Proviamo a fare un discorso sul
bello in architettura: E’ una cosa molto seria e non può esaurirsi in una
decina di righe, soprattutto perché c’è una letteratura sconfinata sull’argomento
e storici dell’arte, del paesaggio, dell’architettura e dell’urbanistica hanno buttato
giù fiumi di inchiostro. Io cercherò di fare una riflessione breve partendo da
ciò che spesso anche gli ambientalisti dimenticano. Si, perché il bello in
architettura è una qualità importantissima dell’ambiente, l’oikos, ovvero il
contesto costruito dall’uomo. Oggi pomeriggio a zonzo per la mia città, Vico
Equense, riflettevo su alcune bruttissime costruzioni che hanno preso il posto
di luoghi che un tempo erano piccole meraviglie architettoniche come se ne
potevano trovare in costiera sorrentina. Una di queste era Villa Ciampitti a via
Nicotera, se qualcuno avesse foto dell’epoca può postarle a commento in modo da
far vedere a chi legge le differenze, io purtroppo non ne ho. Una bella scala
con cancello in ferro, un corridoio che si allungava tra due ale di terra
coltivate a vigneto e infine la costruzione vera e propria una bella struttura con porticato con colonne
e tetto spiovente in tegole. Di fronte c’era la piccola Villa Nirvana, con
finestre basse che davano sulla strada, seminascosta
in primavera da glicini. Con la ricostruzione camorristica e speculativa del
dopo terremoto , quella villa, ritenuta pericolante fu demolita, e nello spazio
della costruzione e del giardino fu costruita quella che secondo me è la
costruzione più brutta che io abbia mai visto: un’orribile ziggurat in cemento a
faccia vista, con balconi che gravano sulla strada opprimendola, insomma quello
che vedete nelle foto. Continuando la passeggiata per via De Feo si può vedere
come è stato ridotto quello che era un vero e proprio orto botanico nel cuore
della città, un polmone di verde oltre che appunto il giardino della bella Villa Clementina De Gennaro. Oggi al suo posto
c’è un deserto chiuso da un cancello. Questo deserto è la copertura di un
parcheggio interrato, uno dei tanti disseminati per la penisola che hanno
distrutto agrumeti e limonaie e che
ancora si costruiscono anche se non ci sono più acquirenti. Questa copertura
sarebbe dovuta essere rinverdita con piante che potevano crescere in tre metri di terra e poi quell’area sarebbe
dovuta essere destinata a parco giochi per i bambini della città, quello che
vedete nelle foto, spiega meglio di qualsiasi parola ciò che è diventata quell’area.
Immediatamente a fianco al parcheggio, un “ non luogo” dove prima invece c’era
una strada fresca ed ombrosa dove addirittura si faceva il mercato il sabato.
Era una strada con un bel muro di tufo grigio che collegava via vecchia Canale a
via de Feo. In pochi metri quadrati ho potuto fare una verifica di quanto sia
diventato brutto il paese e di come la pochezza progettuale di ingegneri ,
geometri tecnici e amministratori insieme all’incultura e al disamore per i
luoghi, lubrificati dall’avidità per il danaro abbiano devastato il centro
della città. Ecco allora che si pone il problema di difendere le preesistenze o le costruzioni che un tempo
erano pensate in relazione al bello oltre che all’interesse speculativo, già,
ma cos’è il bello? Non so dare una risposta precisa, ma ci provo. Il bello in
una costruzione dovrebbe essere dato
dalla qualità del progetto che dovrebbe prevedere ricerca raffinata dei
materiali relazionata a quelli dei luoghi, insieme a una attenzione alla storia
dei posti dove si va a costruire e ancora insieme al senso estetico dei
committenti, insomma uno sforzo e impegno culturale non da poco. Solo così si dovrebbe
riuscire a fare buona architettura. Sempre nella mia città, e concludo, c’è l’esempio
di quello che per me è il più bel muro costruito che io conosca, sto parlando
del muro di Villa Paradiso, che circonda la villa omonima. Un muro in pietra calacarea
grigio chiaro e piperno. Non so chi sia
stato il costruttore del muro e della villa che è in puro stile art decò, ma
sicuramente chi costruì in quella zona, che è la più bella della mia città,
intorno al 1920, si pose il problema di cosa dovesse rappresentare ed essere il
bello in architettura in relazione al rispetto dei luoghi e credo che ci riuscì
egregiamente.
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