e
a tutti coloro che hanno contribuito a realizzarlo.
Franco Cuomo – Vico
Equense- 14-6-2015
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