Vorrei iniziare così, con un
periodo oscuro e chiaro al tempo stesso. Arriva l’età nella quale ci si crede
abbastanza vecchi per pensare a che cosa si vuole fare nel futuro. Allora ogni
cosa ti sembra possa esser detta e fatta. E allora chi dovrebbe tacere anche
per una certa dignità parla e scrive perché crede di esser diventato vecchio e
crede di riabilitarsi agli occhi del mondo. Non per me. Non so ancora se sono
vecchio, vecchia è mia madre e le mie zie: le grandi vecchie, loro potrebbero
scrivere la verità e se non la scrivono, la parlano come sibille invasate. Io
non lo so, perché so solo di non essere più giovane, né di sentire come o cosa
sente un ventenne per esempio, mentre ho dimenticato come e cosa sentivo alla
stessa età: succede. E allora contro chi presuntuosamente credendosi vecchio,
scrive di letteratura, per riabilitarsi al teatrino della politca mediocre di
questa Italia arretrata, analfabeta, televisivamente omologata, culturalmente
impoverita, va tutta la mia più profonda e totale avversità e risentimento.
Questi presunti vecchi che si credono saggi, riappaiono su sciatti palcoscenici
alla ricerca di consenso: poveri di mente e di spirito. Il solo consenso di cui
dovremmo preoccuparci oggi, dovrebbe essere quello di incoraggiare ad una eterogeneità
di dissensi, in un contesto giornalistico e pseudo letterario fatto di
mediocrità comodatemente accreditate da salottini televisivi. Così inizio con
un periodo per me chiaro ed oscuro al tempo stesso, perché in esso mi ritrovo e
ritrovo l’onestà di una schizofrenia che mette in scena in prima persona il
soggetto che scrive. Forse gli scrittori veri, quelli che non scrivono per
riabilitarsi agli occhi del mondo, come i nostri politici corrotti, quelli che
non trovano case editrici compiacenti, sanno che questa è la strada da
percorrere. Il lavoro di scrittura entra nel bel mezzo del linguaggio per
istruirvi l’idioma che gli occorre. Scrivere è soltanto un intransitivo
percorrere, la trama è lo stile della scrittura e i pensieri non sono frutti della
terra, sistemati in un grande magazzino. Essi sono come nubi e una nube di
pensieri non ha mai confini fissi, ma sempre mobili caratterizzata da una linea
frattale come quella di Mandelbrot[1] e
allora è per questo che “Son diventato
impercettibile a me stesso e clandestino in un viaggio che non va da nessuna
parte. Nulla può più accadere o essere accaduto . Nessuno può fare qualcosa per
me o contro di me. I miei territori sono disinseriti, e non perché sono
immaginari, al contrario, perché li sto rintracciando. Finite le grandi o le
piccole guerre. Finiti i viaggi alla ricerca di qualcosa. Non ho alcun segreto, tanto da aver perso la
faccia, la forma e la materia. Non sono altro che una linea. Sono diventato
capace di amare, ma non un amore universale astratto, bensì quello che
sceglierò e lo sceglierò io, alla cieca, o il mio doppio, che sa molto più di
me che me. Ci si salva dall'amore e per l'amore, lasciando sia l'amore sia me.
Niente di più che una linea astratta, come una freccia che attraversa il vuoto.
Deterritorializzazione assoluta. Sono diventato come tutti gli altri, ma nel
modo in cui nessuno può essere come tutti gli altri. Ho dipinto il mondo ma non
me stesso nel mondo.[2]
Ecco, bisognerebbe porsi in
queste condizioni per scrivere il non detto o lasciare che il non detto si auto
racconti, invece la parata degli apparati ritrova i grandi spazi di
rappresentanza del potere: il foyer di un grande teatro lirico, i guitti al
soldo che si atteggiano a giornalisti “contro”, i più pericolosi e subdoli, caricature
di se stessi che recitano copioni ormai noti e che trovano grande audience nel
grande Moloch televisivo. Tranches lette
dal’ attrice nota di turno in una deflagrante indifferenza dove, chi è lì, lo è
per farsi vedere mentre la grande assente sembra essere proprio la letteratura
e la grande presenza invece sembra essere proprio la corruzione nella forma
degli apparati e nell’evento. Ciò che è mortificato è lo spazio della
scrittura: questa scrittura finalizzata ad una riabilitazione è essa stessa corruzione:
in Italia sono molti i politici decaduti che hanno scritto romanzi. Agiografie che nascondono ciò per le quali
sono state scritte e che si muovono tra soffocanti silenzi e vistose omissioni : L’immaginazione latita e non arriva a
sintetizzare una forma e a presentarla come intuizione, perché questa forma se
esistesse, eccederebbe la misura della sua comprensione istantanea: figure
retoriche deboli restituiscono una brutta scrittura. Questo è il fallimento di
tutta questa operazione e altresì il fallimento ideologico di una nazione.
Nella città culla della filosofia storicistica, l’unica certezza storica
attuale sembra rintracciarsi nell ‘AUREA MEDIOCRITAS.
Franco Cuomo