mercoledì 7 agosto 2019

Leone III Isaurico ,l'esercito del selfie e Lia.







Guardo centinaia di ragazzini e ragazzine, con posa estraniata, sguardo che va oltre l’obiettivo che assumono movenze da vogueing, ritrarsi e poi subito dopo ritoccarsi l’immagine che essi stessi hanno  prodotto nella rincorsa ad un ‘immagine irresistibile” di se stessi, un’immagine che possa essere più reale di quello che si è realmente. L’altra sera, due ragazzine, molto belle per la verità, si scattavano foto come se dovessero presentare un book.  Scattavano, guardavano, si correggevano, sfumavano, filtravano , cestinavano e scattavano di nuovo. Io andai a mangiare una pizza, ma all’uscita dalla pizzeria quelle due ragazze erano ancora li a fare quella operazione, nel frattempo, nella piazzetta, altra gente che faceva “selfie” . E’ stato un breve flash ,ho rivisto i ragazzine e ragazzini  impazziti che si facevano foto con giovanissimi attori in un tripudio di selfie  e in un attimo ho capito che siamo irrimediabilmente perduti. Ho capito perché, Leone III  Isaurico  nel  726 e nel 730 emise due editti che proibivano il culto delle immagini sacre, suscitando la lunga contesa iconoclastica. E si, l’iconoclastia aveva una logica  e non è un caso che l’islam contemporaneo è ancora iconoclasta. In occidente siamo diventati schiavi della logica della performance per il raggiungimento di una identità immaginata e immaginaria, ma “ L’identità è un sogno patetico nella sua assurdità, perché tu cominci a sognare e fissarti di essere te stesso, quando non ha niente di meglio da fare, il mondo esterno scompare e tu resti prigioniero della tua immagine” ( Baudrillard) . E’ il mito di Narciso che, innamoratosi della sua immagine, cadde nel lago ed affogò. Ecco, noi stiamo affogando tutti le nostre coscienze nell’apparenza di un fantasma immaginario che è la nostra immagine, modificata cento e più volte al giorno in modo psicotico ( il narcisismo tra l’altro, per Freud era una psicosi autodistruttiva). Una canzoncina molto carina, per la verità e con un video  molto ironico nel suo refrain diceva “Siamo l'esercito del selfie, Di chi si abbronza con l'iPhone, Ma non abbiamo più contatti , Soltanto like a un altro post”. Ecco questa al momento è la sola verità: ambiente, spiagge occupate, cemento , inquinamento, naufragi in mare; tutto viene rimosso nella logica dello specchio: io guardo me. Non c’è più bisogno che qualcuno ci controlli, non abbiamo più bisogno di controllori, noi siamo diventati la direzione del controllo assoluto di noi stessi e la nostra immagine diventa il luogo di un feticistico investimento su noi stessi, un culto. Che   forse ci vorrebbe un nuovo Leone III e una nuova guerra iconoclasta a riportare le coscienze a pensare? Il motivo più profondo per l’imperatore d’oriente era che lui difendeva lo spiritualismo di impostazione platonica ( la coscienza?) contro il materialismo che si riconnetteva, a suo dire, alle rappresentazioni figurate: una tavola di legno, un affresco, un pezzo di marmo, materia ignobile e morta non potevano rappresentare la gloria di Dio, né la sua idea; e cosi pure i francofortesi, Adorno e Horckeimer  , hegeliani convinti, duemila anni dopo sono stati i sostenitori della parola, che era per loro l’espressione più alta dello spirito, avversando le immagini. Oggi allora relativamente alla proliferazione del culto dell’immagine, della nostra immagine, dovremmo essere indotti tutti a qualche riflessione seria, se ne siamo ancora capaci tra un selfie e un altro. Scattiamo, e scatto dopo scatto dimentichiamo la realtà e ci guardiamo e postiamo. Dico spesso a Lia ( una mia amica): “Lia basta cosi perdiamo l’anima” e mi viene in mente mia nonna materna e i vecchi di un tempo e molti altri popoli del passato che avevano paura di farsi ritrarre perché avevano paura che l’immagine si rubasse la loro anima.  



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