L’Europa ormai è diventata il
fanalino di coda del mondo, non succede niente più di rilevante e, se
continuiamo ancora a dire qualcosa o a destare interesse questo avviene solo
per il nostro passato. Tentare di spiegare come hanno fatto alcuni critici Parasite
come una sorta di lotta di classe è riduttivo oltre che fuorviante e anche
sciocco. La crescita delle megacittà è un fenomeno asiatico; l’Asia ha
undici delle quindici maggiori
megalopoli mondiali. Agglomerati umani che oscillano da 10 miioni di Seul- dove
è ambientato il film- ai 20 milioni di Munbay. Intorno ai nuclei di grattacieli
e superstrade -grandi quando due delle nostre città messe insieme- si sviluppano , baraccopoli sconfinate,
bidonville, slums fetidi dove vivono milioni di persone accalcate l’una sull’altra,
senza luce o senza servizi igienici. Non c’è nessuna solidarietà in questi
spazi, non ci si può affezionare, non ci sono sentimenti che tengono , si ruba,
si uccide, si fa del male per mera sopravvivenza eppoi, arriva il monsone che
fa scoppiare le fogne mai pulite e tutto viene travolto in un mare di melma
putrida marrone dove galleggia di tutto. I protagonisti di Parasite che non
sono neanche più il lumpen proletariat, il sottoproletariato urbano, ma sono
solo disperati che piegano cartoni per pizza, vivono in una di questa baraccopoli
costruite con materiali, precari assi di legno,scatole di cartone, lamiere ondulate, polistirolo in un
groviglio di cavi e fili pericolossissimi , dove non esiste futuro. Dall’altra
parte quartieri super sorvegliati da sistemi a circuito chiusi, alte mura che
nascondono giardini curatissimi e case ville super tecnologiche, con bunker
sotterranei per evitare attacchi atomici ( la paura della Corea del Nord super
armata), dove vive un’altra umanità, altrettanto disumana, lontana, alla quale
non importa niente del resto del mondo: neanche questa è buona, anzi è cattiva
come l’altra, solo che rispetto all’altra ha una montagna di soldi e vive solo
per mantenere quelli. C’è una frase molto bella nel film,che fa pensare: quando
i poveri stanno gozzovigliando sul divano dei padroni fuori per il weekende e
la figlia dice alla madre: “ però la signora nonostante i soldi è gentile” e la
madre le risponde” e gentile perché tiene tanti soldi, anche io sarei gentile
se ne avessi”. Ecco , quella frase mi ha riportato ad un saggio di Jacques Le
Goff che spiegava come erano nate le buone maniere borghesi nel medioevo. Tutto
il film vuole dirci che l’umanità è regredita ad uno stato di ferocia pre
moderno, dove i poveri sono veramente poveri e i ricchi sono talmente ricchi da
essere violenti senza spargere sangue , mentre i poveri, senza una “cultura
della gentilezza” possono solo ambire a
quella dei loro affamatori.Un’umanità che dell’altra avverte solo la puzza: i
reietti puzzano, proprio come gli animali che vivono nelle fogne, un’umanità
che vive distrattamente le sue piccole nevrosi d’ansia tra oggetti raffinati e
capi costosi, questi magari europei, e che si cura solo del suo vuoto interiore
col terrore della miseria. L’epilogo del film in una situazione del genere può
solo essere pulp, non poteva essere diverso, perché non ci può essere finale
diverso se non con spiedi e coltelli che affondano e fanno sprizzare sangue
dovunque, . Altro che lotta di classe , questi sono film che ci stanno preannunciando
un futuro molto prossimo, anche Jocker finiva in uno spargimento di sangue, e
il regista sembra volerci dire: fino a
quanto i poveri continueranno a morire di fame silenziosamente ? Io l’ho
trovato un grande film, anche nel finale dove il figlio come unica soluzione,
per salvare il padre rimasto nascosto nel bunker, immagina che un giorno potrà
avere tanti soldi e nessuno spiega come si fanno tanti soldi se non in maniera
parassitaria- per acquistare la villa e liberarlo. Chapeau, noi europei ormai
siamo fuffa e non raccontiamo più niente. Gli americani, che sanno che cosa è
un film e come lo si fa, non potevano non premiarlo, anche se lo abbiamo fatto
prima noi a Cannes.
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