Qualche riflessione sulla nostra
società ad alto tasso di psicopatia che fa partorire proposte come quella di
dare il voto ai sedicenni. Sull’educazione dei giovani in particolare,
sull’empatia e sulle le emozioni che li attraversano naturalmente non tutti
sono cosi, ma osservandoli tra di loro, sto parlando di quelli che nei paesi anglosassoni,
vengono designati col termine di teenagers,
ovvero degli adolescenti di ambo i sessi
dai 13 ai 19 anni, si possono apprendere molte cose. Questi giovani sembrano soffrire di una sorta di
analfabetismo emotivo, naturalmente, l’analfabetismo emotivo non è solo quello
legato ai sentimenti come l’amore, ma un sentire empatico generale che dovrebbe
in un certo qual modo relazionarli al mondo e alle sue pratiche sociali. Sono
dell’opinione che i sentimenti non sono una dote naturale che
abbiamo da quando nasciamo e non si trasmettono geneticamente. I sentimenti si
apprendono, come già insegnava per gli adulti Flaubert nella sua famosa
Educazione sentimentale: e soltanto attraverso la costruzione di percorsi, fasi
di crescita, una sorta di mappe emotive che si
possono costruire relazioni , legami e l’intera crescita e sviluppo della
personalità . Tutto questo, si formerebbe o per lo meno si dovrebbe formare
attraverso le cura che i bambini dovrebbero ricevere nei primi tre anni di vita
e dovrebbero servire a riconoscere il mondo e a reagire agli eventi in modo
proporzionato.
L’altra sera, osservavo moltissimi ragazzini che sciamavano da un posto all'altro, vociando rumorosamente tra di loro, il mondo intorno a loro sembrava non esistere, in loro vedevo la potenza dei loro ormoni, l’assoluta dimestichezza tecnologica che sembrava il prolungamento dei loro cervelli, il riconoscersi in una svariata tipologia di oggetti. Urlavano per un nonnulla improvvisamente tutti, come una mandria impazzita, sono saltati dalle sedie che occupavano al bar, perché un piccolissimo grillo era caduto ai loro piedi: erano terrorizzati e la loro reazione mi è sembrata sproporzionata all’accaduto.
Ho pensato di trovarmi di fronte ad alieni, all’improvviso ho pensato: se questi urlano e scappano spaventati davanti ad un piccolissimo grillo, cosa faranno mai di fronte a pericoli reali, di fronte a paure più vere? E quindi ho pensato alla loro dimensione emotiva che mi è apparsa in quel momento, molto fragile. La psicologia ci dice che se nei primi tre anni di vita i bambini non sono seguiti, accuditi, ascoltati allora ci si trova di fronte ad un misconoscimento che crea in loro la sensazione di non essere interessanti, di non valere niente. Oggi, io sono convinto che, se la cultura non interviene, i ragazzi rimangono a livello d’impulso o al massimo di emozione e per questo sono convinto che non tutte le società siano idonee a far figli, la nostra è una di queste.
Non è idonea perché i genitori, per sopravvivere, devono lavorare in due e quindi il tempo per la cura dei figli non c’è. I figli sono affidati a un esercito di baby sitter, o peggio alla baby sitter di tutte le baby sitter che è la televisione e oggi ai giochini su smartophon o tablet o alla playstation. Solo se va un poco meglio alle nonne, che però i bambini riconoscono non essere il loro genitore, ma un surrogato. I genitori non hanno tempo di stare con i bambini e si difendono cercando di dare loro un tempo-“qualità”, ma i bambini hanno bisogno di tempo-quantità. Hanno bisogno di essere riconosciuti passo dopo passo, disegno dopo disegno, domanda dopo domanda. Non basta fare quattro week end giocosi per avere una relazione con i figli. E se non si ha questo tempo, dobbiamo rassegnarci a avere dei figli in cui le mappe emotive e cognitive non si formano. Ma queste però sono fondamentali perché diventano le sole modalità con cui si fa esperienza, se le emozioni non si educano o non sono formate, se questa esperienza viene lasciata al caso e non viene mai del tutto elaborata la personalità dell’individuo sarà fragile.
L’altra sera, osservavo moltissimi ragazzini che sciamavano da un posto all'altro, vociando rumorosamente tra di loro, il mondo intorno a loro sembrava non esistere, in loro vedevo la potenza dei loro ormoni, l’assoluta dimestichezza tecnologica che sembrava il prolungamento dei loro cervelli, il riconoscersi in una svariata tipologia di oggetti. Urlavano per un nonnulla improvvisamente tutti, come una mandria impazzita, sono saltati dalle sedie che occupavano al bar, perché un piccolissimo grillo era caduto ai loro piedi: erano terrorizzati e la loro reazione mi è sembrata sproporzionata all’accaduto.
Ho pensato di trovarmi di fronte ad alieni, all’improvviso ho pensato: se questi urlano e scappano spaventati davanti ad un piccolissimo grillo, cosa faranno mai di fronte a pericoli reali, di fronte a paure più vere? E quindi ho pensato alla loro dimensione emotiva che mi è apparsa in quel momento, molto fragile. La psicologia ci dice che se nei primi tre anni di vita i bambini non sono seguiti, accuditi, ascoltati allora ci si trova di fronte ad un misconoscimento che crea in loro la sensazione di non essere interessanti, di non valere niente. Oggi, io sono convinto che, se la cultura non interviene, i ragazzi rimangono a livello d’impulso o al massimo di emozione e per questo sono convinto che non tutte le società siano idonee a far figli, la nostra è una di queste.
Non è idonea perché i genitori, per sopravvivere, devono lavorare in due e quindi il tempo per la cura dei figli non c’è. I figli sono affidati a un esercito di baby sitter, o peggio alla baby sitter di tutte le baby sitter che è la televisione e oggi ai giochini su smartophon o tablet o alla playstation. Solo se va un poco meglio alle nonne, che però i bambini riconoscono non essere il loro genitore, ma un surrogato. I genitori non hanno tempo di stare con i bambini e si difendono cercando di dare loro un tempo-“qualità”, ma i bambini hanno bisogno di tempo-quantità. Hanno bisogno di essere riconosciuti passo dopo passo, disegno dopo disegno, domanda dopo domanda. Non basta fare quattro week end giocosi per avere una relazione con i figli. E se non si ha questo tempo, dobbiamo rassegnarci a avere dei figli in cui le mappe emotive e cognitive non si formano. Ma queste però sono fondamentali perché diventano le sole modalità con cui si fa esperienza, se le emozioni non si educano o non sono formate, se questa esperienza viene lasciata al caso e non viene mai del tutto elaborata la personalità dell’individuo sarà fragile.
In questo modo essi cresceranno senza una formazione dei percorsi cognitivi, rimanendo quasi sempre a un livello d’impulso che sono fisiologici, biologici, naturali. Il
passo successivo dovrebbe essere di passare dagli impulsi alle emozioni ovvero
a una forma più emancipata rispetto all’impulso. L’impulso dovrebbe conoscere il gesto, e successivamente l’emozione dovrebbe
riconoscere la risonanza sentimentale di quello che si sta facendo e di quello che si apprende. Alla fine si
arriva al sentimento che dovrebbe essere
la forma evoluta delle nostre
percezioni, ciò che ci fa diversi per esempio dall’instintualità animale perché
il sentire non solo è una faccenda emotiva, ma anche cognitiva. Dunque i sentimenti si apprendono . I sentimenti
quindi sono cognitivi e consentono di percepire il mondo
esterno e gli altri in maniera adeguata, con capacità di accoglienza e di
risposta adeguate alle circostanze. Per quanto riguarda la scuola, bisognerebbe
che i professori, oltre a sapere la loro materia, fossero anche in grado di
comunicarla e di affascinare. Perché
l’apprendimento, lo dice Platone, avviene per via erotica.
Noi stessi abbiamo
studiato volentieri le materie dei professori di cui eravamo innamorati e
abbiamo tralasciato quelli di cui non avevamo alcun interesse. A scuola è
importante saper appassionare perché gli adolescenti vivono l’età per cui
l’unica cosa che conta è l’amore, e se
gli adolescenti si occupano dell’amore bisogna andare là a cercarli. Attirarli
a livello emotivo significa trovare la breccia per passare poi al livello
intellettuale.
Se invece si scarta la dimensione emotiva, sentimentale,
affettiva allora non si arriva neppure alle loro teste. . Noi dovremmo imparare
, e i giovanissimi in primis, tutto
ciò attraverso l’amore che, è un sentimento
che, come ho appena scritto, va costruito e poi tutto il resto attraverso la letteratura, che è il luogo dove
si apprende che cosa sono il dolore, la noia, l’amore, la disperazione, il
suicidio, la passione, il romanticismo. Ma se la letteratura non viene
“frequentata”né dai genitori, né dalle maestre né dai docenti ( non tutti, non me ne vogliano) e i libri non vengono letti più da nessuno, se
la scuola stessa è una scuola senza
amore allora i sentimenti non si formano e nemmeno le capacità cognitive. Quel gruppo di ragazzine e ragazzini ciarlieri che sono scappati terrorizzati alla vista di un grillo e che sarebbero incapaci di reazioni davanti ad un adulto in difficoltà, semplicemente perché lo ignorano, non lo vedono, la dice lunga sulle loro capacità cognitive.
Porto
un esempio di un caso patologico degli
ultimi anni citato tra l’altro dal filosofo Umberto Galimberti in un suo articolo cito testuale : “ Il
giorno in cui Erika e Omar uccisero la madre e il fratellino, si recarono, come
ogni giorno, a bere la birra al bar del quartiere. Questa reazione è la
conseguenza della mancata presenza di mappe emotive e di risonanza di quanto
accaduto. Mancanza che non ha consentito loro di riconoscere la differenza tra
bene e male. Il filosofo Immanuel Kant diceva che la definizione di bene e male
possiamo anche non definirla perché ognuno la comprende e la sente da sé. Usa
proprio la parola sentire, e se la differenza tra bene e male non si sente e
non si percepisce rischiamo che un ragazzo non capisca la differenza che c’è
tra corteggiare una ragazza o stuprarla, o tra discutere con il professore e prenderlo
a calci. Non sentire più la differenza tra bene e male, tra il giusto e
l’ingiusto, tra ciò che grave e ciò che non lo è, denota una mappa emotiva non
costituita”.
Se tutto questo non avviene nei primi anni di vita, se non si supportano
i bambini attraverso un processo educativo fatto di relazione e di differenze,
nelle quali in bambino riceve e acquisisce processi formativi , sentendosi
valutato e riconosciuto, non penso che ci sia possibilità di scampo.
Per questo motivo non farei votare un
sedicenne e forse oggi neanche qualcuno più grande.
Se i figli, bambini, gli
adolescenti, non sono stati curati e
seguiti nel modo giusto diventeranno degli handicappati psichici, soffriranno
di psicopatia, la psiche non registra, non ha una risonanza emotiva rispetto
alle azioni che si compiono agli eventi a cui assiste.
Quante volte di fronte ad una persona per terra si è indifferenti?
Questa è una psicopatia ovvero un’apatia
della psiche che non registra il caso,
la situazione. Si possono picchiare i
neri, i Rom perché tanto non c’è la
percezione che l’altro è simile, è una persona come te, anche questa è una
forma di psicopatia.
Viviamo in una società ricca e
non più povera e semplice come una volta, dove il confine tra bene e male, il
permesso e il proibito era ben segnalato. Oggi
tutto è permesso, la società è opulenta e abbondante, i bambini ricevono una
quantità di regali, anche quelli che non desiderano. Si estingue addirittura il
desiderio perché i bambini vengono gratificati prima ancora di desiderare. E
questi, purtroppo, sono processi che allenano l’apatia della psiche.
NO,DECISAMENTE NON LI FAREI VOTARE.
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