Avrò
scritto centinaia di lettere come questa e ancora mi rimane la forza di
scriverne un’altra, come ultima reazione a una violenza intollerabile che ormai
è diffusa dappertutto a Napoli e provincia. Ti senti oppresso da un’immane e
brutale gestione camorristica dell’esistenza, nella totale indifferenza di una
popolazione succube e connivente: Si, perché tutti siamo coinvolti chi più e
chi meno in questa gestione della vita e omertosamente ne facciamo parte. A
Napoli e provincia non si muore maggiormente più delle altre parti solo di
cancro, per i rifiuti tossici sversati ovunque, per i fumi venefici esalati
dalla terra dei fuochi, a Napoli e provincia si muore maggiormente anche di
stress emotivo e cardiaco causato dalle vessazioni continue esercitate da abusi
e disservizi vissuti sulla propria pelle tutti i giorni per il cattivo
funzionamento dei trasporti pubblici, per lo sfascio dei servizi sanitari, per
gli abusi di potere e per le ingiustizie economiche perpetrate nella pubblica
amministrazione a danno di chi non vede il proprio contratto rinnovato da un
decennio e deve invece assistere a emolumenti milionari e incarichi inutili,
elargiti a dirigenti altrettanto inutili che trastolano col potere politico: il
vero grande tumore di questa città, di questa provincia, di questa regione. Ho
63 anni, ho avuto due infarti, subisco violenza ogni qual volta che salgo su un
treno della Circumvesuviana ( due volte al giorno) e i mie infarti sono anche
una malattia causata da tutto questo al pari del cancro nella terra dei fuochi,
ma non ne parla nessuno. Da qualche parte ho letto a proposito di un discorso
sulla morte che tutti nascondono, che solo chi si ammala di cancro sembrerebbe dover
morire per forza: non è vero! Io convivo con l’idea della mia morte in ogni più
piccolo istante della mia giornata. Ieri sera ho temuto di morire quando in una
calca impazzita, pigiati come bestie gli uni sugli altri aspettavamo il
direttissimo per Sorrento delle 17.41: I display che segnalavano le direzioni
erano spenti, vari treni erano stati soppressi: ho avvertito un senso di
asfissia e di soffocamento: poi alle 18.10 ci hanno fatto salire su un
convoglio, la ressa per il posto a sedere, spinte e urla, dopo pochi minuti che c’eravamo tutti
seduti un altoparlante annuncia che il Sorrento – dal binario 9 dove eravamo
stati inviati tutti qualche minuto prima, sarebbe partito dal binario 8: altre
spinte, altre corse: siamo partiti finalmente alle 18,15, il direttissimo è
stato convertito in un lentissimo diretto e sono arrivato a casa un’ora dopo.
Questo succede tutte le sere. La Circumvesuviana sopprime treni e corse perché non
avrebbe più materiale ferroviario in condizioni tecniche adatte a viaggiare,
questo è il motivo ufficiale, ma continua a erogare gli stipendi a un personale
gonfiato a dismisura con assunzioni politiche e clientelari, quello stesso
personale spessissimo insultante e maleducato. Ci sono
pomeriggi, quando attraverso Piazza Garibaldi, venendo da Corso Meridionale dal
lato della Stazione Centrale, tra il clangore dei clacson assordanti e il puzzo
di piscio che esala dalla gomma nera dei marciapiedi, che penso che questa
città possa sprofondare da un momento all’altro, travolta da un’umanità
degradata e complice: un’umanità incattivita, indifferente, torva, che non ha
voglia di umanità, che spinge, urla, cammina rapida verso mete altrettanto
sporche, altrettanto polverose. Allora scrivo questa centesima lettera inutile
per darmi uno schiaffo, per reagire all’indifferenza e al senso di impotenza di
questa gestione camorristica dell’esistenza che ha ucciso la vita e la gioia di
vivere. La scrivo per espellere la rabbia che altrimenti indirizzerei contro il
mio corpo con i rischi che conosco, ma mi aiuta solo fino ad un certo punto:
Poi torni a casa e ci sono i problemi di sempre, poi vai in ufficio e anche lì
realizzi la torva presenza delle modalità camorristiche della gestione delle
vite: a chi tanto e a chi ( i molti ) niente e anche qui bugie dei politici e
finti riassetti organizzativi che mascherano le politiche clientelari di
sempre. Allora ti chiedi veramente cosa è diventata la vita in generale in
questa città, in questa provincia, in questa regione. La vita in questo posto
non vive- per parafrasare Adorno-, anzi qui si muore con più facilità che
altrove, ma deprime avere la consapevolezza che tutti lo sanno e nessuno fa
niente per invertire questa tendenza innaturale e perversa e così, tutti siamo
complici di un processo irreversibile di omertà diffusa e di silenzi complici e
pesanti come macigni.
Franco Cuomo
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