Cor van Eesteren e Theodor Karel van Lohuizen, Piano generale di espansione di Amsterdam 1935 |
Segni parlanti: le dodici case di Arntz |
“ I pittogrammi di Neurath e Arntz hanno agito non solo nelle
discipline del progetto di città, ma anche nell’immaginario collettivo e il
loro linguaggio innovatore, concettualmente sofisticato[…] è ancora patrimonio
comune[…] così come non è difficile cogliere nelle immaginifiche
rappresentazioni di alcuni dei più noti architetti contemporanei, il richiamo
diretto alle rappresentazioni che Neurath elaborò negli anni tra le due guerre,
da collocare certamente tra i simboli del moderno”
Pag.29, da Punto, linea, citta, G.Guida, CLEAN
Al solito, gli architetti prendono
a piene mani dai filosofi, Otto Neurath,
marxista eterodosso vicino al Circolo di Vienna, dal quale si allontanò per
sopraggiunte differenze di opinione circa il concetto di scienza. Nel
1925 fonda e dirige il Museo Sociale ed
Economico di Vienna la cui funzione era quella di diffondere la conoscenza
dei dati statistici tra i cittadini, così da comprendere meglio la realtà del
proprio paese. Ebbe molta influenza su Adolf
Loos, Hans Kampffmeyer e molti altri che professavano un’idea comunista
dell’organizzazione degli spazi costruttivi, per uno sviluppo democratico della
città. Oggi trovo Neurath molto citato in questo libro che ho letto, insieme a Eco e Wittgenstein. E’ nobile questo intento, quello degli architetti contemporanei, se questo producesse poi effetti degni di nota,come
quelli che produssero questi pensatori e architetti all’inizio del secolo scorso, ovvero ricadute
visibili e progettualità che poi hanno influenzato e influenzano ancora la
nostra esistenza contemporanea, i Pittogrammi
di Arntz, ma proprio la caduta del segno iconico delle nostre città e il
proliferare disordinato di scenari, brutti, informi e anomici, dimostra due cose:
o il fallimento dell’Urbanistica come disciplina che possa organizzare lo
spazio urbano o la sua trasformazione in “metafisica
geometrico/descrittiva”. Ventisette anni di frequentazione di facoltà di
architettura, mi hanno fatto comprendere che l’urbanistica oggi è tutte e due
le cose insieme a meno di non ritornare sui propri passi, ovvero imporsi come “filosofia della prassi costruttiva” (
Neurath), delle costruzioni della città, che proponga e imponga scenari
metropolitani completamente opposti a quelli che si sono sviluppati in questi
anni. In più sostengo che il “progetto
come persuasione” (pag.61) è una
risposta “debole” , ma non nel senso
di Vattimo, al proliferare del “progetto
come imposizione”, dove spesso il progetto è sopraffatto dai soli interessi
economici.
F.C.
La tua analisi è corretta, anche perchè i disastri dell'urbanistica razional-comprensiva sono sotto gli occhi di tutti. Tuttavia manca di alcuni appigli ad alcune realtà che, per dimensioni culturali, qualità politica, tradizioni civiche, dimostrano che un'altra storia, con gli stessi attrezzi, era possibile. L'immagine del piano per Amsterdam, scopiazzato a più riprese dagli urbanisti italiani, è lì a dimostrarlo. Nel suo collocarsi nella tradizione razionale e funzionalista quel piano ha generato l'Amsterdam moderna che tutti vedono e dove le addizioni gentili e "deboli" (questa volta nel senso di Vattimo) alla città fisica e al suo palinsesto funzionano e sono belle, disegnate, abitabili. Era proprio una cosa come Amsterdam che Neurath e compagni immaginavano e, con i loro strumenti, avevano "persuaso" al politica, con un po' di coraggio, a realizzarla.
RispondiEliminaGG
Sicuramente saprai che, filosofia della prassi è sinonimo di marxismo, io ho scritto che forse sarebbe il caso che l'urbanista si riconvertisse in una " filosofia della prassi costruttiva" , quindi capisci cosa voglio dire, hai fatto bene a scrivere " era possibile" e non è possibile . E' stata possibile allora perché alle idee si dava poi forma ai fatti. Per tutto il resto, appena avrò tempo e voglia scriverò un libro sull'argomento . Il libro l'ho letto tutto.
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