Leggevo l’altro giorno un post su
fb, ora non ricordo di chi, mi perdoni chi lo ha postato, sul discrimine puri e
i mpuri, sul fatto che si attribuiva ai puri una sorta di integralismo di fondo
e la purezza avrebbe sporcato l’autenticità delle buone intenzioni. Io qualche
giorno fa ho postato sul mio blog un post sulla melensaggine del fare
beneficenza,ovvero di come si dice di fare del bene e le modalità con le quali questo verrebbe fatto. Naturalmente sono stato immediatamente attaccato, anche da persone in assoluta buona fede che mi rimproveravano una sorta di cinismo, prodotto a loro dire da "scompensi" della mia personalità, e infatti si è aperta subito una discussione dove la
argomentazioni – come spesso succede, sono andate anche sul personale. Trovo
che forse ci siano similitudini tra le due cose: la purezza e la beneficenza veicolano modalità di manifestazioni che
spesso sono profondamente ideologiche , ma chi le usa al giorno d’oggi pensa
che invece siano delle astrazioni . Io credo invece che la mobilità delle
parole comporti indubbiamente sin dall’inizio, la loro corruzione. Mi spiego
meglio, in qualsiasi termine funzionale, ovvero termini che presumono di
rappresentare azioni di solito morali, l’inganno inerente al principio di scambio che regola le
nostre vite e le vite di tutti, penetra anche nello spirito delle azioni, poiché
queste non sono mai dissociate dai contesti economici che le producono. Dunque
non c’è mai una purezza assoluta nella beneficenza, né mai una beneficenza avulsa
da una determinata condizione ideologica, né mai un puro più puro di qualcun
altro. Oggi, l’impoverimento culturale veicolato dai media fa credere a tutti –
ingannando tutti- che sono possibili
azioni sostenute da parole che sarebbero delle astrazioni per lo più
false come: fare il bene, fare beneficenza, essere buoni, fate i buoni ( come
il famoso refrain del panettone), una
stucchevole stupidità sostenuta da una profonda ignoranza dell’uso delle parole
che ne permette l’utilizzo in maniera inconsapevolmente ideologica, fortemente
falsa, e soprattutto manifestamente di parte, perché chi si atteggia o usa
questi stereotipi culturali, non comprendendo veramente l’uso del linguaggio,
sta sempre dalla parte del potere politico di cui dice di differenziarsene. Ora
qui non voglio fare l’analisi del linguaggio, qui tento di definire dei
contesti e questo post – per ritornare alla questione iniziale – non vuole
essere più “puro” di un altro, né contrapporvisi in maniera polemica. No, questo post vorrebbe
solo sollecitare la curiosità verso argomenti importantissimi che oggi non sono – non dico analizzati – ma nemmeno presi in considerazione, ritenendo tutti che
si possano usare dei termini: quali bene, bontà, beneficenza, come li usa la
pubblicità: appunto il “fate i buoni” del famoso panettone. In un contesto
organizzativo – consentitemi il termine – ontico, ovvero, che concerne ognuno di noi,
come esistenza singola determinata nel tempo e nello spazio, tutte queste proposizioni fanno uso di un gergo dell’autenticità,
nel quale, proprio questa è la più
vistosa manifestazione di falsità. E allora, consentitemi di essere cattivo o
di definirmi tale, consentitetimi di non avere sempre lo smile stampato sul
viso, perché il mio viso non è un emoticon, ma una faccia che vive di
contraddizioni, consentitemi di diffidare di chi si incontra per fare del bene
o dice di essere puro, di chi dice ti voglio bene in continuazione ma appena
sparisci si è dimenticato di te e consentitemi di diffidare di tutti quelli che
vogliono sempre comprendere tutti perché credono che tutti abbiano delle
ragioni che debbano essere comprese, ma che invece non è così, perché anche di questo è
fatto questo gergo dell’autenticità a buon mercato dove falsi e ideologici modelli televisivi la fanno da padrone. E consentite anche me di essere inautentico, solitario, musone come qualche preoccupata eroina di vivacità alla sempre libera degg'io folleggiare di gioia in gioia, preoccupata a suo dire, scrive di me. Vengo da un'altra scuola, per me le parole sono importanti e non sono mai innocenti ma corrotte sempre, vengo dalla scuola di un pensiero critico - oggi purtroppo latitante- che ha il compito di svelare questa corruzione, e di denunciare poi questa, come corruzione reale e non solo più linguistica.
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