Terzo
appuntamento della rassegna di drammaturgia antica “Pompeii Theatrum Mundi
2019” è il “Satyrcon” di Francesco Piccolo ispirato a Petronio con la regia di
Andrea De Rosa. Uno spaccato puntuale della decadenza del linguaggio e dunque
del pensiero del nostro tempo. Colpisce senza dubbio l’attenzione alla lingua,
ai suoi usi e alle sue manipolazioni, i luoghi comuni che hanno ormai svuotato
il pensiero di qualsiasi capacità critica e dinamica relazionale. Con un ritmo
ossessivo ma anche accattivante il testo di Francesco Piccolo ci mette davanti
al vuoto concettuale del nostro tempo: il vero pericolo per una fine anonima e
ingloriosa, i personaggi, ognuno che incarna una tipologia sociale: l’intellettuale
di sinistra sfigato, la signora upper class cocainomane, la anoressica che
vomita in continuazione ecc. ecc. rendono in maniere ineccepibile il senso di
alienazione e di vuoto, e su tutto ciò, onnipresente: il senso di colpa di un
occidente sazio che sciorina tutte le possibili ricette di cibi raffinati, come
la metafora dell’ingozzamento, una gran
bouffe di ferreriana memoria. Mangiare tutto senza assaporare niente per poi
defecare, come suggerisce la grande tazza del water d’oro, che troneggia sulla
scena. La diagnosi è spinta al limite
con la reiterata sequenza dei tic della
‘neolingua’ che manifesta inequivocabilmente un
progressivo impoverimento del lessico che abitualmente adoperiamo. Abbiamo
parole che ci consentono di esprimere precisamente tutte (o quasi) le cose o i
concetti, ma ne usiamo sempre meno, o non ne usiamo più,non curandoci di questa
perdita progressiva. Per non parlare del continuo ricorso, nella quotidianità,
a parole ed espressioni di stampo anglosassone che vengono utilizzate anche
laddove non servono soltanto per darsi
un tono – oppure, se vogliamo essere più maliziosi, per non far capire di che
cosa si stia realmente parlando. Tutto è passato attraverso il setaccio della
povertà del luogo comune: da Hegel di necessità e urgenza, a Heidegger dell’Esserci,
alla critica dell’economia politica, Piccolo apocalitticamente non salva niente dalla catastrofe di senso
del nostro contemporaneo. Sulla scena Fortunata, la moglie di Trimalcione,incarna il
tipo “alternativo” contemporaneo che rifiuta la ricchezza volgare del marito
Trimalcione, ma la utilizza per il suo rifiuto solo apparente e che
vorrebbe condividere con gli altri il suo amore per gli animali, la sua scelta
di diventare vegana, la convinzione sulla pericolosità delle proteine animali,
la preoccupazione per l’inquinamento e la deforestazione, fino allo spreco
dell’acqua e le multinazionali che si arricchiscono e sperperano tutti i loro
capitali. Sulla scena è nuda volendo suggerire che è priva di sovrastrutture.
Il suo mondo così semplice, così puro, cosi finto..Con questo testo
assolutamente bello e ben congegnato nel ritmo narrativo Francesco Piccolo, ma
anche la regia di Andrea De Rosa ci ricorda o tenta di farlo, ancora una volta come il nesso tra chiarezza della
comunicazione, onestà intellettuale e verità sia inestricabile e come la
perdita di tutto ciò possa portare ad una morte scenografica ma inutile anche
per le generazioni a venire, come la morte di Trimalcione, messa in scena per
finta sulla scena. Bravissimo Antonino Iuorio – Trimalcione. Da vedere .
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