"Ho visto le
menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude
isteriche... ". Così si apriva il poema beat di Allen Ginsberg Houl ( Urlo )
che fu letto per la
prima volta nel 1955 nella Six Gallery di San Francisco. Una generazione
distrutta dal maccartismo, che si annichilì nel consumo di droghe di ogni
genere, un periodo che segnò la fine dell’esistenza del comunismo negli Stati
Uniti d’America e del sogno di sperare in una società diversa da quella
capitalista. Oggi in Italia ci vorrebbe qualcuno che riscrivesse un’opera
analoga, ma non ci sono né figure intellettuali di quello stampo e quelli che
si presumono esser tali sono assuefatti e annichiliti alle e dalle
frequentazioni col potere. Quelli che avrebbero potuto scrivere qualcosa del
genere sono già morti da un ventennio e invece del maccartismo noi abbiamo
avuto il berlusconismo, una parodia isterico consumistica di anticomunismo e
quel sogno è sparito definitivamente anche da noi. La storia si sa si ripete sempre
due volte, una volta come tragedia e un’altra volta come farsa e oggi l’Italia
e gli italiani sono spariti nel gorgo di un pensiero mediocre, truffaldino e
bugiardo. Non si riesce più ad immaginare niente altro che ciò che si vede e si
sente sui media, e : "Una
confortevole, levigata, ragionevole, democratica non libertà prevale nella
civiltà industriale avanzata, segno di progresso tecnico", altra
profezia proveniente dagli States e annunciata più di quarant’anni fa. Volevamo
diventare tutti americani. Anche io l’ho volevo, ma il mio personale american dream inseguiva il sogno
dell’arte e della letteratura appunto. Oggi,
siamo diventati la loro parodia, obbligati in uno spazio mentale dove ogni possibilità di immaginare un mondo
diverso da quello che ci presentano essere come l’unico possibile è naufragata.
La rincorsa di bisogni politici indotti
e veicolati dai media si è trasformata in bisogni ed aspirazioni individuali, la
soddisfazione dei quali viene fatta
passare come lo sviluppo degli affari e del bene comune, ed entrambi appaiono essere
la personificazione stessa della ragione.
Così mentre le menti americane si annichilirono e si autodistrussero nelle
droghe è anche vero che quegli “hipsters
dal viso d’angelo” ci consegnarono un momento alto di letteratura mentre a
noi non è toccato neanche questo. Ma la crisi economica iniziata nel 2008
decreterà l'insuccesso e il definitivo tramonto di questo pensiero unico
liberista, come sostengono da più parti sparpagliate comunità no global? Questa crisi potrà davvero
rappresentare un punto di svolta rispetto alle politiche di privatizzazione,
liberalizzazione finanziaria e smantellamento dei diritti sociali e del lavoro
che hanno imperversato a livello mondiale nell'ultimo trentennio? Secondo me no,
così come neanche le tesi troppo generiche – a mio avviso – di Alain Badiou fondate
su un volontaristico anelito alle ribellioni sociali, tesi per altro già
smantellata da uno studioso serissimo e molto più attento di Badiou quale era Eric
Hobsbawm in suo storico ed importante saggio I ribelli. Forme primitive di rivolta sociale, edito in Italia da Einaudi,
in un ormai preistorico 1965. La messa in crisi del pensiero unico secondo il mio
punto di vista dovrebbe coinvolgere più elementi e più piani discorsivi e
concettuali diversi: politico, economico, sociologico ma soprattutto
filosofico. Sul piano politico, bisognerebbe rintracciare (rifondare?)
un’entità politica antagonistica a questo sistema di rappresentanze che
organizzasse tutte quelle volontà di rivolta sparse, delle quali parla Badiou.
Su quello economico bisognerebbe seriamente considerare l’ipotesi di una messa
al bando del sistema bancario, ovvero parlare senza più mezzi termini di
banditismo bancario e finanziario e, senza rispolverare il collettivismo
economico, imporre a questi centri di strozzinaggio legalizzato un controllo da
parte dei governi: Su quello sociologico attivare strategie di dissuasione
attraverso lo smantellamento dei messaggi dei media, ovvero smascherare con una
educazione alla critica fatta nella scuola e nell’università il sistema di
bugie ordito dai media e che è funzionale ai primi due livelli discorsivi il
politico e l’economico. Resta per ultimo, ma non ultimo il piano filosofico. Il
modo di pensare la filosofia oggi, dovrebbe essere quello antico ovvero:
avvalersi del dubbio, del criticismo e della verosimiglianza ermeneutica per
l'uomo in rapporto con le cose reali e fallibili e soprattutto con la natura: “se tocchi una cosa in quella cosa ci sei tu”.
Dovrebbe essere quella filosofia che indaga il modo di pensare e analizza la
logica e il senso delle parole. Dovrebbe essere antiaccademica, teoretica e
dialogare con altre discipline. Insegnare a praticare la vita, come un tempo si
faceva nelle scuole greche. Senza indicare scopi e colpe da espiare, se non la
pienezza di senso nel proprio dasein –
del proprio esserci - per un degno
percorso quotidiano. Purtroppo l'attuale società è controfilosofica e allineata
alle temperie dei tempi: illusi di sapere e di essere felici, non si vuole
capire, pensare, chiedersi cosa implicano certi comportamenti. La cultura laica
postmoderna e tutti i più grandi pensatori di ieri e di oggi sono stroncati a
priori come “cattivi maestri”, ma soprattutto come inutili. La dialettica costruttiva, ovvero il modo di far filosofia, dovrebbe
poter incrociarsi con riferimenti a fatti di cronaca e verificare il ruolo e i
doveri della filosofia. Cominciare di nuovo a chiedersi cosa significa conoscere, e discutere della
verità e della menzogna, dell’attendibilità o inattendibilità dei media, di
radio, di politica, di scuola, di pregiudizi, di certi equivoci di alcune
teorie e movimenti, del confronto con le altre culture e con la spiritualità
orientale, di preferenze sessuali, d’amore, del conformismo ipocrita che ci
impedisce di voler costruire nuovi scenari privati e pubblici ispirati alla
consapevolezza e all’onestà. Insomma un gran lavoro. Non una filosofia della
vita quotidiana, per parafrasare Agnes
Heller, ma filosofia per la vita quotidiana, benché non solo. Una filosofia autenticamente
democratica. Non chiacchiere sparse, ma conversazioni profonde. Pensare
filosoficamente oggi significherebbe poter praticare questo pensiero e il farlo
sarebbe già un buon inizio.
Franco Cuomo
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