Dicono che non parlo bene
mai di niente, glielo lascio dire, ma se devo parlare di loro che dicono questo
non posso che dire male:cosa potrei mai scrivere, dire o pensare della
grossolanità, del pressapochismo, del provincialismo, di gente che non sa cosa
c’è fuori di questo paese, delle feste di mediocrità galoppanti, di signore che
si improvvisano p.r. o fanno finta di far cultura e beneficenza tradendo l’una
e l’altra cosa. Insomma, di tutto questo non mi semtirete mai parla bene. Parlo e scrivo e dico bene però di tante altre cose, cose delle quali non so
con chi parlare. Scrivo bene di Parade di Pablo Picasso, per esempio,esposta a
Capodimonte e che celebra il centenario del viaggio in Italia compiuto, tra
marzo e aprile del 1917, da Picasso insieme al poeta Jean Cocteau per lavorare
con i Balletti Russi a Parade, balletto che poi andò in scena a Parigi a maggio
dello stesso anno, su soggetto dello stesso Cocteau con la musica di Erik
Satie. Parlo bene della sua maestosa forza espressiva, delle sue dimensioni 17
metri per 10, dell'emozione profonda che comunica, della riflessione che ti induce
a fare su quello che Picasso insieme a Cocteau - che oltre all'arte cercavano
il Mediterraneo antico, Cocteau i ragazzi, e Picasso il mito dell'origine . Un
viaggio di due mesi durante i quali Picasso trascorre due settimane a Napoli
tra marzo e aprile 1917. E in quei giorni avviene la metamorfosi del balletto.
Ecco scrivo bene di queste cose. Trovarsi da solo, davanti alla bellezza totale
dell'arte, in silenzio, in una grande sala di un museo magnifico - come lo è
Capodimonte- senza il bisogno di comunicare per forza, o di spiegare, ti ripaga
della fatica di arrivarci, del caldo e dell'indifferenza della gente. Perché questa è la magia dell'arte. Io parlo
bene di queste cose, mi piace di parlar bene di queste cose, o del coinvolgente
concerto di Peppe Servillo
e degli Avion Travel a villa Fiorentino l'altra
sera, della fusion che mixava suoni mediorientali e canzoni popolari di Nada e
di Celentano, della bravura teatrale di Peppe Servillo e di quella vocale,
della curiosa ironia dei suoi testi. A me piace parlar bene di queste cose, ora
per esempio mi piacerebbe vedere la grande mostra alla Casa dei Tre Oci a
Venezia di David LaChapelle
e non è detto che non vada, con oltre 100 immagini
dagli anni '90 a oggi, più l'anteprima mondiale della serie New World che presenta
scatti in cui il fotografo dell'eccesso torna alla figura umana e riflette su
questioni metafisiche, come il viaggio dell’anima dopo la morte, o le
rappresentazioni del paradiso. Già, ma chi conosce David LaChapelle del quale
vidi la sua prima mostra a Parigi al Gran Palais nel 1987 in un confronto
serrato tra le sue foto e quelle dei suoi mentori Pierre et Gilles? Ma chi
parla di queste cose, con chi se ne può parlare? Nonostante l’era di internet
la provincia con la sua miseria culturale esiste ancora, anzi, sono convinto
che internet abbia e stia diffondendo questa miseria a livello planetario. L’arte
salverà il mondo? No non credo, l’arte salva solo chi vuole salvarsi attraverso
essa, chi comprende che non si possono dare perle ai porci, chi si lascia alle
spalle la miseria della trita banalità e quando parlo o scrivo di questa
miseria spesso sento che mi immiserisco anche io.
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