Sono convinto che il Black Friday
sia l’esempio più manifesto ed eclatante insieme alla festa di Halloween della
mondializzazione capitalista e insieme vadano interpretate entrambe,
soprattutto il Black Friday, come la più titanica rappresentazione su scala
planetaria dal potere del dollaro. Non ci sono religioni o ideologie che
tengano e che possano tenere il banco o che addirittura possano minacciare le
nostre identità culturali e politiche, perché queste tutte insieme (insieme
anche alle religioni Islam incluso), sono spazzate via dall’unica religione
contemporanea: quella del libero mercato, celebrata e officiata nei grandi
templi, nelle grandi ed affollatissime cattedrali del nostro tempo: i mastodontici
centri commerciali che ormai si costruiscono come si costruivano le cattedrali
gotiche nella prima metà del XII secolo
in tutt’Europa, intorno alle città e tracimano in ogni territorio, ogni
regione, ogni stato con gli stessi rituali liturgici , con il medesimo stile
architettonico, con gli stessi colori sfavillanti, con i medesimi sottofondi
musicali. Ecco, il Black Friday è tutto questo, è la rivelazione
dell’alienazione che è diventata mondo, che si impone foneticamente nel nome
stesso, espresso nell’inglese dei mercati, ovvero il vertice della reificazione
che Marx aveva già previsto nei Manoscritti
economico filosofici del ’44 e poi
sviluppato nel Capitale : Marx aveva
previsto che il capitale sovranazionale avrebbe spazzato via tutti gli idoli e
tutti i credi venerati e praticati, per adorare una sola religione, quella del
fare profitto, per realizzare plus valore. Tutto questo si è avverato
mai come in questo momento storico. Questa dunque è la vera essenza del Black
Friday, la celebrazione della festa sacra del consumo americanocentrico, che anticipa
un Natale che non è più la celebrazione della nascita del Dio bambino in una
grotta e rappresentato dal presepe, ma la anglofona festa di cultura Wasp (White
Anglo-Saxon Protestant), fatta di neve, e luci colorate segnata da uno smodato
consumismo che si deve concludere anche questa nell’acquisto di merci. In
questo contesto si oggetti vizza materialmente la mercificazione delle nostre
vite, anzi, la mercificazione della vita stessa. Noi stessi e la natura siamo
ridotti a merci tra le merci, mentre il libero mercato, anzi, un mercato
anarchico, rende schiava un’umanità sfruttata e sottopagata alla quale vengono
negati diritti solo per la produzione di merci nei paesi come l’India o la
Cina, ma anche in occidente dove, il capitale, cancella per suo mero interesse
i diritti che i lavoratori avevano conquistato. Dunque ognuno dovrebbe sapere
che tutto quello che nel Black Friday
viene acquistato è certamente intriso di sudore e sangue di questi nuovi
schiavi. Tutto deve sembrare sempre un’eterna festa di luci e di colori tutti
devono essere stritolati nella nevrotica baraonda dell’acquisto di merci
prevalentemente inutili. Questa dunque la dinamica del libero mercato, che va a
ridefinire l’alienazione atlantista, consumista, omologante che impone al
livello planetario un’unica cultura, o meglio sottocultura che è quella del
mercato. Occorre allora, invece di gioire smodatamente e ebetamente di fronte a
questa feste anglofone che ci vengono imposte dai media, cominciare a
riflettere tutti criticamente: sospendere l’azione per restituire uno spazio
per il pensiero critico, per la riflessione su ciò che sta accadendo intorno e
dentro di noi. Basta dunque con l’ideologia del libero scambismo gaudente e del
consumo compulsivo e riconsideriamo l’idea di un pensiero critico adorniano e/o
marcusiano ma meglio ancora hegeliano, che ricontestualizzi il primato del
concetto sull’idea del fare soldi a tutti i costi per produrre altri soldi
attraverso il consumo di merci inutili. Il fatto che il filosofo Gilles
Deleuze, prima di morire, si trovasse nel bel mezzo della stesura di un libro
su Marx, è indicativo di una tendenza più ampia. Oggi proprio dagli USA, dalla
Cina, dall’India, dal Giappone, dal medio Oriente stanno sorgendo pensatori che
tendono di ristabilire il primato di una rilettura di Marx. Sono differenti tra
loro, parlano linguaggi diversi, ma non sono così pochi come si potrebbe
pensare o come l’establishement vuole
farci credere. La paura più grande dei governanti, o di chi ci amministra,
anche nel piccolo del nostro piccolo paese, è che queste voci inizino a
riverberarsi e a rafforzarsi l’un l’altro nella solidarietà. Consapevoli che le
disuguaglianze sempre più crescenti ci stanno trascinando verso la catastrofe,
questi “nuovi attori”, questi nuovi interpreti di Marx, sono pronti ad agire
contro tutte le ineguaglianze e contro tutte le povertà e contro tutti gli
sfruttamenti. Delusi del comunismo del ventesimo secolo, dobbiamo allora
iniziare a reinventarlo su una nuova base. I media fanno il loro mestiere e
discrediteranno tutti come pericolosi utopisti, così pure quelli che si dicono
gli eredi di un socialismo del tempo che fu, i cosiddetti politici democratici
che sono stati trasformati dall’idelologia del libero mercati in banchieri,
anzi in bancari ( impiegati), mentre i capitalisti veri e propri sono diventati
i politici veri di fatto. Quindi questa festa del consumo, questo Black Friday,
dovrebbe far riflettere tutti su queste cose molto serie, mentre a tutti quelli
che sono stati comunisti in passato e lo hanno rinnegato diventando liberisti,
oggi bisogna dire come conclude Zizeck
in un suo libro: “ il libero mercato non
è la migliore delle soluzioni possibili per l’umanità e per la natura, hai
avuto il tuo divertimento anticomunista, e sei stato perdonato per questo: è
tempo di tornare a fare di nuovo sul serio[1]”.
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