"Per i vertici dell'azienda niente da
riparare" certo, non poteva che essere così, perché noi siamo un paese di
mafiosi e un popolo di mafiosi. Siamo come d’altra parte ci vedono da sempre
americani, tedeschi, danesi, inglesi, francesi, spagnoli e pure giapponesi,
cinesi e indiani e australiani, insomma tutti. Italia= mafia e la riprova
l’abbiamo avuta l’altra sera con l’intervista, ma chiamarla così è una grossa
imprecisione, con quel teatrino di ipocrisia che è stato Porta a Porta,nel
quale il figlio di un uomo di efferata crudeltà, ha raccontato che invece suo
padre era un buon pater familias "uomo tutto di un pezzo, che aveva
rispetto per i valori della famiglia e delle tradizioni",e lo ha fatto con
i modi e l’educazione ricevuta da quel tipo di padre ovvero quelli di un
mafioso che si rispetti. Ma ciò che è stato avvilente era il modo di condurre quel
teatrino da parte di Vespa che parlava mestamente o bonariamente di curiosità dei bambini, invece di inchiodare Riina Jr alle sue pesanti responsabilità .E mi sono
chiesto pure come sia stato possibile che Vespa sia riuscito a condurre
un'intervista del genere senza avere neppure accennato una domanda sul patto
Stato-Mafia. Il padre aveva dei valori e la
madre si era innamorata di un uomo tutto d’un pezzo. “Una storia familiare che
sfiora la perfezione, un paio di frasi che mettono quasi in dubbio l’esistenza
di Cosa nostra e un durissimo attacco ai collaboratori di giustizia. Chi
pensava che l’intervista di Porta a Porta a Salvatore Giuseppe Riina potesse
essere condita da inedite rivelazioni o almeno da un mea culpa del figlio del
capo dei capi di Cosa nostra, è rimasto deluso. Niente richieste di perdono,
nessuna assunzione di responsabilità da parte del figlio del boss stragista,
che, al contrario, si produce in una difesa totale del genitore, indicato come
il suo eroe personale. Ma non solo. Riina Junior approfitta dello spazio
concesso da Bruno Vespa anche per lanciare una serie di messaggi fondamentali
tra i ranghi mafiosi. A cominciare dall’esistenza stessa di Cosa nostra, messa
in dubbio dal terzogenito di Totò Riina, nonostante abbia alle spalle una
condanna definitiva a otto anni e dieci mesi per associazione mafiosa. “Che
cos’è la mafia? Non me lo sono mai chiesto, non so cosa sia. Oggi la mafia può
essere tutto e nulla. Ecco, lo scandalo è come è possibile che un servizio
pubblico, un servizio al quale si impone un canone ai cittadini, attraverso la
bolletta dell’energia elettrica e dunque se non lo si paga ti tagliano la luce,
possa far passare questo tipo di frasi e di messaggi. Salvo Riina ha risposta
alle domande di Vespa come un mafioso autentico e lo ha fatto con una freddezza
e indifferenza di atteggiamenti omertosi che sono ormai diventati il tratto più
evidente di questo sgangherato paese. Le stesse affermazioni, fatte come un
messaggio trasversale, relativamente ai pentiti avevano un che di inquietante: “Solo in Italia succede ciò ( riferito ai collaboratori
di giustizia n.d.r.). In tanti altri Paesi democratici non succede che un
pentito che dice di aver commesso centinaia di omicidi non fa neanche un giorno
di carcere. Poi accusano le persone, le mandano in carcere poi tornano a fare
quello che facevano prima. Si poteva scegliere di far scontare un minimo delle
cose che avevano fatto”, sentenzia l’intervistato, che spiega anche di
rispettare “ lo Stato, magari non condividendo determinate leggi o sentenze”.
Ecco, una breve sintesi di ciò che è successo: è stato giusto mandare in onda
un programma simile, gestito nel modo in cui è stato gestito? Secondo me no,
secondo me questa trasmissione è stata un oltraggio vile alla memoria di chi è stato
ammazzato e trucidato barbaramente da Totò Riina, verso il quale, quel figlio
in televisione non ha avuto nessun atteggiamento di riprovazione o di distanza
da quel padre e verso quel cui figlio le domande del conduttore Vespa sono
state un esercizio di plateale ipocrisia.
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