Sapete, nella mia solitudine
forzata di casa mia cosa mi chiedevo ieri, anzi cosa mi chiedo da quando è
iniziata questa storia che i media concitati chiamano “guerra”,ma che è ben
lontano in fondo dall’esserlo: che i media , come già ebbi a scrivere ben 14
anni fa, in un libro letto credo allora solo dai miei quaranta studenti ,e
prefatto da Gianni Vattimo col quale discutemmo a lungo sul titolo, costruiscono
la realtà, la fanno, concretamente, la
rendono reale, fino a condizionare
totalmente la nostra vita. Provate solo ad immaginare, se, con tanta insistenza
e invadenza , apprensione, invece del Corona Virus, essi volessero far passare e imporre, un’altra
cosa, qualsiasi altra cosa: l’idea di cosa è bene e cosa e male, per esempio,
oppure chi è buono o chi è cattivo, mettendo in atto tutti i
meccanismi di esclusione possibile, oppure ancora, che l’unica verità possibile
da credere è quella che essi ci stanno raccontando con tanta concitazione . Ecco,
proprio l’accentuazione del carattere tendenzialmente totalizzante di questa complessità
mediatica in questa nostra epoca tardo industriale e il predominio di una
realtà virtuale, intendo televisiva o di social media o semplicemente di comunicazione tout- court, mi ha
sollecitato tutta una serie di interrogativi che – per la verità mi sono sempre
posto. Intanto bisognerebbe cominciare da come vengono
trasmessi i notiziari, rifletteteci : quasi urlati, con una visibile concitazione
dello speaker, e Mentana, imbonitore da mercato ne è uno degli esempi classici,
e non, per esempio, per chi li ricorda come li i trasmettevano un tempo
giornalisti come : Riccardo Paladini il
primo speaker del telegiornale della Rai, diretto da Vittorio Veltroni, il
padre di Walter Veltroni (3 gennaio 1954), oppure, David Sassoli, conduttore
Tg1. oggi europarlamentare, insomma con
una pacata compostezza come accadeva nella
televisione di quegli anni. Oggi le notizie si danno urlando quasi fossero
claim pubblicitari, perché quando vengono date, non devi avere il tempo di
pensare, oppure sempre come se si stesse
annunciando una catastrofe: Giovanna Bottero dalla Cina è il più classico degli
esempi, ma era esagitata anche quando era corrispondente da New York. Orbene,
mentre facevo queste considerazioni che sono parte della mia formazione
intellettuale da anni, mi sono chiesto: ma dove sono finiti i migranti? E le
ong nel mediterraneo, e la gente che dormiva sotto le stazioni , e l’ILVA di Taranto acquistata dal
miliardario indiano e il pericolo dell’invasione degli extracomunitari e i
fucili dietro le porte dei lombardo/padani , e alto italiani ? E la quota
cento? E il vitalizio dei parlamentari? Che fine ha fatto questa realtà e chi
la raccontava e che fino al 20 febbraio
era la nostra unica realtà quotidiana e
lo era perché buona parte dell’italia era diventa razzista, o ci veniva
raccontata come esser tale? In venti giorni i media ci stanno raccontando un’altra
realtà, ma quella di prima dove è finita? Ora siamo tutti uniti intorno a Mameli?
Direte voi: ma Franco! c’è l’emergenza virus! Già, vi rispondo io: c’è sempre un’emergenza
in Italia: un ‘alluvione, un terremoto, un’invasione migranti. E, ammettendo
che ci sia, come c’è l’emergenza virus, mi chiedo: dove è finita quell’altra realtà
che sembrava essere onnipresente nelle nostre vite fino al 20 febbraio scorso?
Mi chiedo: ma i migranti ci sono ancora? Stanno continuando a sbarcare sulle nostre
spiagge? I centri di accoglienza esistono ancora o non ci sono più? E le
ong raccolgono ancora gente in mezzo al
mare? Nessuno più ci racconta niente di queste storie, tranne Lesbo e la
Grecia, ma cosi, solo per darci qualche coordinata sul mondo, poi per tutto il
resto è come se fossimo tornati all’anno zero o al “mille e non più mille”. E
allora – e non mi dilungo oltre - bisognerebbe veramente interrogarsi su come si fa informazione in questo paese e
nel mondo, bisognerebbe veramente chiedersi perché ci vogliono tutti
terrorizzati e poi fare veramente le proporzioni aritmetiche perché i numeri non
sbagliano e sulla letalità del virus eminenti virologi hanno detto la loro,
poi, come ho scritto in una chat di amici: possiamo morire tutti da un momento all’altro:
di infarto, di cancro, di incidente, perché non siamo né onnipotente, né
immortali e perché la morte fa parte della vita.
*Franco Cuomo, I media e la costruzione del reale, Dedalo, Roma, 2006; libreria universitaria non più disponibile.
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