Guardo centinaia di
ragazzini e ragazzine, con posa estraniata, sguardo che va oltre l’obiettivo
che assumono movenze da vogueing, ritrarsi e poi subito dopo ritoccarsi l’immagine
che essi stessi hanno prodotto nella
rincorsa ad un ‘immagine irresistibile” di se stessi, un’immagine che possa
essere più reale di quello che si è realmente. L’altra sera, due ragazzine,
molto belle per la verità, si scattavano foto come se dovessero presentare un
book. Scattavano, guardavano, si correggevano, sfumavano, filtravano , cestinavano
e scattavano di nuovo. Io andai a mangiare una pizza, ma all’uscita dalla
pizzeria quelle due ragazze erano ancora li a fare quella operazione, nel
frattempo, nella piazzetta, altra gente che faceva “selfie” . E’ stato un breve
flash ,ho rivisto i ragazzine e ragazzini impazziti che si facevano foto con giovanissimi attori in un tripudio di selfie e in un attimo ho capito che siamo irrimediabilmente perduti. Ho capito
perché, Leone III Isaurico nel 726
e nel 730 emise due editti che proibivano il culto delle immagini sacre,
suscitando la lunga contesa iconoclastica. E si, l’iconoclastia aveva una logica e non è un caso che l’islam contemporaneo è
ancora iconoclasta. In occidente siamo diventati schiavi della logica della
performance per il raggiungimento di una identità immaginata e immaginaria, ma “
L’identità è un sogno patetico nella sua assurdità, perché tu cominci a sognare
e fissarti di essere te stesso, quando non ha niente di meglio da fare, il
mondo esterno scompare e tu resti prigioniero della tua immagine” (
Baudrillard) . E’ il mito di Narciso che, innamoratosi della sua immagine, cadde
nel lago ed affogò. Ecco, noi stiamo affogando tutti le nostre coscienze nell’apparenza
di un fantasma immaginario che è la nostra immagine, modificata cento e più
volte al giorno in modo psicotico ( il narcisismo tra l’altro, per Freud era
una psicosi autodistruttiva). Una canzoncina molto carina, per la verità e con
un video molto ironico nel suo refrain
diceva “Siamo l'esercito del selfie, Di chi si abbronza con l'iPhone, Ma non
abbiamo più contatti , Soltanto like a un altro post”. Ecco questa al momento è
la sola verità: ambiente, spiagge occupate, cemento , inquinamento, naufragi in
mare; tutto viene rimosso nella logica dello specchio: io guardo me. Non c’è
più bisogno che qualcuno ci controlli, non abbiamo più bisogno di controllori,
noi siamo diventati la direzione del controllo assoluto di noi stessi e la
nostra immagine diventa il luogo di un feticistico investimento su noi stessi,
un culto. Che forse ci vorrebbe un nuovo Leone III e una nuova
guerra iconoclasta a riportare le coscienze a pensare? Il motivo più profondo
per l’imperatore d’oriente era che lui difendeva lo spiritualismo di
impostazione platonica ( la coscienza?) contro il materialismo che si
riconnetteva, a suo dire, alle rappresentazioni figurate: una tavola di legno, un affresco,
un pezzo di marmo, materia ignobile e morta non potevano rappresentare la
gloria di Dio, né la sua idea; e cosi pure i francofortesi, Adorno e Horckeimer , hegeliani convinti, duemila anni dopo sono
stati i sostenitori della parola, che era per loro l’espressione più alta dello
spirito, avversando le immagini. Oggi allora relativamente alla proliferazione
del culto dell’immagine, della nostra immagine, dovremmo essere indotti tutti a
qualche riflessione seria, se ne siamo ancora capaci tra un selfie e un altro.
Scattiamo, e scatto dopo scatto dimentichiamo la realtà e ci guardiamo e
postiamo. Dico spesso a Lia ( una mia amica): “Lia basta cosi perdiamo l’anima”
e mi viene in mente mia nonna materna e i vecchi di un tempo e molti altri
popoli del passato che avevano paura di farsi ritrarre perché avevano paura che
l’immagine si rubasse la loro anima.
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